Ordinanza n. 99 del 1996

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ORDINANZA N.99

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 511, comma 1, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 marzo 1995 dal Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, nel procedimento penale a carico di Baù Alessandro ed altri, iscritta al n. 358 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 1996 il Giudice relatore Mauro Ferri.

RITENUTO che il Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione, dell'art. 511, comma 1, del codice di procedura penale, "nella parte in cui prevede il potere-dovere del giudice di dare lettura dei verbali delle prove assunte nello stesso procedimento penale in fase dibattimentale da diverso giudice successivamente dichiaratosi incompatibile per ritenuta diversità del fatto";

che il giudice a quo premette che gli imputati erano stati inizialmente citati a giudizio dinanzi a diverso pretore, il quale, all'esito del dibattimento, aveva disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero per ritenuta diversità del fatto; successivamente, gli imputati venivano nuovamente citati a giudizio dinanzi allo stesso pretore che, in applicazione della sentenza di questa Corte n. 455 del 1994, si asteneva per incompatibilità; il procedimento perveniva alfine all'attuale remittente, il quale, effettuata l'istruzione dibattimentale (consistita, in pratica, in una rinnovazione del precedente dibattimento), sollevava la questione nei termini sopra indicati;

che, ad avviso del giudice a quo, il denunciato obbligo di lettura, con conseguente utilizzabilità dei verbali della pregressa fase dibattimentale svoltasi dinanzi al primo giudice, comporta "gravi incongruenze e distonie rispetto ai principi generali posti a fondamento del codice di rito";

che, in particolare, sarebbe irragionevole (art. 3 Cost.) considerare rispettosa del principio di immutabilità del giudice la semplice operazione formale della lettura degli atti, con conseguente introduzione, all'interno della fase dibattimentale, di una sorta di istruzione scritta; inoltre, risulterebbero lesi i principi dell'oralità e dell'immediatezza del dibattimento, sanciti nelle direttive numeri 2 e 66 della legge di delega, con violazione, quindi, dell'art. 76 della Costituzione;

che il remittente osserva ulteriormente che, qualora la disciplina censurata dovesse ritenersi legittima, sarebbe allora irragionevole, lesivo della direttiva della massima semplificazione del rito pretorile (art. 2, numero 103, della legge di delega), nonché del principio di buon andamento della pubblica amministrazione (con violazione, pertanto, degli artt. 3, 76 e 97 Cost.), l'aver previsto la possibilità di assumere una seconda volta i testimoni già esaminati in precedenza sui medesimi fatti; e che sarebbe altresì irragionevole la permanenza dei verbali delle prove assunte nella prima fase di istruzione dibattimentale nel fascicolo per il dibattimento, "posto che tale istruzione non potrebbe non essere ritenuta strettamente collegata al primo decreto di citazione, poi superato dal secondo emesso a seguito della trasmissione degli atti stessi";

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata, in quanto, a suo avviso, la norma impugnata, contrariamente alla tesi del remittente, non andrebbe interpretata nel senso di imporre - almeno nel caso di specie - la lettura degli atti del primo dibattimento.

CONSIDERATO che l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato, consistendo nel rilevare un presunto errore interpretativo sulla norma impugnata commesso dal giudice a quo, attiene, in realtà, al merito della questione;

che occorre, innanzitutto, rilevare che dal dispositivo dell'ordinanza di rimessione (sopra testualmente riportato) risulta che il petitum è inequivocabilmente circoscritto alla sola questione relativa all'obbligo di lettura dei verbali della pregressa fase dibattimentale; deve, di conseguenza, ritenersi che le considerazioni svolte dal remittente in ordine alla necessità di assumere nuovamente i testimoni già esaminati nel precedente dibattimento, nonché alla permanenza nel fascicolo per il dibattimento dei verbali della prima fase dibattimentale, non costituiscono autonome censure, bensì esclusivamente argomenti addotti a sostegno dell'unica questione sollevata;

che questa Corte, con la sentenza n. 17 del 1994 - premesso che il rispetto del principio di immutabilità del giudice di cui all'art. 525, comma 2, del codice di procedura penale impone che, in caso di mutamento del giudice stesso, si proceda alla integrale rinnovazione del dibattimento - ha già avuto modo di affermare che la disciplina relativa alla utilizzabilità dei verbali dei mezzi di prova assunti in una precedente fase dibattimentale da un diverso giudice va rinvenuta nell'impugnato art. 511 del codice, dato che detti verbali fanno parte del contenuto del fascicolo per il dibattimento a disposizione del nuovo giudice;

che ciò vale indubbiamente anche per il caso, come quello di specie, in cui il mutamento del giudice è conseguito alla trasmissione degli atti al pubblico ministero da parte del primo giudice, all'esito del dibattimento, ai sensi dell'art. 521, comma 2, del codice di procedura penale, e alla successiva astensione per incompatibilità del giudice medesimo in applicazione della sentenza di questa Corte n. 455 del 1994 (restando ovviamente salva, in quest'ultima ipotesi, la distinta regola di cui all'art. 42, comma 2, cod. proc. pen., circa la delimitazione dell'efficacia di singoli atti precedentemente compiuti dal giudice astenutosi);

che, ciò posto, deve escludersi che la disciplina impugnata - la quale, come chiaramente risulta dal tenore letterale della norma, impone al giudice la lettura (ovvero, a certe condizioni, la sola indicazione) dei verbali di dichiarazioni, di regola dopo il nuovo esame della persona che le ha rese, con conseguente utilizzabilità degli atti stessi ai fini della decisione - violi alcuno dei parametri costituzionali invocati;

che, invero, come si è detto nella citata sentenza n. 17 del 1994, la pregressa fase dibattimentale conserva indubbiamente il carattere di attività legittimamente compiuta, per cui certamente non è irragionevole, né lesivo dei principi di oralità e immediatezza del dibattimento, che la medesima, attraverso lo strumento della lettura (successivamente alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale), entri nel contraddittorio delle parti e venga recuperata ai fini della decisione;

che, infine, in ordine all'invocato art. 97 della Costituzione, va ribadita l'assoluta estraneità del principio di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale (da ultimo, sentenza n. 84 del 1996);

che, in conclusione, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 511, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Bassano del Grappa, sezione distaccata di Asiago, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 aprile 1996.