Sentenza n. 307 del 1996

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SENTENZA N. 307

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2751-bis numero 5 del codice civile e 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l'artigianato), promosso con ordinanza emessa il 4 ottobre 1995 dalTribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra F.lli Bianchet s.n.c. e Fallimento Edilizia Industrializzata Martini s.r.l., iscritta al n. 846 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1.-- Nel corso di un procedimento di opposizione allo stato passivo promosso dalla s.n.c. F.lli Bianchet nei confronti del Fallimento Edilizia Industrializzata Martini s.r.l., il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa in data 24 ottobre 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2751-bis numero 5 cod. civ. e 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l'artigianato).

Premette in fatto il giudice a quo che la s.n.c. F.lli Bianchet ha lamentato la propria esclusione, in sede di verificazione dello stato passivo, dalla categoria dei crediti privilegiati e la conseguente ammissione della stessa per l'importo insinuato in sede chirografaria. Il giudice delegato, infatti, non aveva ritenuto sussistente il privilegio ex art. 2751-bis numero 5 cod. civ. in ragione della natura e delle dimensioni dell'impresa; l'opponente, tuttavia, ha invocato il disposto di cui all'art. 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443, il quale stabilisce che l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa artigiana nei relativi albi fa stato a tutti gli effetti di legge, con la conseguenza che il giudice non poteva che prendere atto dello status di artigiano per la sola iscrizione nel registro.

Osserva il rimettente che, ove si sia in presenza, come nella fattispecie, di un artigiano residente in una Regione a statuto speciale, i poteri del giudice circa la sussistenza della qualità di impresa artigiana, sia valutativi che in punto di disapplicazione dell'atto di iscrizione nel relativo registro, vengono vanificati dal precetto dell'art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985, secondo cui l'iscrizione dell'impresa nei relativi albi fa stato a tutti gli effetti di legge.

L'esclusione di qualsivoglia sindacato in ordine alla reale consistenza dell'impresa comporterebbe, pertanto, che imprese nelle stesse situazioni dimensionali vengano trattate diversamente ai fini della collocazione concorsuale, con evidente disparità di trattamento.

Osserva, infine, il giudice a quo che le argomentazioni contenute nella sentenza n. 336 del 1989 dovrebbero essere estese anche in punto di privilegio generale sui mobili, materia questa che non consentirebbe violazioni del principio di uguaglianza connesse alla mera localizzazione territoriale dei soggetti interessati.

2.-- Nel giudizio avanti alla Corte costituzionale non si è costituita alcuna delle parti private né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1.-- Il Tribunale di Firenze dubita della legittimità costituzionale degli artt. 2751-bis numero 5 cod. civ. e 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l'artigianato), nella parte in cui non prevedono che, a fini diversi da quelli inclusi nelle materie di esclusiva potestà regionale nelle Regioni a statuto speciale, il giudice possa valutare l'effettiva consistenza dell'impresa iscritta come artigiana per riconoscere o meno il privilegio previsto dallo stesso art. 2751-bis numero 5 cod. civ. Tali disposizioni si porrebbero in contrasto con gli artt. 3, 24 e 117 della Costituzione, in quanto imprese che si trovano nelle stesse situazioni dimensionali vengono trattate diversamente ai fini della collocazione concorsuale unicamente in ragione della loro ubicazione territoriale.

2.-- La questione non è fondata nei termini che verranno di seguito precisati.

L'interpretazione data dal giudice rimettente alla disposizione censurata non è la sola consentita dalla lettera della legge ed è inoltre contraddetta da parte della giurisprudenza. Lo stesso giudice a quo è pur consapevole del fatto che, nonostante il letterale tenore dell'art. 5 della legge-quadro sull'artigianato, che qualifica "costitutiva" l'iscrizione nell'albo dell'imprese artigiane, alcune sentenze riconoscono al giudice la possibilità di accertare se effettivamente sussistano i requisiti prescritti dalla legge perché un'impresa venga definita artigiana. Tuttavia l'ordinanza di rimessione rileva che, quando si tratti di un artigiano residente in una Regione a statuto speciale, i poteri del giudice, sia valutativi che in punto di disapplicazione dell'atto, vengono vanificati dal puntuale precetto dell'art. 13, sesto comma, della legge-quadro, secondo cui l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa artigiana nei relativi albi, disciplinata dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome aventi competenza primaria in materia di artigianato, fa stato a tutti gli effetti di legge.

Il rimettente, pertanto, trae la conclusione per cui, oltre a non essere consentito al giudice nessun tipo di sindacato in ordine alla reale consistenza dell'impresa, al medesimo sarebbe anche preclusa la possibilità di disapplicare l'atto amministrativo di iscrizione, traducendosi tale attività in una non consentita disapplicazione della legge.

3.-- La disciplina dell'impresa artigiana è da molto tempo oggetto di vari interventi normativi e di contrastanti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali.

La legge 25 luglio 1956, n. 860, che costituisce il primo intervento organico sulla materia, conteneva innanzitutto (art. 1, primo comma) l'affermazione secondo cui è "artigiana, a tutti gli effetti di legge, l'impresa che risponde ai seguenti requisiti fondamentali"; dopo aver definito in tre punti tali requisiti, il legislatore precisava (art. 1, secondo comma) che "la qualifica artigiana di un'impresa è comprovata dall'iscrizione nell'albo di cui all'art. 9". L'ultimo comma di tale disposizione stabiliva poi che l'iscrizione nell'albo è condizione per la concessione delle agevolazioni disposte a favore delle imprese artigiane.

Nonostante l'assenza di un'esplicita previsione legislativa, la prevalente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale era orientata nel senso che l'iscrizione fosse di natura costitutiva e che pertanto gli enti erogatori dei benefici non potessero disconoscere detta qualifica ai soggetti iscritti nell'albo, salvo la revisione triennale delle imprese iscritte ed il procedimento di verifica previsto dagli artt. 10 e 11 della citata legge n. 860 del 1956.

Tuttavia la giurisprudenza della Corte di cassazione, pur ravvisando nell'iscrizione natura di presupposto necessario per fruire delle agevolazioni, specie tributarie, disposte a favore di tale categoria di imprese, precisava che essa non valeva a costituire ad altri fini un vero e proprio status delle imprese stesse, né a far sorgere presunzioni vincolanti per altri effetti.

4.-- Nella successiva legge-quadro 8 agosto 1985, n. 443, veniva affermato espressamente (art. 5, quarto comma) che "l'iscrizione all'albo è costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane". Da tale nuova formula sono derivati numerosi contrasti interpretativi; il Consiglio di Stato, con parere 3 ottobre 1986, ha ritenuto che la nuova legge non abbia apportato sostanziali innovazioni in ordine al potere del giudice ordinario di sindacare l'atto amministrativo di iscrizione per fini diversi da quelli agevolativi.

Più recentemente, la legge 29 dicembre 1993, n. 580 ha disposto all'art. 8 che le imprese artigiane iscritte agli albi siano altresì annotate in una sezione speciale del nuovo registro istituito presso le camere di commercio, senza peraltro disporre ulteriori innovazioni.

Carattere innovativo va invece ravvisato in ordine alla disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 13 della legge-quadro n. 443 del 1985, secondo cui "le norme della presente legge non si applicano nel territorio delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome che abbiano competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale. Nelle medesime l'efficacia costitutiva dell'iscrizione negli albi disciplinati dai rispettivi ordinamenti fa stato a tutti gli effetti di legge".

5.-- Tale norma è stata già oggetto di scrutinio, sia pure in via indiretta, da parte di questa Corte nella sentenza n. 336 del 1989, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 9, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48, nella parte in cui disponeva che l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa artigiana negli albi, disciplinata dalle leggi emanate dalle Regioni a statuto speciale o dalle Province autonome, che abbiano competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale, faccia stato agli effetti della definizione dell'impresa ai fini previdenziali.

Pur dichiarando inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985, la Corte ha espressamente affermato che il principio costituzionale di eguaglianza non consente che in una materia quale quella previdenziale possano sussistere disparità di trattamento motivate dalla mera localizzazione territoriale dei soggetti interessati, in mancanza di specifiche peculiari ragioni tali da richiedere l'adozione di discipline differenziate.

La sentenza n. 336 del 1989 è pervenuta alla declaratoria di incostituzionalità della norma del citato art. 5, comma 9 - che fa esplicito riferimento all'art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985 - per il motivo che lo stesso, oltre a richiamare il principio per cui l'iscrizione ha efficacia costitutiva a tutti gli effetti, aggiunge in modo testuale un esplicito riferimento alla materia previdenziale. A sostegno della pronuncia, la Corte ha argomentato nel senso che, essendo la materia previdenziale esclusa dalla sfera di competenza normativa delle Regioni, non è conforme a Costituzione che "la definizione di impresa artigiana posta dalle leggi delle Regioni o Province autonome dotate di competenza primaria in materia di artigianato abbia effetto a fini previdenziali".

Ciò non esclude, peraltro, che, in relazione ad altri effetti, diversi da agevolazioni di natura pubblicistica o dalla materia previdenziale, le norme oggetto del presente giudizio possano superare il vaglio di costituzionalità, ove correttamente interpretate.

6.-- Va innanzitutto rilevato che l'interpretazione fatta propria dal giudice a quo non risulta uniformemente accolta dalla giurisprudenza di merito; parte di tale giurisprudenza ritiene, infatti, che, avendo l'iscrizione nell'albo dell'imprese artigiane natura di atto amministrativo, sussiste il conseguente potere di disapplicazione da parte del giudice ordinario quando questi ne ravvisi l'illegittimità. E tale interpretazione, come già detto in precedenza, è stata ripetutamente ribadita anche dalla Corte di cassazione, la quale, sia pure sotto il vigore della precedente legge sull'artigianato, ha negato che la mera iscrizione potesse far sorgere automaticamente il diritto al privilegio di cui all'art. 2751-bis numero 5 cod. civ.

L'iscrizione all'albo delle imprese artigiane costituisce, invero, presupposto necessario per fruire delle agevolazioni previste dalla legge-quadro, ma non vale a costituire una presunzione assoluta, né a determinare uno status insindacabile da parte del giudice ordinario; né può pervenirsi a diversa conclusione per le imprese iscritte negli albi delle Regioni a statuto speciale senza incorrere nella lesione del principio di uguaglianza.

Benché, infatti, la materia dell'artigianato rientri nella competenza normativa primaria delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, la possibilità di dettare una normativa parzialmente difforme e di maggior favore per le imprese artigiane ivi ubicate, anche con effetti esterni a detti territori, incontra in ogni caso il limite costituito dai principi della Costituzione e dalle norme fondamentali dello Stato, tra cui va compreso anche il principio della parità di trattamento dei soggetti nel diritto privato.

Questa Corte ha, in proposito, più volte chiarito (v. sentenze nn. 462 del 1995, 441 del 1994 e 35 del 1992) che il limite alla competenza regionale in relazione al diritto privato si basa sull'esigenza che sia assicurata su tutto il territorio nazionale una uniformità di disciplina e di trattamento riguardo ai rapporti intercorrenti tra i soggetti privati, trattandosi di rapporti legati allo svolgimento delle libertà giuridicamente garantite ai predetti soggetti ed al correlativo requisito costituzionale del godimento di tale libertà in condizioni di formale eguaglianza (artt. 2 e 3 della Costituzione). Tale limite verrebbe ad essere vulnerato ove si riconoscesse il diritto al privilegio sui crediti, di cui all'art. 2751-bis numero 5 cod. civ., in base alla mera localizzazione territoriale dell'impresa creditrice.

D'altra parte, poiché la disposizione impugnata è suscettibile di diversa interpretazione, va ribadito il principio più volte affermato da questa Corte (da ultimo, sentenze n. 296 del 1995 e 149 del 1994) secondo cui il giudice rimettente, nell'operare la ricognizione del contenuto normativo della disposizione, deve costantemente essere guidato dall'esigenza di rispetto dei precetti costituzionali e quindi, ove un'interpretazione appaia confliggente con alcuno di essi, è tenuto - soprattutto in mancanza di diritto vivente - ad adottare letture alternative maggiormente aderenti ai principi costituzionali altrimenti vulnerati.

7.-- Conclusivamente, la Corte ritiene che le norme impugnate vadano interpretate nel senso di riconoscere che l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane, anche nell'ambito delle Regioni a statuto speciale o Province autonome, costituisce il presupposto per fruire delle agevolazioni previste dalla legge-quadro o da altre disposizioni, ma non vale a far sorgere una presunzione assoluta circa la qualifica artigiana dell'impresa stessa ai fini del riconoscimento del privilegio generale sui mobili previsto dal codice civile; al contrario, è consentito al giudice di sindacare la reale consistenza dell'impresa creditrice, con la conseguente eventuale disapplicazione dell'atto amministrativo di iscrizione all'albo, una volta accertatane l'illegittimità.

Così interpretate, le norme denunziate si sottraggono alle censure di incostituzionalità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2751-bis numero 5 del codice civile e 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l'artigianato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 117 della Costituzione, dal Tribunale di Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1996.