Sentenza n. 358 del 1996

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SENTENZA N. 358

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 669- octies, primo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa l'11 settembre 1995 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Gandelli Legnami s.r.l. e Casamirra e Kramm GMBH s.r.l., iscritta al n. 66 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

1. -- Con ordinanza emessa in data 11 dicembre 1995, il Pretore di Torino - autorizzato il sequestro conservativo richiesto dalla s.r.l. "Gandelli Legnami" contro la s.r.l. "Casamirra e Kramm GMBH", con sede in Mannheim (Germania) - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 669-octies, primo comma, del codice di procedura civile, <nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di merito debba effettuarsi all'estero, il termine dell'inizio del giudizio di merito possa essere triplicato dal giudice che ha emesso l'ordinanza di accoglimento>.

Secondo il giudice a quo, la norma censurata contrasta, in primo luogo, con l'art. 3 della Costituzione, là dove determina una disparità di trattamento - riferita a situazioni processuali omogenee quanto alle sottese finalità di speditezza del procedimento e di controllo, riconnesse agli effetti caducatori del concesso provvedimento cautelare in caso di mancato rispetto dei termini perentori ivi rispettivamente sanciti - con la fattispecie disciplinata dall'art.669- sexies dello stesso codice di rito, nella quale ultima solamente e' stabilito, per il caso in cui la notificazione del provvedimento emesso inaudita altera parte debba effettuarsi all'estero, che il termine perentorio massimo di otto giorni concedibile dal giudice possa essere da questi triplicato.

Osserva il rimettente che tale disomogeneità appare irragionevole ove si consideri che, per la predisposizione e la notifica dell'atto introduttivo del giudizio di merito (che e' atto primario del diritto di azione e di difesa, dalla cui corretta impostazione dipende spesso l'esito della lite), il legislatore - pure se consapevole della complessità dell'attività di notificazione all'estero - ha previsto un termine massimo superiore solo di pochi giorni rispetto a quello esteso ex art. 669- sexies, per la mera opera di notifica del ricorso e del pedissequo decreto. Tanto più che - immutato (ai sensi dell'art.163-bis del codice di procedura civile) il termine di 120 giorni della vocatio in ius del convenuto sedente all'estero - questi può tranquillamente attendere l'esito della notificazione e chiedere l'inefficacia del provvedimento cautelare nell'ipotesi di cui al successivo art. 669-novies.

Da qui anche la violazione dell'art. 24 della Costituzione, in ragione della conseguente difficoltà di esercizio del diritto alla difesa, non potendosi revocare in dubbio - secondo il rimettente - che il termine massimo attualmente sancito dalla norma censurata comporti (nella speranza che il compimento della notificazione all'estero, nei tempi e nei modi di cui agli artt. 142 e 143 del codice di procedura civile, non valichi il limite massimo legale o concesso dal giudice) <un più che probabile rischio di vedersi vanificati gli effetti del provvedimento cautelare già ottenuto>, certamente non favorendo l'impostazione del giudizio di merito, così rendendo difficoltoso l'esercizio della stessa azione.

2. -- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, poichè la mancata previsione di un'ulteriore proroga del termine sancito dalla norma de qua (già di per se' più lungo di quello triplicato di cui al precedente art. 669- sexies) sembra rispondere ad un criterio razionale. Tanto più che detto termine (da vagliarsi <anche in relazione alle esigenze cautelari di un certo tipo di processo>) non potrebbe essere ritenuto troppo breve e tale da rendere particolarmente difficile la materiale predisposizione dell'atto introduttivo del giudizio, ove si consideri che la richiesta di concessione di un provvedimento cautelare non può logicamente non essere preceduta dallo studio del merito del processo, cui la tutela e' strumentale.

Considerato in diritto

1. -- Il Pretore di Torino dubita della legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 669-octies del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di merito debba effettuarsi all'estero, il termine per l'inizio del giudizio di merito possa essere triplicato dal giudice che ha emesso l'ordinanza di accoglimento.

Secondo il rimettente, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, determinando una disparità di trattamento con la fattispecie disciplinata dall'art. 669- sexies dello stesso codice di rito, nella quale ultima soltanto e' stabilito, per il caso in cui la notificazione del provvedimento emesso inaudita altera parte debba effettuarsi all'estero, che il termine perentorio massimo di otto giorni concedibile dal giudice possa essere da questi triplicato.

La norma violerebbe, altresì, l'art.24 della Costituzione, in ragione della difficoltà di esercizio del diritto di azione e di difesa conseguente alla esiguità del previsto termine, entro il quale la parte - oltre alla già di per se' complessa attività di notificazione, da eseguirsi nei tempi e nei modi di cui agli artt. 142 e 143 del codice di procedura civile - deve anche previamente predisporre l'atto introduttivo del giudizio di merito: da ciò, il <più che probabile rischio di vedersi vanificati gli effetti del provvedimento cautelare già ottenuto>.

2. -- La questione non e' fondata.

2.1. -- Questa Corte, con la sentenza n. 69 del 1994, pronunciandosi in tema di notificazione all'estero dei provvedimenti di sequestro emessi ante causam secondo la normativa anteriore alla riforma di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale - per violazione degli stessi parametri ora evocati - degli artt. 142, terzo comma, 143, terzo comma, e 680, primo comma, del codice di procedura civile, <nella parte in cui non prevedono che la notificazione all'estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell'osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle formalità imposte al notificante dalle convenzioni internazionali e dagli artt.30 e 75 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200>.

In quella sede la Corte ha ritenuto privo di giustificazione, irrazionale e lesivo del diritto di difesa il meccanismo procedurale (predisposto dagli artt.9 e 10 della legge 6 febbraio 1981, n. 42, che hanno rispettivamente introdotto e modificato il terzo comma di ciascuno dei citati artt. 142 e 143 del codice di rito), in virtù del quale la notificazione all'estero si perfezionava soltanto con l'arrivo dell'atto nella sfera di conoscibilità del destinatario. L'innovazione legislativa ritenuta illegittima aveva sostanzialmente rovesciato il principio generale, che governa la materia, della sempre possibile <scissione soggettiva> fra il momento perfezionativo per la parte istante e quello di efficacia per il destinatario della notificazione all'estero, precedentemente sancito dalla Corte (sentenza n. 10 del 1978), secondo cui la necessità della conoscibilità dell'atto da parte del destinatario non pregiudica comunque gli interessi del richiedente, <poichè la notificazione nei suoi confronti si perfeziona e produce i suoi effetti, compresi quelli impeditivi della decadenza, con il compimento delle formalità indicate nell'art. 142>.

Il meccanismo della notificazione all'estero, sotto il suo aspetto funzionale, e' stato dunque definitivamente modificato dall'intervenuta declaratoria di incostituzionalità di cui alla citata sentenza n. 69 del 1994, la quale assume una valenza generale poichè trascende la specifica fattispecie oggetto di quel giudizio e coinvolge il complessivo sistema notificatorio degli atti processuali risultante dagli artt. 142 e 143 del codice di procedura civile, delimitandone l'àmbito di operatività, le modalità ed i momenti di perfezionamento a seconda dei soggetti coinvolti e, soprattutto, a prescindere dal contenuto degli atti stessi.

2.2. -- L'interpretazione dell'art. 669-octies, conforme all'intervento di questa Corte, che il rimettente non mostra di conoscere, consente allora di ritenere la denunciata norma immune dai prospettati vizi di incostituzionalità.

Infatti la scissione soggettiva dei momenti di perfezionamento e di operatività della notificazione, ed il correlato principio di sufficienza del compimento di quelle formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante, elidono il supposto notevole aggravamento derivante dal segmento estero della notificazione a persona non residente ne' dimorante ne' domiciliata in Italia; facendo così ritenere il termine di trenta giorni in esame congruo a soddisfare il diritto dell'attore ad un'adeguata e meditata predisposizione dell'atto introduttivo del giudizio di merito, nel rispetto della generale esigenza di speditezza ontologicamente caratterizzante, anche nei suoi esiti, il procedimento cautelare uniforme (v. sentenza n. 253 del 1994). Non va in proposito trascurata la funzione di provvisoria assicurazione degli effetti della futura decisione di merito, che e' propria della tutela cautelare: il rapporto di necessaria strumentalità tra la cautela e il diritto da far valere in via ordinaria, comporta che chi richiede il provvedimento ex art. 669-ter già si sia rappresentato con chiarezza la prospettazione della domanda ed abbia, in tutto o in gran parte, esaminato i dati di fatto e di diritto su cui impostare l'atto introduttivo della causa di merito.

Ne' su tale ponderazione di congruità può influire il confronto che il rimettente opera col termine di cui al secondo comma dell'art. 669-sexies, perchè questo, pur attraverso la triplicazione prevista dall'ultimo comma dell'articolo stesso, non potrebbe mai superare i ventiquattro giorni e quindi resterebbe comunque inferiore al termine previsto dalla denunciata norma.

2.3. -- Codesta apprezzabile differenza quantitativa, insieme con la diversa collocazione e specifica funzione dei due termini in argomento, rende inoltre del tutto inidoneo il tertium comparationis indicato dal rimettente nel prospettare altresì la violazione del principio d'eguaglianza.

La norma dianzi richiamata e quella denunciata, pur partecipando all'uniforme sistema introdotto dalla legge 26 novembre 1990, n.353, disciplinano momenti procedimentali differenti, il primo dei quali (ex art. 669- sexies) caratterizzato ed influenzato dall'assenza di una previa instaurazione del contraddittorio, e l'altro (art.669-octies) successivo alla definizione della fase sommaria, svoltasi in contraddittorio tra le parti. Sul piano teleologico poi la non comparabilità dei due termini appare evidente ove si consideri che quello previsto dall'art. 669-sexies e' da ricollegarsi all'esigenza di far proseguire, nel contraddittorio tra le parti, il giudizio cautelare, onde assicurare il controllo del giudice della cautela sui presupposti del decreto emesso inaudita altera parte e la conseguente pronuncia dell'ordinanza di conferma, modifica o revoca, laddove il termine di cui all'art. 669-octies e' diretto a consentire il sollecito inizio del giudizio di merito, rispetto al quale il provvedimento cautelare si pone come strumentale.

Le due norme, insomma, mirano a realizzare esigenze diverse, entrambe al servizio di princìpi fondamentali, che conservano intatta la loro portata precettiva anche quando i relativi atti o provvedimenti devono essere notificati all'estero. E ciò significa che non sono omogenee le situazioni poste a confronto dal giudice a quo; con conseguente irrilevanza, ai fini dello scrutinio ex art. 3 Cost., della denunciata divergenza fra i due paradigmi normativi che le concernono.

Divergenza che, dunque, andrebbe semmai vista come mera disarmonia normativa per la non rispettata relazione simmetrica fra i paradigmi stessi. Ma, d'altronde, si tratterebbe di un'asimmetria razionalmente spiegabile con la considerazione che il legislatore - alla cui piena discrezionalità e' rimessa la conformazione del processo - abbia ritenuto non necessario ne' conveniente, in ragione della congruità in ogni caso del termine di trenta giorni, conferire al giudice il potere di triplicazione attribuitogli invece con riguardo a quello molto più breve di otto giorni previsto dall'art. 669- sexies, che oltretutto e' correlato ad altro termine di soli quindici giorni (anch'essi triplicabili) per la fissazione dell'udienza di comparizione delle parti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 669-octies, primo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Torino con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/10/96.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 22/10/96.