Ordinanza n. 355/97

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ORDINANZA N.355

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), promosso con ordinanza emessa il 6 giugno 1996 dal Pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno, nel procedimento penale a carico di Gatti Luigi, iscritta al n. 886 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 giugno 1997 il Giudice relatore Valerio Onida.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale a carico di un imputato del reato di corruzione di minorenni, previsto dall’abrogato art. 530 del codice penale, il Pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno, con ordinanza emessa il 6 giugno 1996 e pervenuta a questa Corte il 17 luglio 1996, ha sollevato, su istanza del pubblico ministero, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 29, primo comma, 31, secondo comma, e 32 della Costituzione, dell’art. 1 della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), nella parte in cui abroga detto art. 530 del codice penale;

che, secondo il remittente, la questione é rilevante in relazione alla richiesta, avanzata dalla difesa, di pronunciare in camera di consiglio sentenza di non doversi procedere a termini dell’art. 469 del codice di procedura penale, data l’espressa abrogazione, disposta dall’art. 1 della legge n. 66 del 1996, dell’art. 530 del codice penale, che prevedeva e puniva il reato di corruzione di minorenni, contestato all’imputato, maggiorenne all’epoca dei fatti, per aver compiuto atti sessuali con una persona di età compresa fra quattordici e sedici anni;

che, ad avviso del giudice a quo, poichè non potrebbe essere riconosciuta all’infrasedicenne la piena disponibilità dei propri atteggiamenti e delle proprie condotte in campo sessuale, la legge n. 66 del 1996, che pur accorda una maggiore tutela ai minori contro gli abusi sessuali, anche attraverso la introduzione della nuova fattispecie delittuosa degli atti sessuali con minorenne, di cui all’art. 609-quater del codice penale, avrebbe irragionevolmente aperto un vuoto di tutela del minore di età compresa fra quattordici e sedici anni, depenalizzando - attraverso l’abrogazione dell’art. 530 e la configurazione della più ristretta fattispecie di cui al nuovo art. 609-quinquies del codice penale - la consumazione di atti sessuali nei confronti, o in presenza, di minore di età fra i quattordici e i sedici anni, purchè consenziente e non legato al soggetto attivo dai rapporti familiari, di affidamento o di convivenza che valgono, ai sensi del nuovo art. 609-quater, numero 2, del codice penale, a rendere punibile il compimento di atti sessuali con persona infrasedicenne;

che, secondo il remittente, il quale condivide l’eccezione sollevata dal pubblico ministero, l’abrogazione dell’art. 530 del codice penale contrasterebbe anzitutto con l’art. 2 della Costituzione, che tutela il diritto dell’adolescente di età compresa fra quattordici e sedici anni di essere lasciato crescere con il rispetto che gli compete;

che sarebbero altresì violati i diritti della famiglia come società fondata sul matrimonio, riconosciuti dall’art. 29, primo comma, della Costituzione: contrasterebbe infatti con la tutela psicologica ed etica della famiglia le accollare preventivamente ai genitori "il rischio della liceità penale del divenire il proprio figlio o figlia oggetto di appetito o perverso desiderio sessuale di un individuo anche in età avanzata, in assenza dei presupposti dei casi limite della costrizione mediante violenza, minaccia o abuso di autorità, di cui al nuovo art. 609-bis e delle circostanze aggravanti di cui all’art. 609-ter del codice penale";

che si verificherebbe, sempre ad avviso del giudice a quo, un contrasto con l’art. 31, secondo comma, della Costituzione, che imponendo la protezione della gioventù si riferisce alle persone, diverse dai bambini, non ancora adulte, le quali potrebbero essere pregiudicate da esperienze sessuali abusivamente indotte;

che, infine, sarebbe compromessa l’esigenza che l’adolescente fruisca "di tutte le possibilità per portare a compimento il suo io in fieri e maturare secondo le sue proiezioni senza che nessuno lo disturbi lungo il suo difficile cammino", onde sarebbe violato anche il principio costituzionale di tutela della salute, di cui all’art. 32 della Costituzione.

Considerato che la questione sollevata investe la norma di abrogazione espressa dell’art. 530 del codice penale - contenuta nell’art. 1 della legge n. 66 del 1996 - che avrebbe determinato il venir meno della tutela penale dell’adolescente di età compresa fra quattordici e sedici anni: e dunque tende ad una pronuncia che ripristini la fattispecie incriminatrice abrogata;

che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, é inammissibile, in quanto contrasta con il principio di stretta legalità in materia di reati e di pene, sancito dall’art. 25, secondo comma, della Costituzione, una questione di legittimità costituzionale il cui accoglimento si concreti nella creazione, ovvero nel ripristino, di fattispecie incriminatrici diverse o ulteriori rispetto a quelle configurate dal legislatore (sentenze nn. 42 del 1977 e 108 del 1981; ordinanza n. 288 del 1996);

che, nella specie, non sono stati prospettati profili o ragioni tali da indurre la Corte a discostarsi da tale orientamento;

che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), nella parte in cui dispone l’abrogazione dell’art. 530 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 29, primo comma, 31, secondo comma, e 32 della Costituzione, dal Pretore di Sondrio, sezione distaccata di Morbegno, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Valerio ONIDA

Depositata in cancelleria il 21 novembre 1997.