Ordinanza n. 37 del 1996

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ORDINANZA N.37

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 188 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale) promosso con ordinanza emessa il 2 febbraio 1995 dal Pretore di Roma nel procedimento di esecuzione nei confronti di Pastinese Pietro, iscritta al n. 172 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 1996 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

RITENUTO che il Pretore di Roma, chiamato a pronunciarsi quale giudice della esecuzione su una richiesta concordemente rivoltagli dall'interessato e dal pubblico ministero intesa ad ottenere l'applicazione della disciplina del reato continuato in relazione a più sentenze di applicazione della pena pronunciate a norma dell'art. 444 cod.proc.pen., ha sollevato, in riferimento agli artt. 101, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 188 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), in quanto a parere del rimettente non sarebbe consentito al giudice della esecuzione alcun tipo di controllo circa l'esistenza dei presupposti di fatto e di diritto per applicare la disciplina del reato continuato e circa la congruità della pena concordata dalle parti.

CONSIDERATO che, contrariamente a quanto deduce il rimettente, deve ritenersi che al giudice della esecuzione spetti senz'altro, non soltanto il potere-dovere di verificare in concreto la sussistenza di tutti i presupposti cui l'ordinamento subordina l'applicazione della disciplina del reato continuato, fra i quali anche, attesi i limiti inerenti alla fase, la mancanza della condizione ostativa espressa dall'art. 671, comma 1, cod.proc.pen., ma anche quello di valutare la congruità della pena indicata dalle parti ai fini di quanto previsto dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione, tenuto conto della portata generale che assume il principio affermato e il decisum espresso nella sentenza n. 313 del 1990;

che, pertanto, risultando errata la premessa interpretativa da cui hanno tratto origine le censure, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 188 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 27, secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma con ordinanza del 2 febbraio 1995.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 febbraio 1996.