Sentenza n. 381/97

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SENTENZA N.381

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18 del regio decreto legge 1° luglio 1926, n. 2290 (Ordinamento dei magazzini generali), convertito nella legge 9 giugno 1927, n. 1158, promosso con ordinanza emessa il 12 giugno 1996 dalla Corte d’appello di Milano nel procedimento civile vertente tra il Fallimento della s.r.l. Michele Tavella e la s.p.a. Magazzini Fiduciari Cariplo iscritta al n. 1183 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Visto l’atto di costituzione del Fallimento della s.r.l. Michele Tavella;

udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

 

1.— Nel corso di un giudizio civile instaurato dal Fallimento della s.r.l. Michele Tavella nei confronti della s.p.a. Magazzini Fiduciari CARIPLO la Corte d'appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24 e 102 della Costituzione, dell'art. 18 del regio decreto-legge 1° luglio 1926, n. 2290 (Ordinamento dei magazzini generali), convertito nella legge 9 giugno 1927, n. 1158.

Il giudice a quo ha premesso che il Tribunale di Milano, nel decidere in primo grado la causa tra le medesime parti, aveva dichiarato l'improponibilità di una serie di domande risarcitorie avanzate dalla società Tavella, successivamente dichiarata fallita, trattandosi di domande per le quali doveva ritenersi per legge devoluta la decisione ad un collegio arbitrale, ai sensi della norma impugnata.

Tanto premesso la Corte rimettente ha osservato che l'arbitrato delineato dall'art. 18 in oggetto é effettivamente un arbitrato obbligatorio, già dichiarato costituzionalmente illegittimo da numerose sentenze di questa Corte, fra le quali il rimettente ha richiamato la n. 127 del 1977.

2.— Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito il Fallimento della società Tavella, con apposita memoria, chiedendo l'accoglimento della prospettata questione.

La parte privata, dopo aver brevemente ripercorso l'iter della causa di merito, si é associata alle considerazioni fatte dalla Corte d'appello di Milano, richiamando le numerose sentenze di questa Corte che hanno in più occasioni dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'istituto dell'arbitrato obbligatorio.

Considerato in diritto

 

1.— La Corte d'appello di Milano dubita che l'art. 18 del regio decreto legge 1° luglio 1926, n. 2290, convertito in legge 9 giugno 1927, n. 1158, nella parte in cui stabilisce che le controversie tra gli esercenti i magazzini generali e i depositanti in ordine all'applicazione delle tariffe "saranno risolte dal competente consiglio provinciale dell'economia" (ora Camera di commercio), sia in contrasto con gli artt. 24 e 102 della Costituzione, in quanto prevede una forma di arbitrato obbligatorio che non consente alle parti di optare per la risoluzione in via giudiziaria delle controversie medesime.

2.— La questione é fondata.

La norma impugnata stabilisce che le "controversie" insorte tra gli esercenti i magazzini generali ed i depositanti in ordine all'applicazione delle tariffe "saranno risolte" dall'organo ivi indicato, e non prevede alcuna diversa opzione degli interessati. La Corte remittente (come già ritenuto dal Tribunale) ravvisa nel tenore di tale norma una forma di arbitrato obbligatorio, dal momento che le parti devono devolvere la risoluzione delle controversie alla Camera di commercio, la decisione sul successivo ricorso al Ministro é "inappellabile" e la legge stabilisce a priori anche gli organi giudicanti in primo grado ed in sede di impugnazione. Siffatta disposizione é stata sostanzialmente recepita nell’art. 90 del regolamento dei Magazzini generali di Cremona, approvato con decreto ministeriale del 30 maggio 1959, secondo cui la giunta della Camera di commercio "decide quale arbitro amichevole compositore".

Tale arbitrato, in quanto obbligatorio, é costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 24 e 102 della Costituzione, secondo il costante insegnamento di questa Corte (v., tra le altre, la sentenza n. 127 del 1977, la n. 488 del 1991, la n. 49 del 1994, la n. 206 del 1994, la n. 232 del 1994, la n. 54 del 1996 e la n. 152 del 1996).

Ne consegue che nell'odierna sede valgono le stesse ragioni più volte indicate da questa Corte nelle sentenze sopra richiamate; per cui si impone la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 del regio decreto-legge 1° luglio 1926, n. 2290 (Ordinamento dei magazzini generali), convertito nella legge 9 giugno 1927, n. 1158.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernando SANTOSUOSSO

Depositata in cancelleria il 11 dicembre 1997.