Ordinanza n. 70/98

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ORDINANZA N.70

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), promosso con ordinanza emessa il 10 novembre 1995 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, iscritta al n. 722 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1997 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con ordinanza del 10 novembre 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui non prevede espressamente il potere del giudice amministrativo di sospendere, con ordinanze cautelari propulsive, i provvedimenti negativi e il silenzio-rifiuto dell'amministrazione;

che, in particolare, il giudice remittente, adito per l'annullamento di un provvedimento di rigetto di domanda di concessione di contributo in conto capitale ad impresa artigiana per l'acquisto di attrezzature e macchinari, ai sensi dell'art. 43 della legge regionale 18 febbraio 1986, n. 3 (Norme per la tutela, la valorizzazione e lo sviluppo dell'artigianato siciliano), precisa che, con ordinanza cautelare n. 2831/95 in pari data, ha accolto temporaneamente la domanda di sospensione dell'efficacia del provvedimento negativo impugnato, ordinando alla amministrazione competente di riesaminare la situazione controversa e di regolarla nuovamente a titolo provvisorio, vale a dire concedendo al ricorrente il richiesto contributo ovvero, ove ne ricorressero i presupposti, negandolo nuovamente in presenza di altre legittime ragioni ostative non evidenziate con l'impugnato provvedimento negativo;

che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il remittente premette di condividere l'orientamento giurisprudenziale a suo avviso riconducibile alle sentenze nn. 284 del 1974, 227 del 1975 e 8 del 1982 di questa Corte ed espresso dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 6 del 30 aprile 1982 e nelle ordinanze nn. 17 dell'8 ottobre 1982 e 14 del 1° giugno 1983, secondo il quale, in forza dei principî fissati dagli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 103, primo comma, e 113 della Costituzione, la tutela cautelare dovrebbe ammettersi anche in relazione al silenzio-rifiuto ed ai provvedimenti negativi dell'amministrazione che incidono sugli interessi legittimi all'acquisizione di un bene della vita (cosiddetti interessi legittimi pretensivi);

che lo stesso remittente ricorda di avere adottato, in numerose fattispecie analoghe a quella oggetto del giudizio a quo, ordinanze "propulsive" di sospensione di provvedimenti negativi, tutte annullate dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che, pur ammettendo in linea di principio la sospendibilità dei provvedimenti negativi e del silenzio-rifiuto, ha subordinato l'esercizio del potere cautelare del giudice amministrativo a condizioni talmente rigide da escludere nella sostanza la tutela cautelare per una larga fascia di interessi pretensivi;

che viceversa, secondo il remittente, il giudizio cautelare, analogamente a quello di ottemperanza, potendo implicare l'affermazione del dovere dell'amministrazione di provvedere mediante un facere specifico, deve essere ricondotto nell'ambito della giurisdizione estesa al merito, attesa anche l'unitarietà, nella fase cautelare, del momento di cognizione e di quello esecutivo, essendo l'eseguibilità, anche con mezzi coercitivi, connotato proprio ed indefettibile del tipo di tutela richiesto, tanto più che il giudice, nell'indagine circa la ricorrenza dei presupposti della tutela cautelare, può e deve compiere anche una comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nella controversia;

che, conseguentemente, ad avviso del giudice a quo, la costante interpretazione restrittiva del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, che costituisce nei suoi confronti "diritto vivente", vanificherebbe l'esigenza costituzionale di assicurare effettiva tutela agli interessi legittimi pretensivi anche nella fase cautelare, e si porrebbe, quindi, in contrasto, con gli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione;

che, nel giudizio innanzi a questa Corte, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

Considerato che il giudice remittente riferisce di aver adottato in numerose fattispecie analoghe a quella che forma oggetto del giudizio principale una interpretazione dell’ultimo comma dell’articolo 21 della legge n. 1034 del 1971, a suo avviso, conforme ai principî risultanti dagli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione, propiziata dalle sentenze nn. 284 del 1974, 227 del 1975 e 8 del 1992 di questa Corte e seguita dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo la quale la tutela cautelare deve ammettersi anche in relazione al silenzio-rifiuto ed ai provvedimenti negativi della pubblica amministrazione che incidano su interessi legittimi cosiddetti pretensivi, interessi che abbiano cioé ad oggetto l’acquisizione di un bene della vita;

che tale orientamento, secondo quanto riferito dallo stesso giudice remittente, non ha potuto pienamente realizzarsi in Sicilia, poichè il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, giudice amministrativo di secondo grado in quella Regione, pur ammettendo in linea di principio la sospendibilità dei provvedimenti negativi e del silenzio-rifiuto della pubblica amministrazione, ha tuttavia circondato il potere cautelare del giudice amministrativo di così stringenti limiti e lo ha subordinato a così rigide condizioni da escludere qualsiasi tutela cautelare per una larga fascia di interessi pretensivi, con conseguente vanificazione della pienezza del principio costituzionale;

che il medesimo giudice remittente mostra nondimeno, nelle ampie argomentazioni svolte sul punto nell’ordinanza di remissione, di ritenere senz’altro corretto e conforme a Costituzione l’orientamento da lui adottato, ed erroneo, invece, quello seguito dal Consiglio di giustizia amministrativa, come si desume dall’ordinanza con la quale, in pari data, il giudice a quo ha accolto, sia pure temporaneamente, la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia del provvedimento negativo impugnato, rinviando l’ulteriore e definitiva trattazione dell’istanza cautelare alla prima camera di consiglio utile dopo la restituzione degli atti del giudizio da parte di questa Corte;

che, in effetti, la domanda incidentale ha potuto essere accolta solo sulla base di quell’interpretazione ampia dei poteri del giudice cautelare che oggi viene richiesto a questa Corte di introdurre con una pronuncia di illegittimità costituzionale;

che in questo contesto é evidente che la questione sottoposta all’esame di questa Corte non é volta a rimuovere un dubbio di legittimità costituzionale, che il remittente ha concretamente mostrato di non nutrire affatto e di poter risolvere in via interpretativa, ma é finalizzata a proteggere l’emananda pronuncia definitiva dall’alea di una impugnazione e di un eventuale annullamento da parte del giudice d’appello;

che, poichè una finalità siffatta é estranea alla logica del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, secondo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Carlo MEZZANOTTE

Depositata in cancelleria il 20 marzo 1998.