Ordinanza n. 147 del 1996

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ORDINANZA N. 147

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 309, comma 7, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 febbraio 1995) dal Tribunale di Alessandria sulla richiesta di riesame proposta da Carlo Mantelli, iscritta al n. 131 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 marzo 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

RITENUTO che con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 febbraio 1995) il Tribunale di Alessandria ha sollevato, in riferimento agli artt. 97 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 309, comma 7, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che sulla richiesta di riesame dell'ordinanza che dispone una misura coercitiva decide il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento, anziché il tribunale nel cui circondario ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento;

che il dubbio di legittimità costituzionale è stato sollevato nel corso di un procedimento di riesame dell'ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Casale Monferrato aveva disposto la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere a carico dell'imputato;

che, secondo il giudice rimettente, l'attribuzione della competenza al tribunale del capoluogo di provincia contrasterebbe con il principio di buona amministrazione, stabilito dall'art. 97 della Costituzione, sia perché dilaterebbe l'attività di tale tribunale, rendendola quindi più difficoltosa, sia perché la necessità di trasmettere gli atti da una sede giudiziaria all'altra ostacolerebbe la rapidità del procedimento, che deve concludersi in termini ristretti;

che la norma denunciata sarebbe inoltre irragionevole, giacché atti emanati dallo stesso organo e di identico contenuto sarebbero assoggettati ad una disciplina differenziata quanto al riesame: da richiedere ad un giudice territoriale diverso, se emessi da un tribunale non provinciale; da richiedere invece ad un giudice della stessa sede, se emessi da un tribunale provinciale;

che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

CONSIDERATO che il dubbio di legittimità costituzionale investe la competenza a decidere sulla richiesta di riesame, che l'art. 309, comma 7, del codice di procedura penale - mantenendo la disciplina già prevista dall'art. 263-ter, primo comma, del codice di procedura penale abrogato - attribuisce al tribunale del capoluogo della provincia in cui ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento, mentre l'ordinanza di rimessione ritiene che la competenza debba essere del tribunale nel cui circondario ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza impugnata;

che il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, stabilito dall'art. 97 della Costituzione ed invocato dal giudice rimettente, pur potendo riferirsi anche agli organi dell'amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l'ordinamento degli uffici giudiziari ed il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, mentre è del tutto estraneo alla materia dell'esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e quindi ai criteri di ripartizione delle competenze tra organi giudiziari (tra le molte, sentenza n. 313 del 1995; ordinanze n. 69 del 1996 e n. 257 del 1995);

che la scelta del legislatore di attribuire al tribunale del capoluogo di provincia la competenza sul riesame dei provvedimenti coercitivi, operata in base al bilanciamento tra l'esigenza di facile accesso all'organo di controllo delle misure restrittive della libertà personale e l'opportunità di evitare che vi possa essere una eccessiva vicinanza tra giudice dell'impugnazione e giudice che ha disposto la misura coercitiva, non appare irragionevole né, quindi, determina disparità di trattamento, tenuto anche conto del ristretto numero di giudici addetti al tribunale non provinciale e dell'incompatibilità tra la partecipazione al giudizio di riesame ed il successivo giudizio di merito (sentenza n. 131 del 1996);

che, pertanto, la questione è manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 309, comma 7, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 97 e 3 della Costituzione, dal Tribunale di Alessandria con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 maggio 1996.