Sentenza n. 214 del 1996

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SENTENZA N. 214

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 70 del codice di procedura civile promossi con due ordinanze emesse il 20 dicembre 1994 dal Tribunale di Roma nei procedimenti civili vertenti tra D'Alessandro Olivia e De Angelis Andrea e Maffei Patrizia e Morosini Marco, iscritte ai nn. 741 e 742 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Udito nella camera di consiglio del 15 maggio 1996 il Giudice relatore Renato Granata.

Ritenuto in fatto

1. -- Con due ordinanze di identico contenuto, in data 20 dicembre 1994, emesse in altrettanti giudizi promossi dalla madre di un minore per ottenere dal padre naturale l'aumento del contributo per il mantenimento del medesimo, l'adito Tribunale di Roma ha sollevato d'ufficio questione incidentale di legittimità costituzionale - per contrasto con l'art. 30, comma terzo, della Costituzione - dell'art. 70 del codice di procedura civile nella parte in cui detta norma non prevede, anche in tali giudizi, l'intervento obbligatorio del pubblico ministero.

Premessa la rilevanza della questione (che, se accolta, comporterebbe nel giudizio a quo la necessità della previa trasmissione degli atti al pubblico ministero per il suo intervento a norma dell'art. 71 del codice di procedura civile, in luogo della immediata spedizione della causa a sentenza), il tribunale ha poi sottolineato - in punto di non manifesta infondatezza della questione così prospettata - che l'intervento obbligatorio del pubblico ministero è, allo stato, prescritto nelle cause di separazione personale tra coniugi (art. 70, primo comma, numero 2 del codice di procedura civile), in quelle di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 5, primo comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898), nonché nei procedimenti di revisione delle relative pronunce, ove si tratti di modificazioni dei provvedimenti riguardanti la prole (art. 710 del codice di procedura civile nel testo risultante dalla sentenza n. 416 del 1992 della Corte costituzionale e art.9, primo comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898).

Ha rilevato ancora come, già nella sentenza n. 185 del 1986, la Corte abbia individuato la ragione del riferito intervento proprio nell'"esigenza di assicurare una particolare tutela nell'interesse morale e materiale dei minorenni". Per cui la mancanza di una analoga salvaguardia per i figli nati fuori del matrimonio, nelle cause vertenti tra genitori naturali e relative alla misura del contributo di mantenimento, in cui pur v'è un uguale interesse del figlio minore, darebbe appunto luogo ad una irragionevole disparità di trattamento in danno dei figli naturali, in contrasto con il principio enunciato dall'art. 30, terzo comma, della Costituzione.

2. -- In nessuno dei menzionati giudizi vi è stata costituzione di parti, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. -- I due giudizi vanno previamente riuniti per l'identità della questione che ne forma oggetto.

2. -- Con detta questione - sollevata in altrettante controversie fra genitori naturali relative alla misura del rispettivo obbligo di mantenimento nei confronti del figlio - il Tribunale a quo sostanzialmente rivendica ai figli naturali la stessa tutela accordata dall'ordinamento ai figli legittimi. E - sulla premessa interpretativa che nelle cause, di analogo contenuto, tra coniugi divorziati o separati, l'interesse dei figli legittimi sia tutelato dall'intervento del pubblico ministero ai sensi, rispettivamente, dell'art. 9 della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 13 della legge n. 74 del 1987, e dell'art. 710 del codice di procedura civile, nel testo risultante dalla sentenza n. 416 del 1992 - denuncia l'art. 70 del codice di procedura civile, che elenca i casi di intervento obbligatorio del pubblico ministero, nella parte in cui detta norma non prescrive un siffatto intervento anche nelle controversie relative alla determinazione dell'assegno di mantenimento in favore dei figli naturali, per contrasto con l'art. 30 della Costituzione.

3. -- Preliminarmente, rileva la Corte che l'esegesi del Tribunale rimettente in ordine al contenuto delle disposizioni assunte a tertium comparationis appare non in linea con alcune recenti sentenze della Corte di cassazione che sembrerebbero piuttosto orientate nel senso di escludere che l'intervento del pubblico ministero, quale ivi prescritto, sia riferibile anche alle statuizioni puramente economiche (sia pur) relative ai figli (cfr. Cass. 4273/1991, 7774 e 9157/1993).

Peraltro - poiché, per la non univocità di dette pronunzie, un "diritto vivente" sul punto non può dirsi ancora formato, né in un senso né nell'altro - la Corte non ravvisa motivi per discostarsi, in punto di rilevanza, dalla interpretazione, non implausibile, del Tribunale a quo. La cui impugnativa supera quindi il controllo di ammissibilità.

4. -- Nel merito, pertanto, la questione si risolve, propriamente, nello stabilire se nelle controversie tra genitori naturali, per l'adozione dei "provvedimenti relativi ai figli", debba intervenire il pubblico ministero, similmente a quanto prescritto dai citati artt. 9 della legge n. 878 del 1970 e 710 del codice di procedura civile per gli analoghi provvedimenti concernenti i figli legittimi di genitori divorziati o separati: restando viceversa impregiudicato il problema ermeneutico - che, una volta superato il vaglio della rilevanza, riguarda non più la Corte ma il giudice a quo - se tra tali provvedimenti, "relativi ai figli", rientrino, o meno, anche quelli concernenti (unicamente) l'an e il quantum del loro mantenimento.

4.1. -- In questi termini, la questione è fondata.

Infatti, il parametro costituzionale (art. 30, comma terzo), correttamente invocato, effettivamente postula che ai figli nati fuori dal matrimonio sia assicurata tutela eguale a quella attribuita ai figli legittimi, compatibilmente con i diritti dei membri della famiglia legittima (cfr. sentenza n.55 del 1979).

Ora, appunto, l'intervento del pubblico ministero, nei giudizi tra coniugi (separati o divorziati) che comportino provvedimenti relativi ai figli, innegabilmente risponde - come del resto già ritenuto con sentenza n. 416 del 1992 - ad una particolare esigenza di tutela degli interessi di questi ultimi. Identica tutela va quindi garantita ai figli naturali, non ricorrendo, nella specie, ragione alcuna di incompatibilità, ostativa ad una siffatta equiparazione.

4.2. -- Va pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 70 del codice di procedura civile nella parte in cui non prescrive l'intervento del pubblico ministero nei giudizi tra genitori naturali che comportino l'adozione di "provvedimenti relativi ai figli", nei sensi di cui agli artt. 9 della legge n. 898 del 1970 e 710 del codice di procedura civile (nel testo risultante dalla sentenza n. 416 del 1992).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 70 del codice di procedura civile nella parte in cui non prescrive l'intervento obbligatorio del pubblico ministero nei giudizi tra genitori naturali che comportino "provvedimenti relativi ai figli", nei sensi di cui agli artt. 9 della legge n.898 del 1970 e 710 del codice di procedura civile come risulta a seguito della sentenza n. 416 del 1992.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 giugno 1996.