Sentenza n. 253 del 1996

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SENTENZA N. 253

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 19 agosto 1995, depositato in cancelleria il 28 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del 12 maggio 1995, recante: "Modalità di attuazione degli artt. 16, comma 17, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e 16, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, in materia di riserva all'erario, dal 1° gennaio 1994, del gettito derivante dagli interventi in materia di entrate di cui alle predette disposizioni legislative", iscritto al n. 30 del registro conflitti 1995.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 25 giugno 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

uditi gli avvocati Francesco Torre e Giovanni Lo Bue per la Regione Siciliana e l'avvocato dello Stato Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. -- Con ricorso ritualmente notificato, depositato in cancelleria il 28 agosto 1995, la Regione Siciliana ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto emanato dal Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, il 12 maggio 1995 (Modalità di attuazione degli articoli 16, comma 17, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e 16, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, in materia di riserva all'erario, dal 1° gennaio 1994, del gettito derivante dagli interventi in materia di entrate di cui alle predette disposizioni legislative), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 144, serie generale, del 22 giugno 1995. La Regione ritiene che tale decreto violi le attribuzioni regionali in materia finanziaria, previste dall'art. 36 dello statuto (approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e dalle relative norme di attuazione (art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074).

La Regione ricorrente ha chiesto, quindi, l'annullamento del decreto nella parte in cui esso sottrae alla Regione, anche con effetto retroattivo, incrementi di imposta arbitrariamente inclusi tra le nuove entrate riservate all'erario dall'art. 16, comma 17, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e dall'art. 16, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1994, n. 133.

Il decreto ministeriale denunciato definisce le modalità di determinazione e di attribuzione degli incrementi di imposta (per gli anni 1994, 1995, 1996 e seguenti), che derivano dalle disposizioni in materia di entrata stabilite con gli interventi correttivi di finanza pubblica previsti, appunto, dalla legge n. 537 del 1993 e dal decreto-legge n. 557 del 1993, i quali riservano all'erario le entrate aggiuntive per concorrere alla copertura degli oneri del debito pubblico e per il riequilibrio del bilancio dello Stato, in conformità agli impegni assunti in sede comunitaria.

Lo stesso decreto prevede, inoltre, che, sulla base dei dati definitivi, sia effettuato il conguaglio delle somme corrisposte in sede di previsione (art. 10).

La Regione ricorrente non contesta la riserva allo Stato degli incrementi di imposta derivanti dagli interventi correttivi di finanza pubblica disposti con i provvedimenti legislativi che il decreto ministeriale impugnato intende attuare, ma ritiene discutibile la determinazione presuntiva delle variazioni del gettito dei tributi considerati ed irragionevole il calcolo delle nuove entrate riscosse nel territorio della Regione.

Il correttivo al sistema di attribuzione delle entrate effettuato in base ai dati previsionali, introdotto dall'art. 10, comma 2, sulla scorta dei dati definitivi, renderebbe non tempestivo il previsto conguaglio e ritardato il riconoscimento di eventuali spettanze regionali.

2. -- Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato nel merito.

L'Avvocatura sottolinea che il decreto impugnato risponde alla necessità di far affluire direttamente all'erario gli incrementi di imposte riscosse nella Regione Siciliana, incrementi che si verificano per effetto degli interventi correttivi di finanza pubblica stabiliti con la legge n. 537 del 1993 e con il decreto-legge n. 557 del 1993. La determinazione della previsione di maggior gettito, spettante allo Stato, è stata stabilita dal decreto impugnato sulla base del raffronto con la previsione di competenza dei capitoli di bilancio dello Stato cui quelle entrate affluiscono, in modo da ottenere per ciascun capitolo l'incidenza percentuale prodotta dagli incrementi provocati dalle nuove leggi. Le percentuali così ottenute sono state poi applicate alle previsioni di bilancio della Regione Siciliana, per ottenere il prevedibile incremento delle imposte riscosse nella Regione, da attribuire allo Stato.

L'Avvocatura prende atto che la Regione, senza contestare la legittimità delle leggi che riservano allo Stato il gettito di questi interventi straordinari in materia finanziaria, ritiene che siano discutibili solo i criteri di determinazione quantitativa del gettito stesso. L'Avvocatura sostiene che la valutazione del gettito, determinata in sede di previsione, sia sufficientemente precisa. Eventuali errori, sempre possibili trattandosi di una previsione, sarebbero corretti in sede di conguaglio, che potrà portare tanto ad un dare quanto ad un avere da parte della Regione.

L'Avvocatura sottolinea che i dubbi avanzati sulla determinazione del gettito derivante dalle misure urgenti di finanza pubblica, se portassero all'annullamento del decreto, avrebbero l'effetto di far acquisire alla Regione le entrate che la legge riserva allo Stato.

Considerato in diritto

1. -- La Regione Siciliana, denunciandolo come invasivo di proprie attribuzioni in materia finanziaria (art. 36 dello statuto ed art. 2 delle norme di attuazione emanate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074), chiede l'annullamento del decreto emanato il 12 maggio 1995 dal Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, che, ricorrendo ad un criterio di valutazione presuntiva, determina il maggior gettito delle entrate, riservate allo Stato, derivanti dalle misure urgenti di risanamento della finanza pubblica disposte con la legge 24 dicembre 1993, n. 537 e con il decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1994, n. 133.

Il calcolo viene effettuato per quantità globali, determinando le incidenze percentuali di incremento, previste per i capitoli di entrata del bilancio dello Stato che vengono in considerazione, per effetto delle disposizioni legislative da attuare. Applicando tali percentuali di incremento alle previsioni triennali di bilancio della Regione Siciliana, si determina presuntivamente il maggior gettito, riservato all'erario, delle imposte riscosse nella Regione come effetto delle medesime disposizioni legislative.

2. -- Il ricorso non è fondato.

Non è posta in discussione l'attribuzione allo Stato delle entrate tributarie conseguenti agli interventi correttivi di finanza pubblica, disposti con provvedimenti legislativi che destinano le nuove entrate alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico ed all'attuazione degli impegni di riequilibrio del bilancio dello Stato assunti in sede comunitaria (art. 16, comma 17, della legge n. 537 del 1993; art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 557 del 1993).

Difatti le norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria, pur stabilendo che spettano alla Regione tutte le entrate erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, prevedono che a tale regola si deroghi per le nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato, con apposite leggi, alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato, specificate dalle leggi medesime (art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074).

Posta la legittimità della destinazione allo Stato del maggior gettito di imposta che deriva dagli interventi legislativi in questione, certamente la determinazione quantitativa del gettito stesso, calcolato proiettando su base regionale l'incremento percentuale delle entrate previsto su base nazionale, non lede le attribuzioni regionali.

Il criterio, necessariamente presuntivo, seguito dal decreto denunciato per la stima preventiva e provvisoria dell'incremento nel gettito delle imposte riservate allo Stato, si basa su di un ragionevole calcolo, la cui attendibilità non è oggetto di specifica e argomentata contestazione. Né mancano i correttivi, giacché lo stesso decreto prevede che, acquisiti i dati definitivi, si provveda al conguaglio delle somme di spettanza dello Stato o della Regione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato e, per esso, al Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, disporre con decreto modalità di attuazione dell'art. 16, comma 17, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e dell'art. 16, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1994, n. 133, in materia di riserva all'erario, dal 1° gennaio 1994, del gettito derivante dagli interventi in materia di entrate di cui alle predette disposizioni legislative.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1996.