Ordinanza n. 69 del 1996

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ORDINANZA N.69

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Dott. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 14 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 29 marzo 1995 dal Pretore di Pescara nel procedimento civile vertente tra CIAMPOLI Sergio ed altra e CIAMPOLI Michele ed altri, iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

RITENUTO che, nel corso di un giudizio - nel quale gli attori avevano formulato due distinte domande il cui valore, cumulato, eccedeva la competenza pretorile, chiedendo tuttavia contenersi la condanna entro il limite di tale competenza - il Pretore di Pescara ha sollevato, con ordinanza emessa il 29 marzo 1995, questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 25 e 97 della Costituzione - degli artt. 10 e 14 del codice di procedura civile, nella parte in cui consentono, "secondo un principio costituente diritto vivente", che lo spostamento al giudice competente per valore a séguito di cumulo di domande non si produca in caso di riserva di contenimento espressa dalla parte;

che, secondo il giudice a quo, il foro locale si avvarrebbe frequentemente di tale possibilità, in quanto i tempi di definizione dei giudizi presso il Tribunale di Pescara sarebbero maggiori rispetto alla Pretura;

che le norme impugnate, a parere del rimettente, risulterebbero lesive della garanzia ex art. 25 della Costituzione, poiché consentirebbero alle parti di scegliersi il proprio giudice, nonché del principio di buon andamento ex art. 97 della Costituzione, poiché renderebbero vano ogni tentativo di distribuire razionalmente il carico di lavoro tra gli uffici giudiziari;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.

CONSIDERATO che la dichiarazione dell'attore di voler contenere il valore complessivo delle domande nei limiti della competenza del pretore adito e la conseguente individuazione di quest'ultimo come il giudice della controversia rappresentano indispensabili, quanto ovvii, corollari del principio secondo cui il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda e, più in generale, dal carattere dispositivo del processo civile;

che il richiamo all'art. 25 della Costituzione non è pertinente, tutelando esso solo l'esigenza che la competenza degli organi giudiziari, al fine di una garanzia rigorosa della loro imparzialità, venga sottratta ad ogni possibilità di arbitrio attraverso la precostituzione per legge del giudice in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista di singole controversie (v., da ultimo, ordinanza n. 130 del 1995);

che ancor meno pertinente appare il riferimento all'art. 97 della Costituzione, poiché - come questa Corte ha costantemente affermato - il principio di buon andamento e della imparzialità dell'amministrazione, sia pur riferibile anche agli organi di amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l'ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, mentre è del tutto estraneo al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale (v., ex plurimis, ordinanza n. 275 del 1994);

che la questione, concernente per il resto profili di mero fatto, è pertanto manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 e 14 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 25 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Pescara con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria l'8 marzo 1996.