Ordinanza n. 192/98

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ORDINANZA N.192

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modifiche (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa il 17 luglio 1997 dal Tribunale di sorveglianza di Napoli, iscritta al n. 757 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Napoli, con ordinanza emessa il 17 luglio 1997, pervenuta a questa Corte l'8 ottobre 1997, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 13, 24, 25, 27 e 113 della Costituzione, dell'art. 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà);

che, secondo il remittente, la norma impugnata contrasta con gli artt. 3, primo comma, 13, secondo comma, 27, secondo e terzo comma, della Costituzione, in quanto ipotizzerebbe una specifica categoria di detenuti, predeterminati per dettato normativo in base al titolo del reato per cui sono condannati o indagati, assoggettati ad un regime di esecuzione della detenzione diverso da quello disposto per la criminalità ordinaria, e consentirebbe applicazioni senza limiti di tempo e proroghe ripetute del regime speciale senza nuove motivazioni riferibili alla condotta del detenuto, al di fuori di situazioni di eccezionalità e senza una verifica costante e continua degli sviluppi della situazione;

che, inoltre, il giudice a quo sostiene che la situazione di fatto creata dalle proroghe, con il "ripetersi monotono e immotivato di contestazioni consolidate", ostacola l'esplicazione del diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione;

che la norma impugnata sarebbe altresì in contrasto con l'art. 27, secondo (rectius: terzo) comma, della Costituzione, in quanto le restrizioni disposte, incidenti sulla pena e sul grado di libertà personale del detenuto, si concretizzerebbero in un trattamento di fatto contrario al senso di umanità e si opporrebbero al fine di rieducazione del condannato, equivalendo al riconoscimento che determinate categorie di soggetti sfuggono a qualunque tentativo di risocializzazione; nonchè con l'art. 27, primo (rectius: secondo) comma, della Costituzione, laddove consente l'applicazione del regime speciale anche a chi sia solo imputato, non ancora condannato definitivamente, per i reati di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario;

che, infine, vi sarebbe contrasto con il principio di irretroattività delle norme penali di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto i decreti ministeriali attuativi dell'art. 41-bis, che aggiungerebbero "pena a pena" e comunque restringerebbero ulteriormente lo "spazio vitale" del detenuto, applicano il regime speciale anche a detenuti condannati o imputati per reati commessi prima dell'entrata in vigore dell'art. 41-bis medesimo;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, o in subordine infondata.

Considerato che identica questione, in riferimento agli stessi parametri, proposta fra l'altro dal medesimo giudice remittente, é stata dichiarata non fondata nei sensi di cui in motivazione dalla sentenza n. 376 del 1997, sopravvenuta dopo l'instaurazione del presente giudizio;

che nella citata sentenza questa Corte, in conformità alle precedenti sentenze n. 349 e n. 410 del 1993 e n. 351 del 1996, ha affermato che l'art. 41-bis, comma 2, dell'ordinamento penitenziario, la cui finalità é essenzialmente quella di impedire i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali fra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà, si sottrae alle censure di illegittimità costituzionale, ancora una volta mosse dal remittente, in quanto può e deve essere oggetto di una interpretazione restrittiva, la quale esclude la possibilità che i decreti applicativi del regime differenziato incidano sul "residuo" di libertà personale spettante al detenuto e sugli aspetti dell'esecuzione che toccano la qualità e la quantità della pena; comporta la necessità di applicazioni limitate nel tempo, congrue al fine e adeguatamente motivate, anche in sede di proroga, in ordine alla permanenza attuale dei presupposti; non consente di sottoporre i detenuti a trattamenti contrari al senso di umanità né di escluderli dalle attività di osservazione e trattamento nonchè da quelle volte alla realizzazione della personalità; e che, così interpretata, la norma impugnata non viola nè i diritti alla tutela giudiziaria e alla difesa, nè il principio di presunzione di non colpevolezza, nè quello di irretroattività della legge penale;

che l'ordinanza in esame ripropone gli stessi profili ed argomenti già esaminati nella citata sentenza n. 376 del 1997, dalla cui motivazione la Corte non ha ragione di discostarsi, risultando dunque manifestamente infondata la questione ora riproposta;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 13, 24, 25, 27 e 113 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Napoli con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Valerio ONIDA

Depositata in cancelleria il 26 maggio 1998.