Sentenza n. 260 del 1996

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SENTENZA N. 260

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 68, quinto e sesto comma, della legge della Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41 (Nuove norme per il personale dell'amministrazione regionale), promosso con ordinanza emessa il 15 febbraio 1995 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana sui ricorsi riuniti proposti da Campo Gesualdo contro l'Assessorato ai beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione della Regione Siciliana e dall' Assessorato ai beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione della Regione Siciliana contro Campo Gesualdo, iscritta al n. 783 del registro ordinanza 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione di Campo Gesualdo, nonché l'atto di intervento della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 16 aprile 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

udito l'avvocato Antonio Romano per Campo Gesualdo e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un giudizio di appello avverso una decisione del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia sezione di Catania che aveva, tra l'altro, ritenuto valutabile, ai fini della ricostruzione della carriera, il servizio prestato in qualità di borsista presso la Soprintendenza ai beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione di Catania dall'Arch. Gesualdo Campo, divenuto poi dirigente tecnico e direttore della Sezione beni paesistici, architettonici, ambientali e della pubblica istruzione di Messina, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza del 15 febbraio 1995, pervenuta alla Corte costituzionale il 17 ottobre 1995 (R.O. n. 783 del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 68, quinto e sesto comma, della legge della Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41 (Nuove norme per il personale dell'amministrazione regionale) per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

La norma denunciata, al quinto comma, prevede, in favore del personale regionale, il riconoscimento dei "servizi svolti continuativamente presso l'università nella docenza universitaria in posizione di "assistente volontario", "laureato esercitatore", titolare di borsa di studio di cui alle leggi 31 ottobre 1956, n. 946 e 24 febbraio 1967, n. 62, nonché titolare di borsa di studio del Consiglio nazionale delle ricerche o assegnata a seguito di concorso"; ed aggiunge, al sesto comma, che "per i predetti servizi, da considerarsi per l'intero anno accademico, sono fatte salve le istanze di cui alle leggi regionali 28 maggio 1979, n. 114, e 2 agosto 1982, n. 76".

Il Tribunale amministrativo regionale aveva ritenuto applicabile la norma estensivamente anche a borse di studio utilizzate al di fuori dell'università, e, pertanto, aveva ritenuto valutabile il periodo dal 2 novembre 1981 al 1° novembre 1982, in cui l'Arch. Campo, quale assegnatario di borsa di studio istituita ai sensi dell'art. 20, secondo comma, della legge regionale 1° agosto 1977, n. 80, aveva prestato servizio presso la Soprintendenza di Catania.

Il collegio rimettente non ha condiviso tale interpretazione, rilevando che il citato art. 68 prende in considerazione solo i servizi svolti continuativamente presso l'università nella docenza universitaria. Peraltro, tale limitazione determinerebbe, ad avviso del predetto collegio, una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti degli assegnatari di altre borse, come, nella specie, quelle previste dall'art. 20, secondo comma, della legge regionale 1° agosto 1977, n. 80, che autorizza l'assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione ad istituire borse di studio annuali in numero non superiore a trenta, da utilizzarsi per motivate esigenze di alta specializzazione, presso qualificati istituti italiani o esteri.

Gli assegnatari, che godrebbero del beneficio di cui all'art. 68 della legge impugnata ove abbiano prestato servizio presso istituti universitari, ne sarebbero, invece, irragionevolmente privati, se, per esigenze e disposizione della stessa amministrazione, siano stati "inviati presso una soprintendenza" anziché presso un'università, "e vi abbiano prestato servizio".

2. Nel giudizio si è costituita la parte privata, Arch. Campo, chiedendo la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata.

3. Ha, altresì, spiegato intervento il Presidente della Regione Siciliana, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione. Ha rilevato in proposito che l'assegnazione dell'interessato alla soprintendenza e non all'università non sarebbe frutto di una scelta dell'amministrazione, ma sarebbe stata, invece, dovuta alla stessa disposizione di cui all'art. 20 della legge regionale n. 80 del 1977, che, al primo comma, prevede la utilizzazione presso le università del personale dipendente (qualifica all'epoca non rivestita dal Campo) e, al secondo comma, la utilizzazione di borsisti presso altri istituti.

Pertanto, date le differenti situazioni giuridiche, non sussisterebbe la violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Né sarebbe pertinente il richiamo all'art. 97 della Costituzione, essendo la norma denunciata estranea alla materia della organizzazione degli uffici o della attribuzione delle funzioni ai dipendenti.

Del resto, il riconoscimento a fini di carriera e pensionistici di periodi di servizio prestato in qualità di borsista costituirebbe una deroga eccezionale all'opposto principio generale della legislazione nazionale, operata nell'esercizio dell'ampia discrezionalità del legislatore nella materia, e, come tale, non applicabile estensivamente ad altre fattispecie non previste dalla legge.

4. Nell'imminenza dell'udienza, la difesa della parte privata ha depositato una memoria nella quale insiste per l'accoglimento della questione, denunciando l'intrinseca irragionevolezza della norma impugnata, che esclude la valutabilità ai fini della carriera di un periodo di servizio prestato presso la stessa amministrazione, che è stato considerato titolo idoneo per l'accesso in via privilegiata al relativo ruolo.

Nella memoria si evidenzia, altresì, l'elevato livello scientifico delle soprintendenze ai beni culturali ed ambientali, sicché ogni discriminazione tra soggetti che hanno goduto della borsa di studio presso le università e coloro che ne hanno fruito presso le soprintendenze sarebbe priva di fondamento.

Considerato in diritto

1. Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana ha sottoposto a scrutinio di legittimità costituzionale l'art. 68, quinto e sesto comma, della legge di quella Regione 29 ottobre 1985, n. 41 (Nuove norme per il personale dell'amministrazione regionale) nella parte in cui, nel riconoscere, ai fini della ricostruzione della carriera dei dipendenti regionali, i servizi svolti continuativamente presso l'università in posizione di "assistente volontario", "laureato esercitatore", titolare di borsa di studio di addestramento didattico e scientifico, nonché di borsa di studio del Consiglio nazionale delle ricerche o assegnata a seguito di concorso, esclude la valutazione dei servizi prestati da coloro che abbiano beneficiato di borse di studio presso gli organi della stessa amministrazione che le ha assegnate. Il mancato riconoscimento di tali servizi, ad avviso del collegio rimettente, determinerebbe, in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, una ingiustificata disparità di trattamento in danno di coloro che, per esigenze e disposizione dell'amministrazione, abbiano prestato la loro attività presso la stessa amministrazione anziché presso l'università.

2. La questione non è fondata.

L'art. 68, primo comma, della legge della Regione Siciliana n. 41 del 1985 disciplina la valutabilità, in favore del personale dell'amministrazione regionale in servizio alla data del 1° gennaio 1985, ai fini della progressione giuridica ed economica, nonché del trattamento di quiescenza, dei servizi pregressi. Tali servizi sono individuati in quelli già indicati dall'art. 9 della legge regionale 2 agosto 1982, n. 76, che, a sua volta, si richiama alle precedenti leggi regionali 28 maggio 1979, n. 114, 1° agosto 1974, n. 34, e 3 giugno 1975, n. 38. Si tratta dei servizi prestati "presso uffici centrali o periferici delle amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, o altri enti pubblici sottoposti a tutela o vigilanza dello Stato o della Regione o, a qualsiasi titolo, alle dipendenze di uffici centrali o periferici dell'amministrazione regionale..." (art. 1 della legge regionale n. 114 del 1979), nonché del servizio prestato presso le soppresse scuole professionali regionali (art. 5 della legge regionale n. 34 del 1974) o, ancora, di quello svolto in qualità di incaricato presso le scuole sussidiarie istituite con la legge regionale siciliana 23 settembre 1947, n. 13 (art. 6 della legge regionale n. 38 del 1975).

A tale analitica previsione, che comprende servizi riconducibili a rapporti di pubblico impiego, anche se non di ruolo (o ad essi assimilabili per funzioni e natura sostanziale del rapporto), il comma quinto dell'art. 68 citato ha aggiunto altre categorie, stabilendo che "per i fini di cui al primo comma sono considerati utili i servizi svolti continuativamente presso l'università nella "docenza universitaria" in posizione di "assistente volontario", "laureato esercitatore", titolare di borsa di studio di cui alle leggi 31 ottobre 1956, n. 946 (recte: 31 ottobre 1966, n. 942) e 24 febbraio 1967, n. 62" di addestramento didattico e scientifico "nonché titolare di borsa di studio del Consiglio nazionale delle ricerche o assegnata a seguito di concorso". Il comma successivo precisa che "per i predetti servizi, da considerarsi per l'intero anno accademico, sono fatte salve le istanze di cui alle leggi regionali 28 maggio 1979, n. 114, e 2 agosto 1982, n. 76".

Il legislatore siciliano ha, cioè, inteso riconoscere, a fini di carriera e pensionistici, i servizi accomunati da un unico denominatore di "docenza", cioè di elevata qualificazione didattica e scientifica, resi in ambito universitario anteriormente alla immissione nei ruoli del personale regionale, assimilandoli a quelli di cui all'art. 68, primo comma.

3. La elencazione dei servizi contenuta nell'art. 68, quinto comma, che riveste, come risulta dalla dizione della norma, carattere tassativo, e non meramente indicativo, porta a considerare utili, ai fini della ricostruzione della carriera e del trattamento di quiescenza, soltanto i servizi "docenza" prestati presso le università, ivi compresi quelli svolti dai borsisti, non prendendo in considerazione, quindi, i periodi di fruizione di altre borse di studio non collegate a "docenza" e per di più assegnate da altri enti e altrove godute.

Peraltro, tale esclusione non può essere considerata una violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, né dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Al riguardo, la Corte ha già avvertito che non esiste un comune canone, enucleabile dalla legislazione in materia di pubblico impiego, al quale si possa attribuire la valenza di norma generale sul riconoscimento, ai fini della carriera, dei servizi prestati (sentenza n. 305 del 1995).

In siffatto quadro, spetta alla discrezionalità del legislatore nella specie di quello regionale stabilire, ai fini della progressione in carriera dei dipendenti, l'incidenza dei servizi prestati e graduare il rilievo degli stessi (v. sentenza n. 19 del 1989), con una valutazione che può essere censurata solo sul piano della ragionevolezza, ovvero in caso di differente trattamento di situazioni giuridiche identiche: ciò non è ravvisabile nella fattispecie all'odierno esame. Il legislatore ha ragionevolmente ritenuto di attribuire rilievo al servizio prestato nell'ambito della "docenza universitaria", cui non sono equiparabili i periodi di fruizione di borse di studio presso altri enti, e non lo sono, in particolare, quelli previsti dall'art. 20, secondo comma, della legge della Regione Siciliana 1° agosto 1977, n. 80, all'origine della vicenda che ha dato luogo al presente giudizio di costituzionalità.

La citata disposizione prevede che l'assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione sia autorizzato, sentito il consiglio regionale, ad istituire borse di studio annuali, in numero non superiore a trenta, da utilizzarsi "per motivate esigenze di alta specializzazione, presso qualificati istituti italiani o esteri".

Appare di tutta evidenza che l'assegnazione di tali borse di studio non è correlata né alla instaurazione di un qualsivoglia rapporto di lavoro di natura subordinata, elemento che, per quanto si è chiarito sopra, caratterizza le ipotesi principali cui il legislatore ha inteso attribuire rilievo ai fini della ricostruzione e progressione della carriera dei dipendenti regionali, né ad esplicazione di attività di "docenza universitaria". Invece, nel caso di cui si discute, la borsa di studio era intesa semplicemente a realizzare un'attività di miglioramento ed approfondimento culturale e di esperienza anche pratica del borsista presso istituti, in essi ricomprendendosi, nell'applicazione concreta, anche le amministrazioni specializzate nel settore. Attività cui non si è, poi, trascurato di attribuire una qualche specifica valenza, tant'è che, ai sensi dell'art. 18, ultimo comma, della legge regionale 7 novembre 1980, n. 116, la fruizione delle predette borse di studio è stata riconosciuta quale titolo per l'ammissione ai concorsi per l'accesso nei ruoli dell'amministrazione dei beni culturali in Sicilia, nel rispettivo settore, dando, altresì, luogo ad esenzione dall'obbligo dell'anno di specializzazione, previsto per tutti gli altri vincitori degli stessi concorsi.

Con ciò è rimasta confermata la finalità di specializzazione delle predette borse di studio.

Nella prima applicazione della stessa legge n. 116 del 1980, i vincitori delle borse di studio in questione sono stati, altresì, ammessi ad un beneficio eccezionale, in sostituzione del sistema tipico concorsuale di accesso, cioè la sottoposizione ad un semplice esame di idoneità per l'accesso alla qualifica iniziale di dirigente tecnico presso la citata amministrazione dei beni culturali.

Ma non è lecito desumere, da tale quadro normativo, alcun obbligo, costituzionalmente sanzionato, del legislatore di estendere la norma di favore prevista per le categorie di cui all'art. 68, quinto e sesto comma, della legge regionale n. 41 del 1985 alle diverse ipotesi di cui all'art. 20, secondo comma, della legge regionale n. 80 del 1977. E ciò a prescindere dall'ente presso il quale sia stata fruita la borsa di studio, ma esclusivamente in virtù della distinta natura, peculiarità e finalità delle borse previste nelle diverse norme.

Tant'è che non risulta che sia stato riconosciuto il periodo di servizio svolto dai fruitori delle borse, ex art. 20, secondo comma, della citata legge regionale n. 80 del 1977, neanche qualora occasionalmente prestato presso istituzioni universitarie anziché, come nel caso di specie, presso la Sovrintendenza ai beni culturali, ambientali e della pubblica istruzione della Regione Siciliana.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 68, quinto e sesto comma, della legge della Regione Siciliana 29 ottobre 1985, n. 41 (Nuove norme per il personale dell'amministrazione regionale), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 luglio 1996.