Ordinanza n. 122/98

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.122

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 53 del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 1997 dal Tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Di Napoli Luigi ed altri e la Banca Popolare Pugliese iscritta al n. 198 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Udito nella camera di consiglio dell’11 marzo 1998 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che il Tribunale di Lecce, dovendo giudicare sull'istanza di ricusazione di un giudice istruttore dell'ufficio, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 107, terzo comma, della Costituzione, dell'art. 53 codice di procedura civile, nella parte in cui tale norma prevede che a decidere sulla ricusazione di un giudice del tribunale sia sempre il collegio, anche se l'istanza é stata proposta in un giudizio affidato alla decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico;

che la norma impugnata, mentre prevede che sulla ricusazione di un pretore sia chiamato a decidere il presidente del tribunale, stabilisce che sulla ricusazione di un giudice del tribunale debba decidere il collegio;

che siffatta previsione pare al giudice a quo irrazionale, in quanto in contrasto con il nuovo rito processuale civile, il quale affida il giudizio davanti al tribunale, nella maggior parte dei casi, ad un giudice monocratico;

che l'obbligo di decisione collegiale sulla ricusazione, inoltre, violerebbe anche l'art. 107, terzo comma, Cost., perchè l'art. 21-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito in legge, con modifiche, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ha introdotto il principio della reversibilità delle funzioni tra magistrati, mentre l'art. 53 cod. proc. civ. configura una sorta di distinzione gerarchica tra i magistrati, inaccettabile dal punto di vista costituzionale;

che il giudice rimettente ha osservato, sotto il profilo della rilevanza, che, in caso di accoglimento della questione, la decisione sull’istanza di ricusazione dovrà essere affidata al solo presidente anzichè al collegio;

che nel giudizio non si sono costituite parti private, nè ha prestato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato che questa Corte ha in molteplici occasioni affermato che il legislatore gode della più ampia discrezionalità nel regolare gli istituti processuali, col solo limite del principio di ragionevolezza (v., ex plurimis, sentenze n. 31 del 1998, n. 451 del 1997, n. 295 del 1995, nonchè ordinanze n. 424 e n. 7 del 1997);

che siffatto criterio é stato specificamente ribadito in relazione alla ripartizione tra i diversi giudici della competenza per materia e per territorio, non potendosi ritenere che l’attribuzione all’uno o all’altro ufficio giudiziario della decisione di determinati affari si traduca in un’irrazionalità del sistema od in una disparità di trattamento tra cittadini (v. la citata ordinanza n. 424 del 1997);

che il complessivo tenore della riforma del processo civile, introdotta con la legge n. 353 del 1990 e completata con l’attuazione della delega di cui alla legge 16 luglio 1997, n. 254, dimostra come il legislatore abbia perseguito il tendenziale obiettivo di affidare la decisione di primo grado ad un giudice unico;

che sotto questo profilo aver mantenuto la decisione collegiale del tribunale sulle istanze di ricusazione dei magistrati di quell’ufficio non viola in alcun modo il principio di ragionevolezza, in considerazione sia della permanente diversità tra il processo celebrato davanti al pretore rispetto a quello celebrato davanti al tribunale, sia delle garanzie offerte dalla decisione collegiale, non inferiore a quella del presidente;

che, come già rilevato in precedenti provvedimenti di questa Corte (v. le ordinanze n. 424 e n. 63 del 1997), va ribadita l’estraneità dell’invocato art. 107, terzo comma, Cost. rispetto alle norme sulla ripartizione della competenza, trattandosi di parametro relativo allo status dei giudici;

che, pertanto, la questione risulta manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 53 codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 107, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Lecce con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernando SANTOSUOSSO

Depositata in cancelleria il 16 aprile 1998.