Ordinanza n. 106

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ORDINANZA N. 106

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale della magistratura), promossi con n. 6 ordinanze emesse il 13 marzo 1996 dal T.A.R. per il Lazio rispettivamente iscritte ai nn. 1252, 1253, 1254, 1255, 1256 e 1257 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1996.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

  Ritenuto che con sei ordinanze di identico contenuto, emesse il 13 marzo 1996, ma pervenute alla Corte costituzionale il 23 ottobre 1996, il Tribunale amministrativo per il Lazio, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 30, 31 e 37 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale della magistratura) nella parte in cui esclude la corresponsione della speciale indennità giudiziaria, dal medesimo istituita durante i periodi di assenza obbligatoria per maternità, prevista dagli artt. 4 e 5 della legge 30 dicembre 1971, n. 1024;

  che a parere del giudice a quo la mancata corresponsione della predetta indennità durante i periodi di assenza obbligatoria per maternità si porrebbe in contrasto: con l'art. 3 della Costituzione, poichè la condizione femminile, vista sotto il peculiare profilo della maternità, diviene presupposto scriminante nel rapporto paritario uomo-donna laddove l'astensione dal servizio sia connessa ad un evento naturale esclusivamente proprio del sesso femminile; con l'art. 37 della Costituzione in quanto non sarebbe assicurata tutela alla lavoratrice-madre; con gli artt. 30 e 31 della Costituzione, poichè l'astensione obbligatoria durante i primi tre mesi di vita del bambino non si esaurisce nella tutela della salute della madre, ma si estende alle esigenze di tutela del minore;

  che in tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

  Considerato che i giudizi, concernendo questioni di identico contenuto, vanno riuniti per essere decisi contestualmente;

  che questa Corte, con sentenza n. 407 del 1996, pronunciata successivamente alla emissione delle ordinanze di rimessione, ha dichiarato non fondata questione di legittimità costituzionale sostanzialmente identica, rilevando che l'indennità in esame é espressamente collegata ai particolari "oneri" che i magistrati "incontrano nello svolgimento della loro attività", la quale comporta peraltro un impegno senza prestabiliti limiti temporali, e che la corresponsione della stessa é strettamente connessa all'effettiva prestazione del servizio;

  che con riguardo alla denunciata violazione dell'art. 37 della Costituzione questa Corte ha già avuto modo di affermare che alla donna magistrato, assente per maternità, vengono conservati - oltre che il posto e la sede - anche lo stipendio nella sua interezza, la cui misura pare relativamente sufficiente per fronteggiare gli oneri della maternità, sì che deve essere escluso il contrasto con il parametro invocato;

  che il richiamo agli artt. 30 e 31 della Costituzione non appare nel caso conferente, in quanto, come anche sostenuto dall'Avvocatura dello Stato, gli obblighi di cui ai citati parametri costituzionali gravano su entrambi i coniugi e non sono, pertanto, di per sè ricollegabili alla peculiare condizione della donna; tanto più che la tutela del minore non esige necessariamente la corresponsione, oltre che dello stipendio, anche della speciale indennità giudiziaria;

  che pertanto, non essendo stati prospettati ulteriori profili, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale della magistratura), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 30, 31 e 37 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo per il Lazio con le ordinanze di cui in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7 aprile 1997.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, redattore

Depositata in cancelleria il 18 aprile 1997.