Ordinanza n. 144/98

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ORDINANZA N.144

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 ((Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e dei decreti-legislativi 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) e n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) promosso con ordinanza emessa il 24 febbraio 1997 dalla Commissione tributaria provinciale di Lecce sul ricorso proposto da Pisanello Santa contro l’Ufficio IVA di Lecce, iscritta al n. 478 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che nel corso del giudizio tributario, avente ad oggetto l’impugnazione della cartella di pagamento per recupero di imposta indebitamente detratta nella dichiarazione IVA, promosso da Pisanello Santa, la Commissione tributaria provinciale di Lecce, ha sollevato, in riferimento all’ art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e delle disposizioni contenute nei dd.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 e n. 546.

che secondo il collegio rimettente, benchè le disposizioni impugnate abbiano il dichiarato scopo di "riordinare" la disciplina del contenzioso tributario e delle commissioni, inequivocabili indici della radicalità delle innovazioni apportate in tema di ordinamento del contenzioso tributario e della disciplina processuale, renderebbero evidente che sono stati istituiti "nuovi giudici speciali".

che la riconosciuta natura giurisdizionale delle commissioni tributarie, una volta esclusa la riconducibilità della trasformazione di tali organi dall’ambito del mero "riordino", condurrebbe conseguentemente ad affermare, secondo il giudice a quo, che le norme censurate si pongono in contrasto con l’art. 102, secondo comma, della Costituzione che prevede la sola istituzione di sezioni specializzate presso gli organi giudiziali ordinari.

che, d’altra parte, sempre seguendo la prospettazione del giudice rimettente, il potere di revisione di cui alla VI disposizione transitoria della Costituzione già esercitato per effetto della delega di cui all’art. 10, numero 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 e sfociato nella disciplina prevista dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, non é più suscettibile di ulteriore esercizio, non essendo consentita la revisione di una normativa già revisionata.

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione.

Considerato che é privo di fondamento il presupposto da cui parte il giudice a quo, secondo cui la normativa censurata, disciplinerebbe, anzichè il riordino del contenzioso tributario, l’istituzione di nuovi giudici speciali mediante la revisione dell’ambito della competenza e della cognizione, nonchè dell’ordinamento, dei gradi di giudizio e dei poteri conferiti alle Commissioni tributarie;

che la modifica mediante ampliamento della competenza delle commissioni tributarie non vale a far ritenere nuovo il giudice tributario in modo tale da ravvisarsi un diverso giudice speciale, in quanto é rimasto non snaturato nè il sistema di estrazione dei giudici (anzi migliorato dal punto di vista dei requisiti di idoneità e di qualificazione professionale e delle incompatibilità), nè la giurisdizione nell’ambito delle controversie tributarie, anche se riconfigurata mediante una soluzione unitaria ed aggiornata con la previsione di imposte locali in aggiunta a quelle statali con l’adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile;

che deve escludersi, altresì, che possano portare ad una diversa soluzione le contestuali modifiche introdotte dal legislatore all’ordinamento e alle disposizioni procedurali, in quanto sono profili relativi alla organizzazione e al funzionamento delle commissioni suddette, rimaste sostanzialmente immutate rispetto alla previsione della materia tributaria oggetto della giurisdizione speciale e continuatrici delle preesistenti regolate dal d.P.R. n. 636 del 1972;

che pertanto le attuali commissioni tributarie non possono essere considerate, agli effetti del combinato disposto dell’art. 102 e VI disposizione transitoria della Costituzione, nuovi giudici speciali, come tali vietati;

che l’art. 102, secondo comma, della Costituzione, in ordine al divieto di istituzione di giudici speciali, deve essere interpretato in relazione alla VI disposizione transitoria (sentenze n. 215 del 1976 e n. 196 del 1982), cioé nel senso che esclude l’introduzione di altri giudici (creati ex novo argomentando anche dalla menzione di giudici speciali negli artt. 108 e 111, secondo comma, della Costituzione: sentenza n. 215 del 1976), diversi da quelli espressamente nominati in Costituzione (Consiglio di Stato, Corte dei conti e Tribunali militari, esclusi testualmente dalla VI disposizione transitoria della Costituzione e come tali non soggetti ad obbligo di revisione, oltre gli organi di giustizia amministrativa di primo grado) e con una ulteriore possibilità di diverso trattamento per le giurisdizioni speciali preesistenti, oggetto tuttavia di obbligo di revisione;

che la Costituzione ha voluto che le (altre) giurisdizioni speciali preesistenti fossero sottoposte a revisione, che "comportando una scelta delicata tra soppressione pura e semplice e trasformazione, é stata affidata esclusivamente al Parlamento" (sentenze n. 92 del 1962, n. 41 del 1957, n. 42 del 1961, n. 17 del 1965), non limitato al semplice mantenimento delle suddette giurisdizioni speciali preesistenti;

che l’obbligo di procedere alla revisione delle anzidette giurisdizioni speciali preesistenti, ha consentito l’intervento del legislatore con leggi posteriori a Costituzione attraverso mutamenti graduali (v., per tutte le disposizioni integrative e correttive emanate in base all’art. 17, secondo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, i cui termini sono stati ripetutamente prorogati) e con parziali adeguamenti, anche per colmare "le molte deficienze del contenzioso tributario" sottolineate dalla Corte con invito a "riordino legislativo dell’intera materia": (sentenza n. 154 del 1984, n. 212 del 1986). Che allo stesso modo l’intervenuta revisione non vincola il legislatore ordinario a mantenere immutati nell’ordinamento e nel funzionamento le commissioni tributarie come già revisionate;

che per le preesistenti giurisdizioni speciali, una volta che siano state assoggettate a revisione, non si crea una sorta di immodificabilità nella configurazione e nel funzionamento, nè si consumano le potestà di intervento del legislatore ordinario; che questi conserva il normale potere di sopprimere ovvero di trasformare, di riordinare i giudici speciali, conservati ai sensi della VI disposizione transitoria, o di ristrutturarli nuovamente anche nel funzionamento e nella procedura, con il duplice limite di non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite alla loro rispettiva competenza e di assicurare la conformità a Costituzione, fermo permanendo il principio che il divieto di giudici speciali non riguarda quelli preesistenti a Costituzione e mantenuti a seguito della loro revisione.

Pertanto deve escludersi la denunciata violazione dell’art. 102, secondo comma, e della VI disposizione transitoria della Costituzione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale) e dei decreti legislativi 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) e n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevate, in riferimento all’art. 102, secondo comma, e alla VI disposizione transitoria della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Lecce, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Riccardo CHIEPPA

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.