Sentenza n. 517 del 1995

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SENTENZA N. 517

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna notificato il 7 luglio 1995, depositato in cancelleria il 18 luglio 1995, per conflitto di attribuzione, sorto a seguito del decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, in data 25 maggio 1995 con il quale è stato disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei Sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza e nominato Commissario governativo del Consorzio medesimo il dott. Antonio Todisco ed iscritto al n. 22 del registro conflitti 1995.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 novembre 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

udito l'avvocato dello Stato Claudio Linda per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali 25 maggio 1995, con il quale è stato disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza e nominato Commissario governativo del Consorzio medesimo il dott. A. Todisco fino al 30 settembre 1995. Ritiene la Regione ricorrente che detto decreto sia in contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione agli artt. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, 66 e seguenti del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonchè 1, comma 2, e 2, comma 3, della legge 4 dicembre 1993, n. 491.

Nel motivare il ricorso, la Regione EmiliaRomagna rileva che il potere in questione, come disciplinato dall'art. 35 del decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1235 (richiamato nelle premesse del decreto oggetto del presente conflitto), fosse di spettanza del Ministero dell'agricoltura prima dell'attuazione della riforma regionale, ma deve ritenersi trasferito alle regioni a seguito della riallocazione delle funzioni agli enti territoriali operata mediante l'art. 11 del d.P.R. n. 11 del 1972.

Nè avrebbe pregio l'argomento relativo alla pretesa strumentalità dei Consorzi agrari rispetto alla programmazione agricola nazionale, dato che tali funzioni sono oggi esercitate dallo Stato mediante una propria azienda, l'AIMA, ora riordinata nell'EIMA, e che ai Consorzi agrari altro non spetta che la cura degli interessi degli operatori consorziati, tipicamente riferibili alla dimensione locale.

Qualora il potere in contestazione fosse riferito allo Stato, si avrebbe la conseguenza di privare le regioni di qualsiasi competenza sugli operatori economici in materia agricola, in contraddizione con le attribuzioni spettanti alle stesse in ordine all'attuazione della normativa CEE ed agli interventi previsti dagli artt. 66, lettere b) e c), e 67, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977.

E inoltre ritiene la Regione che la legge 4 dicembre 1993, n. 491, nell'attribuire al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali funzioni di (mero) coordinamento e non di amministrazione attiva, avrebbe implicitamente escluso ogni potere di vigilanza sui consorzi.

Qualora infine si dovesse ritenere che le funzioni di cui trattasi non rientrino tra quelle trasferite alle regioni, e che al contrario l'effettività di tale trasferimento, quale stabilito dall'art. 2 della legge n. 491 del 1993, risulti condizionata dall'emanazione di un regolamento governativo sottoposto ad un termine solo ordina torio di novanta giorni (già abbondantemente scaduto), la legge stessa dovrebbe essere dichiarata incostituzionale per violazione dell'art. 75 della Costituzione, in quanto ripristinatrice in capo al ministero di funzioni di amministrazione attiva incidenti su materie di competenza regionale; nonchè dell'VIII disposizione transitoria della Costituzione, in quanto la legge, così interpretata, consentirebbe che il suddetto trasferimento sia operato con atto amministrativo anzichè legislativo, in violazione pertanto della riserva di legge ivi stabilita.

2.Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso della Regione Emilia-Romagna sia rigettato. Ritiene la difesa erariale che il potere di vigilanza è prevalentemente connesso alle funzioni statali in materia di cooperazione, stante il disposto di cui all'art. 45 della Costituzione.

Con riguardo alla legge n. 491 del 1993, la stessa difesa rileva che le lettere b), c) e d) dell'art. 2 riservano allo Stato, in concorso con le regioni (art. 1, comma 4), l'elaborazione e l'attuazione di una politica agricola nazionale e comunitaria: pertanto, gli organismi attraverso i quali lo Stato attua la propria politica di mercato non possono considerarsi come entità autonome, bensì come entità convergenti in un unico sistema di rete nell'interesse del mondo agricolo.

In tal senso dovrebbero essere considerati i Consorzi agrari, in quanto operanti su tutto il territorio nazionale, ancorchè organizzati a livello provinciale ed interprovinciale, come risulterebbe altresì dall'aggregazione degli stessi nella Federazione nazionale dei Consorzi agrari, operata dal decreto legislativo n. 1235 del 1948.

Detta conclusione sarebbe altresì rafforzata dal disposto di cui all'art. 6, comma 1, lettera c), della legge n. 491 del 1993, che demanda ad un regolamento governativo il riordino o la soppressione degli enti vigilati dall'ex Ministero dell'agricoltura: non essendo ancora stato emanato il relativo regolamento, il potere di vigilanza deve ritenersi tuttora di competenza dello Stato.

Considerato in diritto

1.La Regione Emilia-Romagna, nell'impugnare il decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali 25 maggio 1995, con il quale è stato disposto lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza e nominato un Commissario governativo del Consorzio medesimo, dubita della spettanza di detto potere allo Stato, ed in particolare al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, in base agli artt. 117 e 118 della Costituzione, in riferimento all'art. 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11; agli artt. 66 e ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; agli artt. 1, comma 2, e 2, comma 3, della legge 4 dicembre 1993, n. 491.

Questione sostanzialmente identica era stata posta a questa Corte mediante analogo conflitto, proposto con ricorso della stessa Regione e nei confronti di un precedente decreto ministeriale (sebbene avente ad oggetto il medesimo Consorzio agrario), risolto con la sentenza n. 384 del 1995, nel senso della spettanza allo Stato di detto potere di scioglimento.

2.Occorre in primo luogo esaminare gli elementi di differenza del primo decreto rispetto a quello oggetto del presente conflitto, anche al fine di valutare l'ammissibilità di quest'ultimo.

Tali elementi riguardano quattro distinti profili: i presupposti motivanti l'emanazione del decreto; la persona fisica nominata Commissario governativo; la data stabilita per l'esercizio delle relative funzioni; i poteri attribuiti al suddetto Commissario.

Le differenze riscontrabili tra i predetti elementi sono sufficienti a ritenere che ci si trovi ora di fronte ad un decreto nuovo e diverso rispetto a quello precedente; relativamente al quale non valgono pertanto motivi di preclusione alla proposizione del conflitto.

3.Malgrado questo, va rilevato che il thema decidendum del presente conflitto non si discosta da quello proprio del precedente (se cioè il potere di sorveglianza sui consorzi agrari spetti allo Stato ovvero alle regioni), e anche i motivi a sostegno dei due conflitti rivelano molti aspetti di assonanza.

Prima di esaminarne il merito, va precisato che, come già affermato in precedenza da questa Corte, non è possibile attivare un nuovo procedi mento per esercitare, in forma surrettizia, un sindacato del merito di una decisione costituzionale (ordinanza n. 27 del 1990), e che pertanto il conflitto in esame deve essere inteso non come rivolto a censurare la precedente pronuncia ciò che certamente non è in alcun modo consentito quanto invece a rilevare i vizi del decreto in esame in relazione ai parametri invocati.

4.Con riferimento specifico a tale delimitazione del conflitto, occorre riaffermare la spettanza allo Stato delle competenze in esame. Vanno al riguardo ribadite le motivazioni poste a base della richiamata sentenza di questa Corte (n. 384 del 1995), secondo cui "i Consorzi agrari costituiscono a tutt'oggi strumenti dell'intervento pubblico sul mercato agricolo, e risultano pertanto ancora ispirati al conseguimento di finalità nazionali, finalità che in questa materia non risultano essere soddisfatte in via esclusiva da altri organismi (AIMA o EIMA)".

Ciò non vale ad escludere, peraltro, la possibilità, come sostenuto in questa sede anche dalla difesa erariale, che mediante il regolamento governativo previsto dall'art. 6, comma 1, lettera c), della legge n. 491 del 1993 si provveda, nell'ambito del riordino degli enti vigilati dall'ex Ministero dell'agricoltura, a una diversa attribuzione della funzione in oggetto, anche per rinvenire soluzioni che concilino l'esigenza del conseguimento di finalità nazionali ispiranti la natura dei Consorzi agrari e la loro convergenza in un unico sistema di rete nell'interesse del mondo agricolo (sentenza n. 384 del 1995) con quella di consentire alle regioni l'esercizio delle funzioni previste dalla normativa vigente, nella direzione indicata dalla volontà referendaria. 5.La Regione ricorrente richiede, in via subordinata, che questa Corte sollevi d'ufficio la questione di legittimità costituzionale della legge 4 dicembre 1993, n. 491, nella parte in cui ripristina in capo al Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali le funzioni di amministrazione attiva incidenti su materie di competenza regionale, in riferimento all'art. 75 e all'VIII disposizione transitoria della Costituzione. Detta richiesta non può essere accolta, sia in quanto ciò potrebbe trasformare il conflitto in un modo surrettizio di sollevare (fuori dai termini tassativamente stabiliti dagli artt. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87) la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni normative che stanno alla base dell'atto impugnato (da ultimo, sentenza n. 472 del 1995), sia perchè, come rilevato, la disposizione legislativa non esclude in modo tassativo un eventuale e diverso atteggiarsi in sede regolamentare delle competenze statali e regionali in materia.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato, e per esso al Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, disporre lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del Consorzio agrario provinciale di Piacenza, decretare il commissariamento dello stesso e nominare un Commissario governativo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/12/95.

Mauro FERRI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 22/12/95.