Sentenza n. 34

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SENTENZA N.34

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-         Dott. Renato GRANATA, Presidente

-         Prof. Giuliano VASSALLI

-         Prof. Francesco GUIZZI

-         Prof. Cesare MIRABELLI  

-         Prof. Fernando SANTOSUOSSO  

-         Avv. Massimo VARI

-         Dott. Cesare RUPERTO  

-         Prof. Gustavo ZAGREBELSKY  

-         Prof. Valerio ONIDA

-         Prof. Carlo MEZZANOTTE  

-         Avv. Fernanda CONTRI

-         Prof. Guido NEPPI MODONA  

-         Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 13 aprile 1988, n. 117, recante "Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati", limitatamente a:

-         articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: "contro lo Stato";

-         articolo 4, comma 1, limitatamente alle parole: "L'azione di risarcimento del danno contro lo Stato deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri" e comma 2, limitatamente alle parole: "contro lo Stato";

-         articolo 6, "rubrica" ("Intervento del magistrato nel giudizio"), comma 1 ("Il magistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio non può essere chiamato in causa ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento, ai sensi di quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 105 del codice di procedura civile. Al fine di consentire l'eventuale intervento del magistrato, il presidente del tribunale deve dargli comunicazione del procedimento almeno quindici giorni prima della data fissata per la prima udienza"), comma 2, limitatamente alle parole: "nel giudizio di rivalsa se il magistrato non è intervenuto volontariamente in giudizio. Non fa stato" e comma 3 ("Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non può essere assunto come teste né nel giudizio di ammissibilità, né nel giudizio contro lo Stato.");

-         articolo 7;

-         articolo 8;

-         articolo 9, comma 2 ("Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di parte o d'ufficio, nel giudizio di rivalsa.");

-         articolo 16, comma 4, limitatamente alle parole: "in sede di rivalsa," e comma 5, limitatamente alle parole: "di rivalsa ai sensi dell'articolo 8", iscritto al n. 102 del registro referendum.

Vista l'ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;

udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1997 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi gli avvocati Giuseppe Morbidelli e Gaetano Pecorella per i presentatori Bernardini Rita e Sabatano Mauro.

Ritenuto in fatto

1.1. -- L'Ufficio centrale per il referendum (costituito presso la Corte di cassazione in applicazione della L. 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni) ha esaminato la richiesta di referendum popolare depositata il 5 gennaio 1996 da Stanzani Ghedini Sergio Augusto, Strik Lievers, Bernardini Rita, Sabatano Mauro e Mancuso Fiorella, sul seguente quesito:

"Volete voi che sia abrogata la legge 13 aprile 1988, n. 117, recante "Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati", limitatamente a:

articolo 2

- comma 1, limitatamente alle parole: "contro lo Stato";

articolo 4

- comma 1, limitatamente alle parole: "L'azione di risarcimento del danno contro lo Stato deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri";

- comma 2, limitatamente alle parole "contro lo Stato";

articolo 6

- comma 1 ("Il magistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio non può essere chiamato in causa ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento, ai sensi di quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 105 del codice di procedura civile. Al fine di consentire l'eventuale intervento del magistrato, il presidente del tribunale deve dargli comunicazione del procedimento almeno 15 giorni prima della data fissata per la prima udienza.");

- comma 2 limitatamente alle parole: "nel giudizio di rivalsa se il magistrato non è intervenuto volontariamente in giudizio. Non fa stato";

- comma 3 ("Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non può essere assunto come teste né nel giudizio di ammissibilità, né nel giudizio contro lo Stato.");

articolo 7;

articolo 8;

articolo 9

- comma 2 ("Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di parte o d'ufficio, nel giudizio di rivalsa.");

articolo 16

- comma 4, limitatamente alle parole: "in sede di rivalsa,";

- comma 5 limitatamente alle parole: "di rivalsa ai sensi dell'articolo 8" ?".

1.2. -- Con ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 l'Ufficio centrale, verificata la regolarità della richiesta, l'ha dichiarata legittima.

L'Ufficio stesso, inoltre, rilevato che "per quanto riguarda l'art. 6 [della citata L. n. 117 del 1988], la richiesta di abrogazione concerne i commi 1 e 3, per intero, e parte del comma 2, e per evidente errore materiale non comprende anche la rubrica dell'articolo ("Intervento del magistrato nel giudizio") che rimarrebbe priva di senso, in quanto la normativa residua riguarda materia diversa dall'intervento stesso", ha provveduto ad integrare il quesito nei termini seguenti:

"Volete voi che sia abrogata la legge 13 aprile 1988, n. 117, recante "Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati", limitatamente a:

articolo 2

- comma 1, limitatamente alle parole: "contro lo Stato";

articolo 4

- comma 1, limitatamente alle parole: "L'azione di risarcimento del danno contro lo Stato deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri";

- comma 2, limitatamente alle parole "contro lo Stato";

articolo 6

- rubrica ("Intervento del magistrato nel giudizio");

- comma 1 ("Il magistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio non può essere chiamato in causa ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento, ai sensi di quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 105 del codice di procedura civile. Al fine di consentire l'eventuale intervento del magistrato, il presidente del tribunale deve dargli comunicazione del procedimento almeno quindici giorni prima della data fissata per la prima udienza.");

- comma 2, limitatamente alle parole: "nel giudizio di rivalsa se il magistrato non è intervenuto volontariamente in giudizio. Non fa stato";

- comma 3 ("Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non può essere assunto come teste né nel giudizio di ammissibilità, né nel giudizio contro lo Stato.);

articolo 7;

articolo 8;

articolo 9

- comma 2 ("Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di parte o d'ufficio, nel giudizio di rivalsa.");

articolo 16

- comma 4, limitatamente alle parole: "in sede di rivalsa,";

- comma 5, limitatamente alle parole: "di rivalsa ai sensi dell'articolo 8" ?".

2.-- Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 9 gennaio 1997 per le conseguenti deliberazioni, dandone regolare comunicazione.

3. -- Con memoria depositata il 31 dicembre 1996, i promotori e presentatori della richiesta referendaria hanno presentato motivi a sostegno dell'ammissibilità della medesima.

Considerato in diritto

1. -- La richiesta di referendum abrogativo, dichiarata legittima con ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione, ha per oggetto varie disposizioni della legge 13 aprile 1988, n. 117 che disciplina il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati.

In particolare, nel quesito sono ricomprese le disposizioni concernenti:

-         l'azione diretta nei confronti dello Stato per il risarcimento dei danni ingiusti cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie (art. 2);

-         la legittimazione passiva del Presidente del Consiglio dei ministri per l'azione di risarcimento (art. 4);

-         la facoltà di intervento del magistrato nel giudizio promosso contro lo Stato (art. 6);

-         l'obbligatorietà e la misura dell'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato e degli estranei che partecipano all'esercizio delle funzioni giudiziarie, nonché i termini e la competenza per l'esercizio della medesima (artt. 7 e 8);

-         la possibilità di acquisire gli atti del giudizio disciplinare nel giudizio di rivalsa (art. 9);

-         la responsabilità dei componenti gli organi giudiziari collegiali (art. 16).

2.-- Questa Corte è chiamata ad accertare la sussistenza dei requisiti per l'ammissibilità della richiesta referendaria in riferimento ai limiti previsti dall'art. 75 della Costituzione, a quelli desumibili da un esame logico-sistematico della Costituzione stessa, e, in particolare, a verificare se la struttura del quesito risponda alle esigenze di omogeneità e chiarezza, secondo la propria giurisprudenza affermatasi a far corso dalla sentenza n. 16 del 1978.

3. -- La legge 13 aprile 1988, n. 117, nel disciplinare il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati, preordina un articolato sistema, nel quale vengono individuati i casi in cui può essere chiesto il risarcimento per un danno ingiusto per effetto di un atto o provvedimento posto in essere dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni. Con la stessa legge viene disciplinata l'azione di risarcimento per tali atti contro lo Stato e le condizioni per esperirla; è inoltre prevista la facoltà di intervento nel giudizio del magistrato ed è disposta l'azione di rivalsa dello Stato, con i relativi limiti, nei confronti del magistrato, oltre agli effetti disciplinari che per quest'ultimo si possono produrre.

Secondo le intenzioni dichiarate dal comitato promotore "la consultazione popolare è volta all'affermazione di una responsabilità civile dei magistrati, diretta (nei confronti del danneggiato), e piena (quanto alla misura del risarcimento), che le norme vigenti escludono a favore di una responsabilità indiretta e limitata". Tale obiettivo è perseguito mediante l'eliminazione delle parole "contro lo Stato" dal testo degli artt. 2 e 4 della legge, ritenendosi che, venuta meno la possibilità di azionare la pretesa risarcitoria nei confronti dello Stato, sia esperibile l'azione direttamente nei confronti del magistrato, quale autore dell'illecito, secondo i principi generali dell'ordinamento.

Correlativamente viene proposta, tra l'altro, la completa eliminazione della disciplina dell'intervento del magistrato nel giudizio promosso contro lo Stato e dell'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato, nonché di altre disposizioni, o parti di disposizioni pur prive di autonomo significato normativo, in quanto, ad avviso dei promotori, ricollegabili alle norme di cui si chiede l'abrogazione e considerate espressione della medesima ratio.

Nella memoria depositata dal comitato promotore è detto che, in caso di esito positivo della consultazione, talune parti della legge sottoposta a referendum, ed i principi in esse contenuti, non dovrebbero ritenersi "abrogati", nel senso della loro effettiva ablazione dall'ordinamento, ma solo eliminati dalla lettera di quel testo legislativo per poi essere recuperati attraverso i principi generali dell'ordinamento stesso.

4. -- Il quesito referendario investe parti di una legge che, pur avendo a riferimento atti o comportamenti posti in essere da magistrati nell'esercizio delle loro funzioni e la responsabilità che ne deriva, muove nella più ampia prospettiva del risarcimento del cittadino che abbia subito un danno ingiusto a causa dell'esercizio di funzioni giurisdizionali. Ciò che giustifica, nella prospettiva della legge, la preminenza dell'azione diretta contro lo Stato, garantendo così l'interesse del cittadino alla riparazione risarcitoria. Ora, proprio rimuovendo l'espressione "contro lo Stato", di per sé non espressiva di un autonomo contenuto normativo, nel contesto che disciplina l'azione di risarcimento, si determina una assoluta ed oggettiva mancanza di chiarezza del quesito che si intende sottoporre a votazione popolare.

Difatti è del tutto equivoca la configurazione della domanda referendaria per quanto attiene alla posizione dello Stato, la cui responsabilità pure è preminente nell'attuale sistema della legge al fine della garanzia di ristoro per danni derivanti da atti in ogni caso riferibili all'esercizio di poteri statali.

Basti solo considerare, in proposito, che, così come configurata, la medesima domanda referendaria può intendersi orientata a due diversi e contrastanti obiettivi: alla eliminazione della responsabilità dello Stato, nei cui confronti l'azione di risarcimento non dovrebbe né potrebbe essere più rivolta, oppure, alternativamente, ad una (possibile) affermazione di responsabilità del magistrato con la (eventualmente) concorrente e coesistente responsabilità dello Stato. Senza che, in quest'ultimo caso, ne siano in alcun modo disciplinate le modalità. E' evidente che si tratterebbe non già di conseguenze dell'abrogazione, cui porre rimedio con la ricostruzione sistematica ed interpretativa, ma dell'assoluta equivocità della domanda referendaria nella sua oggettiva espressione, tale da non consentire una consapevole scelta tra alternative certe e prefigurate, come è essenziale nella prospettiva referendaria.

5.-- La richiesta referendaria, preordinata all'affermazione di una responsabilità civile dei magistrati piena e diretta, altera dunque l'impianto della speciale disciplina senza rendere evidente la conseguente collocazione dello Stato, e determina un'obiettiva ambiguità. Ne risulta, secondo i criteri di giudizio fissati da questa Corte (v. sentenze nn. 27 del 1981, 36 del 1993 e 6 del 1995), una domanda caratterizzata da una complessiva assenza di chiarezza: il che impedisce all'elettore la piena consapevolezza del significato del voto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), richiesta dichiarata legittima con ordinanza dell'11-13 dicembre 1996 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 1997

F.to Renato GRANATA, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1997