Ordinanza n. 461/97

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ORDINANZA N.461

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA         

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 166, 167, secondo e terzo comma, 171, secondo comma, e 269, secondo comma, del codice di procedura civile, promossi con ordinanze emesse il 12 marzo 1997 dal Giudice istruttore del Tribunale di Milano, il 9 aprile 1997 dal Giudice istruttore del Tribunale di Vercelli, il 17 maggio ed il 14 giugno 1997 dal Giudice istruttore del Tribunale di Milano rispettivamente iscritte ai nn. 244, 411, 534 e 599 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 20, 28, 37 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1997 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che nel corso di un procedimento civile, nel quale il convenuto si era costituito tardivamente rispetto all'udienza di prima comparizione indicata nell'atto di citazione e poi rinviata d'ufficio, proponendo domanda riconvenzionale e dichiarando di voler chiamare un terzo in causa, il Giudice istruttore del Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 166 del codice di procedura civile, in relazione agli artt. 167, secondo e terzo comma, 171, secondo comma, e 269, secondo comma, del medesimo codice, nella parte in cui non prevede che, qualora l'udienza di prima comparizione sia rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ., il convenuto possa costituirsi venti giorni prima di tale udienza e che la decadenza del convenuto dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali e di chiamare in causa terzi si verifichi con riferimento a tale udienza;

che, ad avviso del remittente, la norma censurata si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto le fattispecie di rinvio dell'udienza di prima comparizione, previste rispettivamente nel quarto e nel quinto comma dell'art. 168-bis cod. proc. civ., sono riconducibili ad una medesima ratio, essendo entrambe dirette a soddisfare esigenze organizzative sia dell'ufficio, sia del lavoro del singolo giudice, sì che è del tutto irragionevole che la costituzione del convenuto risulti disciplinata diversamente in relazione alla mera ragione del rinvio dell'udienza;

che, come osserva il giudice a quo, nel sistema attualmente delineato dall'art. 166, in relazione agli artt. 167, secondo e terzo comma, 171, secondo comma, e 269 secondo comma, se l'udienza di prima comparizione subisce un rinvio d'ufficio ai sensi del quarto comma dell'art. 168-bis, il convenuto, per non incorrere in decadenza, deve costituirsi venti giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione, mentre nell'analoga ipotesi di differimento di cui al quinto comma, il convenuto beneficia di un più ampio termine di costituzione, dovendosi questo computare con riferimento all'udienza fissata dal giudice istruttore;

che, infine, il medesimo sistema determinerebbe, a parere del remittente, una ingiustificata compressione del diritto di difesa del convenuto, difettando un interesse superiore che giustifichi la diversa disciplina della decadenza, e porrebbe la norma in contrasto anche con l'art. 24 della Costituzione;

che, con ordinanza emessa il 17 maggio 1997 in altro procedimento civile, il medesimo giudice ha sollevato identica questione di legittimità costituzionale;

che, con ordinanze del 9 aprile 1997 e del 14 giugno 1997, il giudice istruttore del Tribunale di Vercelli e quello del Tribunale di Milano hanno sollevato, in termini del tutto analoghi a quelli già indicati, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 166, in relazione all'art. 167, secondo comma, del codice di procedura civile.

Considerato preliminarmente che i giudizi devono essere riuniti per connessione oggettiva delle questioni sollevate;

che i giudici remittenti fondano le proprie censure di incostituzionalità della norma in esame sull'analogia della ratio delle diverse previsioni di rinvio della prima udienza di comparizione, contenute nell'art. 168-bis, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile, invocando, per tale motivo, una identità di trattamento quanto alla disciplina della costituzione del convenuto;

che la previsione del potere di differimento della data della prima udienza di comparizione, attribuito al giudice istruttore dal quinto comma del citato art. 168-bis, deve porsi in relazione al preminente rilievo affidato a detta udienza nella struttura originaria della riforma e particolarmente alla fondamentale esigenza di porre il giudice in condizione di conoscere l'effettivo thema decidendum fin dal momento iniziale della trattazione della causa;

che in tale ragione, del tutto peculiare, va ravvisato il fondamento della deroga al sistema della citazione ad udienza fissa, cui è correlata la diversa disciplina del termine di costituzione del convenuto, costituente anch'essa una deroga al principio generale stabilito nella prima parte dell'art. 166 cod. proc. civ.;          

che le medesime esigenze non sussistono invece in relazione al rinvio della prima udienza di comparizione, previsto nell'art. 168-bis quarto comma, cod. proc. civ., il quale, in assenza di specifica indicazione normativa, può derivare da qualunque motivo, anche fortuito ed indipendente da ragioni organizzative dell'ufficio o del giudice;

che non è quindi ravvisabile la prospettata violazione del principio di eguaglianza, in quanto le fattispecie di rinvio della prima udienza di comparizione considerate nel quarto e nel quinto comma dell'art. 168-bis non sono riconducibili ad una ratio comune e non può dirsi irragionevole la previsione di una deroga alla disciplina del termine di costituzione in giudizio del convenuto;

che deve escludersi anche l'asserita lesione del diritto di difesa, poiché, come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare, "la garanzia del diritto di difesa non può implicare che sia illegittimo imporre all'esercizio di facoltà o poteri limitazioni temporali, al fine di accelerazione del corso della giustizia" (ordinanza n. 900 del 1988);

che la imposizione di una disciplina generale relativa alla costituzione del convenuto risponde ad evidenti ragioni di certezza, nelle quali si individua quello specifico interesse pubblico che giustifica l'adozione da parte del legislatore di limitazioni temporali immutabili e irreversibili nell'esercizio di facoltà e di poteri processuali (sentenza n. 471 del 1992).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative

per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 166 del codice di procedura civile, in relazione agli artt. 167, secondo e terzo comma, 171, secondo comma, e 269, secondo comma, del medesimo codice, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Milano e dal Giudice istruttore del Tribunale di Vercelli, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 16 dicembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Relatore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.