Sentenza n. 320/97

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SENTENZA N. 320

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Renato GRANATA, Presidente

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

-        Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-        Prof. Valerio ONIDA

-        Prof. Carlo MEZZANOTTE

-        Avv. Fernanda CONTRI

-        Prof. Guido NEPPI MODONA

-        Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Molise, riapprovata il 7 maggio 1996, recante "Disposizioni integrative della legge regionale 9 novembre 1977, n. 40", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 7 giugno 1996 depositato in Cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 1996.

Udito nell'udienza pubblica del 17 giugno 1997 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Udito l'Avvocato dello Stato Ignazio Francesco Caramazza per il ricorrente.

Ritenuto in fatto

 

1. Con ricorso notificato il 7 giugno 1996 e depositato il 17 giugno 1996, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sollevato, in via principale, in riferimento agli artt. 97 e 117 Cost. ed agli artt. 8, 30, 31 e 36 d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della regione Molise recante "Disposizioni integrative della legge regionale 9 novembre 1977 n. 40", approvata il 12 dicembre 1995 e riapprovata il 7 maggio 1996, a seguito di rinvio governativo.

2. L'autorità ricorrente premette che il primo comma della norma impugnata, sul dichiarato intento di porre rimedio a situazioni di ingiustizia sostanziale che si sarebbero determinate in danno di alcuni dipendenti dell'Ente regionale di sviluppo agricolo (di seguito: ERSAM), già inquadrati ai sensi degli artt. 26 e 27 l. reg. n. 40 del 1977, prevede il riconoscimento del "servizio comunque prestato" anteriormente all'inquadramento dal personale in attività alla data del 17 novembre 1977, per un periodo continuativo superiore a tre mesi, anche se espletato alle dipendenze dello Stato o di altri enti pubblici.

Il secondo comma dispone, altresì , l'inquadramento nell'ottavo livello funzionale dei dipendenti dell'ERSAM in possesso del diploma di laurea e di un'anzianità di almeno dieci anni in carriera non inferiore a quella di concetto, qualora non abbiano beneficiato di alcuna progressione in forza di precedenti norme regionali.

3. Il Governo osserva che la dedotta finalità perequativa é perseguita in modo indiffereniato nei confronti di un'intera categoria di dipendenti, al cui interno le diverse condizioni giuridiche del servizio preruolo impongono, invece, una distinzione, alla stregua di fondamentali e risalenti principi in materia di pubblico impiego e della regola di buon andamento della pubblica amministrazione.

Il comma 1 della norma impugnata, secondo il ricorrente, violerebbe gli artt. 97 e 117 Cost., in quanto non tiene conto della diversità delle situazioni disciplinate; prevede una generalizzata ed uniforme ricostruzione d'anzianità: omette di valorizzare le connotazioni giuridiche e di fatto del servizio pre-ruolo del personale inquadrato ex lege n. 40 del 1977, dalla provenienza più varia e con diverso sstatus: unifica, al fine di riconoscimento d'anzianità pregressa, servizi della più varia natura, non distinguendo secondo siano stati espletati nell'ambito di un rapporto di tirocinio, ovvero in virtù da incarichi di assistenza tecnica ed amministrativa o, ancora, in base agli altri titoli considerati nell'art. 26 l. reg. n. 40 del 1977.

4. La norma impugnata, ad avviso del Presidente del Consiglio dei Ministri, si porrebbe, altresì, in contratto con il d. lgs. N. 29 del 1993, che reca principi fondamentali in materia di organizzazione degli uffici e di rapporto di pubblico impiego. In particolare, violerebbe gli artt. 30, 31 e 36, i quali stabiliscono, rispettivamente, che le pubbliche amministrazioni devono provvedere alla definizione delle piante organiche secondo un criterio di ottimale distribuzione delle risorse, allo scopo di razionalizzare le funzioni dirigenziali, anche attraverso la riduzione delle relative dotazioni, e che dette funzioni sono conferibili solo attraverso meccanismi tipizzati di selezione (concorso pubblico: corso-concorso; prove attitudinali), onde consentire l'accertamento della professionalità.

Il comma 2 della disposizione, prevedendo l'inquadramento automatico all'ottavo livello (dirigenziale) dei dipendenti ERSAM che abbiano un'anzianità decennale, parimenti violerebbe siffatti principi, ponendosi altresì in contrasto con gli artt. 97 e 117 Cost. L'indiscriminata progressione, disposta sulla base del solo possesso del diploma di laurea e dell'anzianità, lederebbe, infatti, il principio di buon andamento dell'amministrazione.

La finalità perequativa, evocata nella relazione di accompagnamento del testo regionale, pur se espressiva di un'esigenza di giustizia sostanziale, poichè non tiene conto - secondo il ricorrente - della diversità delle situazioni disciplinate, dovrebbe comunque considerarsi recessiva rispetto alla finalità della migliore organizzazione dell'apparato amministrativo.

5. La Regione Molise non si é costituita in giudizio.

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale, promossa con il ricorso indicato in epigrafe, investe l'art. 1, commi 1 e 2, della delibera legislativa approvata dal Consiglio regionale del Molise il 12 dicembre 1995 e, a seguito del rinvio governativo, riapprovata dallo stesso Consiglio il 7 maggio 1996.

Il primo comma della disposizione impugnata stabilisce che al personale dell'Ersam, inquadrato per effetto della legge regionale 9 novembre 1977, n. 40, "il servizio comunque prestato", ai sensi dell'art. 26 della stessa legge, "...e' interamente riconosciuto agli effetti giuridici" dal 1° gennaio 1988 ed a quelli economici dalla data di entrata in vigore della legge oggetto di censura.

Inoltre, la stessa norma riconosce "ai fini giuridici", e sempre con decorrenza 1> gennaio 1988, anche il "servizio precedentemente prestato presso lo Stato o altri Enti pubblici".

Il secondo comma della disposizione impugnata stabilisce che il suddetto personale, in possesso del diploma di laurea e "con anzianità di servizio di anni dieci nella carriera non inferiore a quella di concetto, che non ha beneficiato di alcun passaggio di livello ai sensi delle precedenti leggi regionali", e' inquadrato nel livello funzionale ottavo, con decorrenza giuridica ed economica dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

Secondo il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, la norma impugnata si porrebbe in contrasto, in primo luogo, con l'art. 97 della Costituzione.

Infatti, la generalizzata ed uniforme ricostruzione dell'anzianità di servizio, disposta senza tenere conto della diversa natura giuridica dei rapporti di lavoro preesistenti all'inquadramento in ruolo, nonchè l'automatico reinquadramento all'ottavo livello del personale, con laurea ed anzianità di servizio in carriera, non inferiore a quella di concetto, di almeno dieci anni, violerebbero il principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Il secondo comma della disposizione impugnata contrasterebbe altresì, oltre che con l'art. 97, anche con l'art. 117 della Costituzione, in relazione agli artt. 8, 30, 31 e 36 del d.lgs. n. 29 del 1993, considerati quali norme di riforma economico-sociale, in quanto dispone la progressione del personale ad un livello di inquadramento superiore, in mancanza della previa definizione della pianta organica ed in difetto di ogni meccanismo selettivo idoneo a garantire l'accertamento della professionalità dei dipendenti ed il possesso dei requisiti richiesti per l'esercizio delle mansioni superiori.

2. -La questione e' fondata.

Va premesso che, in generale, nelle scelte relative alla costituzione e all'organizzazione dei pubblici uffici, secondo il costante indirizzo di questa Corte spetta al legislatore, statale e regionale, un ampio spazio di discrezio nalità, peraltro da esercitare in conformità ai principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione e restando naturalmente salvo il sindacato di costituzionalità su questo margine di apprezzamento, sotto i profili della ragionevolezza e della non arbitrarietà delle scelte (tra le più recenti: sentenze n. 153 e n. 59 del 1997). In particolare, l'orientamento di questa Corte e' costante nel negare forme di omologazione o di assimilazione tra il rapporto di pubblico impiego di ruolo e quello non di ruolo (sentenza n. 52 del 1981), in considerazione delle differenze di presupposti e di disciplina giuridica (sentenza n. 212 del 1983). Tale assimilazione e' ancor più decisamente esclusa con riguardo a dipendenti titolari di un rapporto di pubblico impiego e a coloro che svolgono invece la loro attività in favore dell'ente pubblico, in base a rapporti di diversa natura giuridica.

Ciò premesso, appare dunque in contrasto con i principi dell'art. 97 della Costituzione l'art. 1, comma 1, della legge regionale in esame, che appunto disponendo il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, con decorrenza da esso stabilita, del "servizio comunque prestato" anteriormente all'inquadramento in ruolo e sulla base di rapporti giuridici della più varia natura, finisce con lo stabilire una equiparazione arbitraria ed irragionevole di situazioni disomogenee. La giurisprudenza di questa Corte e' infatti ferma nel ritenere contrastante con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione la norma che consente il riconoscimento, agli effetti economici, del servizio prestato sulla base di un rapporto di lavoro a tempo determinato (sentenza n. 380 del 1990), ovvero che equipara, a tutti gli effetti, il servizio comunque prestato a quello espletato nell'ambito del rapporto di pubblico impiego di ruolo, estendendo al primo il regime giuridico proprio del secondo. La disposizione che ha tale contenuto, infatti, non solo parifica irragionevolmente situazioni non omogenee, ma si risolve in un ingiustificato privilegio, suscettibile anche di compromettere la posizione di coloro che siano stati sin dall'origine assunti a seguito di regolare concorso pubblico (sentenza n. 59 del 1996).

3.-E' altresì fondata la censura che investe l'art. 1, comma 2 della legge regionale in esame, in quanto tale norma, che prevede un inquadramento automatico nel superiore livello funzionale ottavo per i dipendenti che abbiano diploma di laurea e anzianità di servizio di almeno dieci anni, viola l'art. 97 della Costituzione.

Il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta infatti l'accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed e' soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso (ex plurimis: sentenze n. 528 del 1995, n. 313 del 1994). Il legislatore regionale, peraltro, nell'esercizio della sua discrezionalità, può ragionevolmente derogare a tale regola, in presenza però di peculiari situazioni giustificatrici e con il limite della necessità di garantire il buon andamento dell'amministrazione pubblica. E' pertanto irragionevole ed arbitrario il passaggio ad una fascia funzionale superiore, in deroga al principio del pubblico concorso, basato sul parametro automatico dell'anzianità di servizio, senza alcun altro criterio di selezione - tale non potendosi considerare la laurea, priva di qualsiasi riferimento all'area professionale nonchè al periodo di conseguimento - e, in particolare, senza una valutazione congrua e razionale dell'attività pregressa del dipendente, diretta ad accertare che egli sia in possesso dei requisiti necessari (ex plurimis: sentenza n. 161 del 1990).

Nel quadro di tali principi, la norma in esame, che non prevede alcun criterio selettivo, funzionale alla congrua e razionale valutazione dell'attività pregressa al fine di accertare il possesso in ciascuno dei dipendenti dei requisiti necessari per l'espletamento delle mansioni superiori, e' irragionevole e contrastante con i principi dell'art. 97 della Costituzione.

4.-L'accoglimento della questione per i motivi esposti assorbe gli altri profili sotto i quali la questione stessa e' stata dedotta.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Molise riapprovata il 7 maggio 1996 (Disposizioni integrative della legge regionale 9 novembre 1977 n. 40).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 ottobre 1997.

Renato GRANATA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Relatore

Depositata in cancelleria il 30 ottobre 1997.