Sentenza n. 180 del 1996

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SENTENZA N. 180

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Dott. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 27 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), dell'art. 4, numero 3, della legge della Regione Liguria 2 marzo 1973, n. 9 (recte: 29 marzo 1973, n. 9) (Disciplina per la Regione Liguria dell'esercizio delle funzioni trasferite o delegate dal d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera), dell'art. 7 della legge della Regione Liguria 29 giugno 1981, n. 23 (Norme relative all'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria) e dell'art. 14 della legge della Regione Liguria 11 giugno 1984, n. 30 (Norme per l'igiene e la sicurezza negli ambienti di lavoro e per l'organizzazione e il funzionamento dei presìdi multizonali di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro), promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1995 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sul ricorso proposto da Progetti e Costruzioni s.r.l. ed altra contro Unità sanitaria locale n. 14 - Genova V ed altra, iscritta al n. 799 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di costituzione della Progetti e Costruzioni s.r.l. ed altra, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 aprile 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

udito l'avvocato Massimo Luciani per la Progetti e Costruzioni s.r.l. ed altra e l'Avvocato dello Stato Plinio Sacchetto per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso di un giudizio amministrativo - promosso per ottenere l'annullamento della deliberazione della Giunta regionale della Liguria n. 3496 del 29 luglio 1992 (avente ad oggetto la determinazione delle tariffe per gli accertamenti e per le indagini in materia di igiene e sanità pubblica espletati su interesse dei privati) e della nota di richiesta della Unità sanitaria locale di pagamento dei relativi diritti per esame del progetto in relazione ad una domanda di rilascio di concessione edilizia - il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, con ordinanza emessa il 18 maggio 1995, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), dell'art. 4, numero 3, della legge della Regione Liguria 29 marzo 1973, n. 9 (Disciplina per la Regione Liguria dell'esercizio delle funzioni trasferite o delegate dal d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera), dell'art. 7 della legge della Regione Liguria 29 giugno 1981, n. 23 (Norme relative all'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria), nonché dell'art. 14 della legge della Regione Liguria 11 giugno 1984, n. 30 (Norme per l'igiene e la sicurezza negli ambienti di lavoro e per l'organizzazione e il funzionamento dei presìdi multizonali di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro). Tali norme si porrebbero in contrasto con l'art. 23 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono criteri per la determinazione delle tariffe per il rilascio del parere igienico-sanitario da parte delle U.S.L. in materia edilizia.

Secondo il rimettente, la materia rientra nel quadro degli accertamenti previsti dall'art. 220 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 - che affida all'ufficiale sanitario del Comune il visto sui progetti edilizi, con la potestà da parte del Prefetto di fissare le tariffe -, con funzione dapprima delegata alle Regioni dall'art. 13, numero 6, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, e quindi definitivamente ad esse trasferita con il censurato art. 27 del d.P.R. n. 616 del 1977. Precisa il rimettente che tale art. 27 viene sottoposto al vaglio di questa Corte specificamente nel "punto in cui alla Regione si rimette il potere di fissare le tariffe in argomento senza fornire i parametri o i criteri minimi per il rispetto della riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione"; criteri e parametri che sono assunti altresì nelle altre norme denunciate, nelle quali - secondo il giudice a quo - manca qualsiasi statuizione che vincoli l'azione della P.A., la cui discrezionalità viene così ad essere altissima.

Il Collegio rimettente assimila la configurazione giuridica dei versamenti in esame a quella delle tasse sulle concessioni amministrative, costituente una forma di obbligazione pubblica che dovrebbe rientrare tra quelle governate dall'art. 23 della Costituzione, di cui questa Corte ha sempre riconosciuto una larga ricaduta, ricomprendendo sotto la sua applicazione ogni prestazione patrimoniale in cui non concorra la volontà del privato, ovvero in cui il servizio o la funzione siano richiesti alla mano pubblica unica depositaria, qualora essi siano essenziali ai bisogni della vita.

2. -- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza delle questioni.

In particolare osserva l'Avvocatura generale che, in termini di rilevanza, la prospettazione offerta dal Tribunale amministrativo regionale appare contraddittoria (o quantomeno ondivaga), là dove - riconosciuta l'assoluta mancanza di qualsiasi dimostrazione della dedotta "concreta pretesa sproporzione della tariffa relativa ai pareri igienico-sanitari sulle attività costruttive oggetto del ricorso", ed attribuita alla "assenza di qualsiasi statuizione" la lamentata altissima discrezionalità dell'azione amministrativa - sostanzialmente affida alla prospettata questione di costituzionalità la verifica della fondatezza della doglianza. Aggiunge, poi, che il rimettente ha errato nel censurare la norma statale de qua, nel cui contesto non risulta affatto demandato alla Regione il potere di imporre oneri o tariffe per il servizio di che trattasi (la cui fonte sarebbe da ricercarsi verosimilmente in altre disposizioni regionali).

Infine, l'Avvocatura generale rileva che il tipo di prestazione offerta nella fattispecie ai soggetti privati richiedenti difficilmente può essere qualificato come servizio o funzione direttamente essenziale ai bisogni della vita, e conseguentemente sottolinea la genericità ed approssimazione dell'ordinanza di rimessione là dove assimila i versamenti in questione alle tasse sulle concessioni amministrative.

3. -- Si sono, altresì, costituite con atti di identico contenuto la s.r.l. Progetti e Costruzioni e l'Assedil-Associazione costruttori edili della provincia di Genova (rispettivamente ricorrente ed interventrice volontaria ad adiuvandum nel giudizio a quo), che hanno concluso per l'accoglimento delle questioni.

La difesa delle parti private rileva come le norme censurate stabiliscano solo il potere della Regione (e segnatamente della Giunta) di determinare e di aggiornare le tariffe in oggetto, senza fornire alcun parametro o alcun criterio - neppure di massima - cui ragguagliare tali determinazioni. Ciò contrasterebbe con l'interpretazione generalmente seguita da questa Corte, secondo la quale il rispetto della riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione implica la necessaria determinazione, da parte della fonte legislativa, di parametri di riferimento che quantomeno limitino la discrezionalità della fonte secondaria nel disciplinare puntualmente la prestazione imposta.

Tale riserva - aggiungono le parti private - deve ritenersi operante anche rispetto alle tariffe in questione, costituenti corresponsioni di denaro pretese a fronte di attività imposte dalla legge ed erogabili solo da soggetti pubblici.

In prossimità dell'udienza, le parti private hanno depositato due memorie di identico contenuto, in cui illustrano più diffusamente siffatta tesi, senza peraltro apportare nuovi elementi di giudizio.

Considerato in diritto

1. -- Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria dubita della legittimità costituzionale dell'art. 27 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), dell'art. 4, numero 3, della legge della Regione Liguria 29 marzo 1973, n. 9 (Disciplina per la Regione Liguria dell'esercizio delle funzioni trasferite o delegate dal d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera), dell'art. 7 della legge della Regione Liguria 29 giugno 1981, n. 23 (Norme relative all'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria), nonché dell'art. 14 della legge della Regione Liguria 11 giugno 1984, n. 30 (Norme per l'igiene e la sicurezza negli ambienti di lavoro e per l'organizzazione e il funzionamento dei presìdi multizonali di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro).

Tutte le norme impugnate si porrebbero in contrasto con l'art. 23 della Costituzione, in quanto non conterrebbero l'indicazione dei criteri di determinazione delle tariffe per il rilascio del parere igienico-sanitario richiesto alle Unità sanitarie locali da parte dei privati in materia edilizia, e così risulterebbe assente qualsiasi statuizione atta a vincolare l'azione della pubblica amministrazione, la quale verrebbe dunque a godere di una discrezionalità senza limiti.

2. -- Preliminarmente dev'essere disattesa l'eccezione d'inammissibilità per difetto di rilevanza, la motivazione della quale - secondo l'Avvocatura dello Stato - sarebbe "contraddittoria (o quanto meno ondivaga) e quindi in ogni caso inadeguata... dal momento che il Tribunale amministrativo regionale, riconosciuta l'assoluta mancanza di qualsiasi dimostrazione della "concreta pretesa sproporzione della tariffa relativa ai pareri igienico-sanitari sulle attività costruttive oggetto del ricorso" affida alla ipotizzata questione di costituzionalità la verifica della fondatezza della doglianza".

Dalla lettura dell'ordinanza di rimessione, infatti, si evince con chiarezza come il Tribunale amministrativo regionale ritenga (con valutazione condotta in base a considerazioni non implausibili e perciò sottratta al controllo di questa Corte) che - in assenza di dati fattuali da cui desumere l'invalidità della delibera regionale, avente ad oggetto la determinazione delle considerate tariffe, e della conseguente richiesta di pagamento della U.S.L. - la soluzione dei sollevati dubbi di costituzionalità delle norme censurate assuma diretta incidenza sul thema decidendum del giudizio amministrativo.

3. -- Nel merito, le questioni sono infondate.

3.1. -- Non v'è dubbio che alle tariffe in esame, siccome determinate con unilaterale atto autoritativo, alla cui adozione non concorre la volontà del privato - il quale si limita ad avvalersi di un servizio normativamente riservato alla mano pubblica, onde soddisfare un essenziale bisogno della vita, com'è quello legato al concreto esercizio dello ius aedificandi ed al successivo rilascio della licenza di abitabilità (v. sentenze n. 127 del 1988 e n. 72 del 1969) -, sia da attribuire la natura di "prestazioni patrimoniali imposte", soggette dunque alla garanzia dettata dall'art. 23 della Costituzione.

Ma tale parametro - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte - prevede una riserva a carattere relativo, la quale non esige che la prestazione sia imposta "per legge" (da cui risultino espressamente individuati tutti i presupposti e gli elementi), ma richiede soltanto che essa sia istituita "in base alla legge" (v. sentenze nn. 236 e 90 del 1994). Sicché la norma costituzionale deve ritenersi rispettata anche in assenza di un'espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a circoscrivere l'àmbito di discrezionalità della pubblica amministrazione, purché gli stessi siano desumibili dalla destinazione della prestazione, ovvero dalla composizione e dal funzionamento degli organi competenti a determinarne la misura (v. sentenze n. 182 del 1994 e n. 507 del 1988), secondo un modulo procedimentale idoneo ad evitare possibili arbitrî.

3.2. -- Ciò premesso, v'è anzitutto da rilevare come alla denuncia dell'art. 27 del d.P.R. n. 616 del 1977 vada attribuito un valore puramente negativo, che non concorre certo al corretto inquadramento della complessa censura, da considerarsi indirizzata piuttosto sulla sequenza delle leggi regionali congiuntamente impugnate. Ed invero detta norma mira solo - in linea con la delega contenuta nell'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382 - a completare e ridefinire il trasferimento dallo Stato alle Regioni di funzioni amministrative già delegate, relativamente alla materia de qua, dall'art. 13, secondo comma, numero 6, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4. Essa non contiene, neppure implicitamente, alcuna disposizione idonea ad essere interpretata come istitutiva delle menzionate tariffe per il rilascio dei pareri igienico-sanitari; sicché, per ciò stesso, non potrebbe prevederne i relativi criteri e limiti.

Il richiesto vaglio di costituzionalità va quindi focalizzato sulla normativa di fonte regionale, dopo avere ancora una volta qui ribadito che l'imposizione di una prestazione patrimoniale operata da una legge regionale è costituzionalmente legittima in via di principio (v. sentenze n. 148 del 1979 e n. 64 del 1965).

3.3. -- Il denunciato art. 4, numero 3, della legge della Regione Liguria 29 marzo 1973, n. 9 prevede che "Al Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore incaricato, sentita la Giunta, spetta: ... 3) l'approvazione delle tariffe concernenti: ... b) le prestazioni eseguite nell'interesse privato da parte degli ufficiali sanitari, di cui al r.d. 27 luglio 1934, n. 1256" (unica previsione, questa, evidentemente oggetto di censura, seppur non espressamente specificato).

L'art. 7 della legge della Regione Liguria 29 giugno 1981, n. 23 stabilisce, a sua volta, che "Le tariffe per gli accertamenti e per le indagini in materia di igiene e sanità pubblica, medicina legale e veterinaria espletati nell'interesse dei privati e su loro richiesta dalle unità sanitarie locali, sono stabilite dalla Giunta regionale sentito il Comitato sanitario regionale di cui all'art. 26 (modificativo dell'art. 10 della citata legge regionale n. 9 del 1973)".

Infine, l'art. 14 della legge della Regione Liguria 11 giugno 1984, n. 30 dispone, al primo comma, che "Le unità sanitarie locali possono svolgere mediante i propri servizi o tramite i presìdi multizonali di prevenzione: a) attività per privati e per enti pubblici nonché attività di consulenza e supporto tecnico nei confronti degli enti locali"; e sancisce, all'ultimo comma, che "Le relative tariffe, qualora non previste da specifiche norme di legge o di regolamento, sono stabilite dalla Giunta regionale, sentito il Comitato regionale richiamato all'art. 1, primo comma (ossia il Comitato regionale per la tutela della salute e per la sicurezza negli ambienti di lavoro, istituito dall'art. 3 della legge della Regione Liguria 9 settembre 1974, n. 35, come modificato dall'art. 27 della citata legge regionale n. 23 del 1981)".

3.4. -- Da tutte le citate norme (susseguitesi nel tempo) emergono, non solo l'espressa compiuta identificazione dei soggetti tenuti alla prestazione e dell'oggetto nonché dello scopo di questa, ma implicitamente anche quei limiti e controlli sufficienti a impedire che il potere di imposizione sconfini nell'arbitrio.

E' vero infatti che le tariffe debbono essere approvate dalla Giunta regionale. Ma contestualmente è per legge disposta - onde assicurare un'effettiva congrua ponderazione degli interessi coinvolti - anche la partecipazione di organi consultivi, dotati di spiccata competenza tecnica desumibile dalla loro composizione ordinaria, allargata, nei casi previsti, alla partecipazione di altri esperti o di possibili categorie interessate (v. il citato art. 3 della legge della Regione Liguria n. 35 del 1974 quanto al Comitato regionale per la tutela della salute e per la sicurezza negli ambienti di lavoro, nonché gli artt. 10 e 11 della legge della Regione Liguria n. 9 del 1973 relativamente al Comitato sanitario regionale).

Proprio la qualificazione di codesto comitato, da un lato, e la collocazione del parere nel corso del procedimento, dall'altro lato, posti in relazione con l'estrema varietà e l'ampia latitudine che la materia edilizia può presentare in quest'àmbito, forniscono garanzia di oggettività nella concreta determinazione dell'onere e di adeguata ponderazione tecnica dei molteplici elementi implicati nella valutazione. La quale - occorre sottolineare - presuppone che vengano motivatamente comparati i costi reali e i corrispettivi poi indicati, restando anche sotto tale profilo soggetta ai controlli, non escluso quello giurisdizionale, generalmente previsti per i provvedimenti determinativi della pubblica amministrazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), dell'art. 4, numero 3, della legge della Regione Liguria 29 marzo 1973, n. 9 (Disciplina per la Regione Liguria dell'esercizio delle funzioni trasferite o delegate dal d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera), dell'art. 7 della legge della Regione Liguria 29 giugno 1981, n. 23 (Norme relative all'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria) e dell'art. 14 della legge della Regione Liguria 11 giugno 1984, n. 30 (Norme per l'igiene e la sicurezza negli ambienti di lavoro e per l'organizzazione e il funzionamento dei presìdi multizonali di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro), sollevate, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 maggio 1996.

Mauro FERRO, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 31 maggio 1996.