Sentenza n. 207

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SENTENZA N. 207

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 111, secondo e terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 6 aprile 1996 dal Pretore di Trento, sul ricorso proposto da Carli Flora contro l'INAIL, iscritta al n. 811 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione dell'INAIL nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

uditi l'avv. Nicola D'Angelo per l'INAIL e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1.1. -- Nel corso di un giudizio in cui la vedova di un lavoratore aveva richiesto all'INAIL le prestazioni dovute ai superstiti assumendo che nella morte del coniuge aveva svolto un ruolo causale la malattia professionale a suo tempo riconosciutagli, a fronte dell'eccezione dell'Istituto convenuto circa la prescrizione del diritto, in quanto azionato oltre i tre anni e 150 giorni dalla morte, il Pretore di Trento, con ordinanza emessa il 6 aprile 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 111, secondo e terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui limita la sospensione della prescrizione del diritto alle prestazioni INAIL ad un massimo di 150 giorni, anzichè estendere la stessa a tutto il periodo di svolgimento della fase amministrativa "anche quando" sia stata disposta un'inchiesta pretorile (avente ad oggetto l'autopsia del lavoratore) di durata superiore a 150 giorni.

Premesso che nella specie il lavoratore era deceduto il 27 febbraio 1992 e che la fase amministrativa era durata ben 549 giorni (era stata effettuata l'autopsia nel quadro dell'inchiesta pretorile disciplinata dall'art. 63 del citato d.P.R. n. 1124 del 1965), che, inoltre, in data 27 agosto 1993, l'INAIL aveva comunicato alla ricorrente il rigetto della domanda amministrativa e che questa aveva proposto la domanda in via giurisdizionale con ricorso depositato il 27 ottobre 1995, il giudice a quo rileva che -- anche sulla scorta della consolidata giurisprudenza di legittimità -- l'eccezione di prescrizione avrebbe dovuto essere accolta.

Peraltro appare al Pretore irragionevole la denunciata previsione normativa che impone all'interessato di ricorrere comunque al giudice una volta proposta la domanda amministrativa e decorsi da questa 150 giorni. L'inchiesta pretorile, sebbene incardinata in una fase amministrativa, é pur sempre condotta dinanzi ad un organo giudiziario (tanto che i risultati dell'autopsia possono poi essere utilizzati in pieno nel procedimento giurisdizionale). Tale onere, vòlto ad impedire il decorso della prescrizione, si tradurrebbe infatti in un inutile aggravio, oltretutto contrastante con la tutela che l'art. 38, secondo comma, della Costituzione garantisce ai diritti connessi agl'infortuni e alle malattie professionali. Nè sarebbero ravvisabili quelle esigenze di non rendere ardua la ricostruzione delle situazioni in cui si sostanziano le malattie professionali in quanto la pendenza dell'inchiesta pretorile renderebbe assai remoto il rischio di dispersione delle prove circa il nesso eziologico tra malattia e morte.

1.2. -- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità, ovvero per l'infondatezza della questione, osservando anzitutto come, per espresso insegnamento di questa Corte (sentenza n. 33 del 1974), l'art. 38 Cost. attenga all'adeguamento dei mezzi di carattere previdenziale alle esigenze di vita dell'infortunato piuttosto che alle modalità necessarie a conseguirli, a meno che esse siano tali da comprometterne il conseguimento. Nella specie non pare all'Avvocatura che la mancata previsione di una sospensione della prescrizione corrispondente alla durata del procedimento amministrativo possa incidere sulla richiamata garanzia costituzionale. Quanto all'art. 3 Cost., l'Autorità intervenuta non ravvisa alcuna irragionevole disparità di trattamento, in assenza del confronto con altre situazioni.

1.3. -- Nel giudizio dinanzi a questa Corte é intervenuto l'INAIL chiedendo dichiararsi l'inammissibilità ovvero l'infondatezza della questione.

La parte richiama anzitutto il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui il protrarsi del procedimento amministrativo oltre i 150 giorni non costituisce ulteriore causa di sospensione della prescrizione, attesa la tassatività del termine, nè la denunciata normativa potrebbe, secondo l'INAIL, interpretarsi nel senso di assicurare una sospensione illimitata ed incerta oltre quel periodo che il legislatore ha ritenuto sufficiente per l'espletamento della procedura amministrativa.

Sempre la Corte di cassazione, ricorda l'Istituto, ha altresì sottolineato il carattere speciale della prescrizione in parola, per l'esigenza, ad essa sottesa, che il diritto venga accertato nel più breve tempo possibile nell'interesse stesso del danneggiato. La predeterminazione della sospensione, che non può essere considerata isolatamente ma va considerata nella logica di specialità di cui sopra, é stata altresì fissata secondo esigenze di ordine pubblicistico, valutate discrezionalmente dal legislatore. Non sarebbe perciò possibile distinguere tra un interesse generale ed un interesse personale delle parti al prolungamento del termine fino a ricomprendervi tutto l'iter amministrativo per privilegiare quest'ultimo interesse.

Del resto l'avente diritto alle prestazioni può proporre l'azione giudiziaria ancor prima dell'esaurirsi del procedimento amministrativo, come se questo si fosse concluso; ciò renderebbe "evidente l'inconciliabilità del protrarsi della sospensione della prescrizione e la correlativa procedibilità dell'azione giudiziaria" (che é l'unico atto al quale possa collegarsi l'effetto interruttivo). L'ordinanza di rimessione viene poi criticata in quanto vòlta ad introdurre figure o termini di sospensione diversi da quelli legislativamente previsti in un sistema in cui la tassatività delle cause di sospensione rappresenta un punto fermo, dovendosi negare ogni rilevanza agl'impedimenti di fatto. Inoltre il rimettente avrebbe omesso di considerare che il termine di 150 giorni é il risultato della somma di termini previsti dagli artt. 102 e 104, richiamati dal successivo art. 105 del T.U. n. 1124 del 1965.

Infine l'Istituto afferma che nel caso di specie nessun limite sarebbe stato introdotto al libero esercizio dei diritti della ricorrente. Quest'ultima, infatti, non ha azionato tempestivamente il proprio diritto, pur avendo a disposizione un arco di tempo considerevole dopo la conclusione del procedimento amministrativo, sicchè non é al protrarsi di questo, bensì al colpevole comportamento della ricorrente stessa che deve ascriversi il maturarsi della speciale prescrizione.

Considerato in diritto

 

1. -- Il Pretore di Trento dubita della legittimità costituzionale dell'art. 111, secondo e terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui prevede che la prescrizione dell'azione per conseguire le prestazioni dall'INAIL rimanga sospesa per un periodo massimo di 150 giorni, anzichè estendere tale sospensione all'intera durata del procedimento amministrativo allorchè sia stata disposta l'inchiesta pretorile che comporti l'autopsia del lavoratore. A parere del rimettente la norma censurata, nel precludere una più lunga sospensione ove ricorra la descritta evenienza, risulterebbe irragionevole e lesiva della garanzia circa la predisposizione di adeguati mezzi di vita ex art. 38 Cost.

2. -- Preliminarmente va osservato che, ai fini della rilevanza affermata dal rimettente, si rivela ininfluente l'assunto dell'INAIL -- sostanzialmente coincidente con l'eccezione d'inammissibilità sollevata in udienza dall'Avvocatura dello Stato -- secondo cui nella specie la maggior durata del procedimento amministrativo non avrebbe inciso sui diritti della ricorrente nel processo a quo, avendo questa lasciato trascorrere circa due anni dalla conclusione di tale fase prima di agire giudizialmente. Resta, infatti, decisiva l'osservazione che l'ampliamento della sospensione all'intera durata della fase amministrativa, auspicato dal giudice a quo, consentirebbe di non dichiarare prescritta l'azione proposta davanti a lui. Risultato, questo, non altrimenti raggiungibile che con la decisione additiva richiesta a questa Corte, atteso che l'interpretazione costantemente data dalla giurisprudenza di legittimità e accolta dallo stesso rimettente é nel senso che il dettato della denunciata norma limita la sospensione della prescrizione al solo periodo di tempo tassativamente previsto per concludere il procedimento amministrativo di liquidazione.

L'eccezione d'inammissibilità va dunque disattesa e devesi passare all'esame di merito.

3. -- La questione non é fondata.

3.1. -- L'art. 111 del d.P.R. n. 1124 del 1965 stabilisce nel primo comma che il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo esaurite tutte le pratiche prescritte per la liquidazione amministrativa della indennità.

Nei due successivi commi, denunciati dal rimettente, lo stesso articolo dispone poi la sospensione della prescrizione triennale dell'azione per conseguire le prestazioni dell'INAIL, durante il periodo concernente la liquidazione in via amministrativa dell'indennità, ma aggiunge che "tale liquidazione dev'essere esaurita nel termine di 150 giorni, per il procedimento previsto dall'art. 104, e di 210 per quello indicato nell'art. 83". E, con riguardo al caso di mancata liquidazione in tali termini, attribuisce all'interessato "la facoltà di proporre l'azione giudiziaria" immediatamente.

Giova precisare che in particolare il termine di 150 giorni, preso in considerazione dal rimettente, risulta dalla sommatoria dei trenta giorni di cui al secondo comma dell'art. 102 -- previsti per accertare il diritto alla liquidazione della rendita (e che identificano la fase amministrativa vera e propria) -- con gli ulteriori sessanta giorni concessi all'interessato dal primo comma dell'art. 104 per opporsi al provvedimento dell'INAIL ed infine con i sessanta giorni che quest'ultimo ha a disposizione per decidere a' termini del successivo secondo comma dell'art. 104.

3.2. -- Questa Corte ha in più occasioni affermato la congruità del su indicato termine prescrizionale di tre anni (che é previsto dall'art. 112), anzitutto in ragione della specialità del sistema in cui esso si inserisce, ma soprattutto avuto riguardo alla funzione a cui il termine stesso risponde, nel garantire all'INAIL un accertamento tempestivo degli elementi posti a base della denuncia e, contemporaneamente, nell'assicurare all'interessato un rapido conseguimento della prestazione. Appare invero evidente la necessità oggettiva di pervenire ad una pronta ricerca dei fatti, potendo un'attesa superiore ai tre anni pregiudicare la raccolta di prove utili a verificare il rapporto eziologico tra infortunio (o malattia) ed evento ai fini della risarcibilità (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 71 del 1993, che ha escluso l'illegittimità costituzionale del citato art. 112 in riferimento all'art. 38 Cost. con riguardo alla decorrenza della prescrizione anche quando sia pendente procedimento penale).

3.3. -- Le medesime considerazioni che hanno ripetutamente indotto la Corte ad escludere la necessità razionale di una più lunga prescrizione, consentono ora di negare la fondatezza della tesi, con cui a tale risultato si vorrebbe sostanzialmente pervenire prolungando la sospensione della stessa.

Come già rilevato nella sentenza n. 312 del 1993, la sospensione altro non é che una modalità della prescrizione, sì che l'aver sancito un arco temporale di 150 giorni durante i quali, da una parte l'azione non può essere esercitata e, dall'altra, la prescrizione stessa non decorre, ha solo il senso di evitare un inutile contenzioso permettendo la definizione in via amministrativa. Ma, nel caso in cui l'Istituto non abbia risposto entro sessanta giorni dall'opposizione dell'interessato, l'art. 104, secondo comma, consente allo stesso di agire in giudizio. Ed é proprio a questo punto che vien meno la relazione tra fase amministrativa ed effetto sospensivo della prescrizione, la quale riprende a decorrere secondo la logica in precedenza descritta.

3.4. -- Trattasi di un meccanismo del tutto ragionevole e coerente con le esigenze già illustrate. Esso, non solo non ostacola, come assume il giudice a quo, ma viceversa agevola il conseguimento dei mezzi adeguati di cui all'art. 38 Cost.; e ciò in ragione proprio del carattere sollecitatorio sotteso a tutta la sequenza avviata dalla denuncia dell'infortunio.

3.5. -- Tali conclusioni vanno tenute ferme anche per l'ipotesi in cui si dia luogo all'inchiesta pretorile ex artt. 54 e seguente dello stesso testo unico. Questa, infatti, si colloca in un àmbito amministrativo affatto diverso da quello procedimentale già ricordato, vòlto alla liquidazione delle prestazioni: in caso di infortunio del lavoratore che comporti la morte o un'inabilità superiore ai trenta giorni essa é finalizzata ad accertare circostanze, cause ed entità dell'infortunio pure nell'eventualità che ricorrano responsabilità di terzi o il dolo dell'infortunato. L'inchiesta pretorile, quindi, non necessariamente interferisce con il procedimento liquidatorio; nella specie, poi, essa neppure ha avuto luogo in senso tecnico, essendone stata soltanto utilizzata una fase (l'autopsia ex art. 63) su richiesta dell'INAIL al fine di accertare il possibile nesso eziologico tra malattia professionale e morte.

Il fatto poi che l'Istituto abbia in concreto ritardato il rigetto dell'opposizione condizionando il contenuto della decisione all'esito dell'esame autoptico, é circostanza del tutto simile a qualsiasi altro ritardo procedimentale, che trova adeguata risposta nella già prevista facoltà di adire il giudice non appena formatosi il silenzio-rifiuto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 111, secondo e terzo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Trento con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Cesare RUPERTO: Redattore

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1997.