Sentenza n. 471 del 1995

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SENTENZA N.471

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 14 novembre 1994, depositato in cancelleria il 17 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito delle note del Ministero delle finanze n. 3/2138/93 del 24 novembre 1993 e n. 3/1373/94 del 10 agosto 1994, con cernenti il diniego di apertura di un conto corrente postale a cura dell'Ufficio del Registro di Roma per la riscossione delle tasse sulle concessioni governative regionali istituite con la legge delle Regione Siciliana 24 agosto 1993, n. 24, ed iscritto al n. 42 del registro conflitti 1994. Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso; uditi gli avvocati Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione Siciliana e l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Siciliana, in persona del Presidente pro-tempore, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla nota del Ministero delle finanze 10 agosto 1994, n. 3/1373/94, pervenuta all'assessorato regionale bilancio e finanze il 15 settembre 1994, nonchè alla nota 24 novembre 1993, n. 3/2138/93 Sic., aventi ad oggetto il diniego di apertura di un conto corrente postale a cura dell'Ufficio del Registro di Roma per la riscossione delle tasse sulle concessioni governative regionali istituite con legge regionale 24 agosto 1993, n. 24. Dopo aver premesso che la legge regionale da ultimo richiamata ha stabilito che alla riscossione delle tasse sulle concessioni governative si proceda tramite "l'Ufficio del Registro per le tasse sulle concessioni governative" di Roma (ex art. 2 del d.m. 12 dicembre 1972), la Regione ricorrente rileva che l'assessorato regionale del bilancio e delle finanze ha richiesto l'istituzione, da parte dell'amministrazione postale, di un apposito conto corrente per il versamento delle tasse sulle concessioni regionali in parola. Il Ministero delle finanze, con nota n. 3/2138/93 Sic. del 24 novembre 1993, ha ritenuto di non concordare con tale richiesta, sostenendo che la possibilità di avvalersi degli uffici periferici dell'amministrazione statale riguarderebbe soltanto la riscossione di tributi erariali di spettanza regionale, e non invece i tributi deliberati direttamente dalla Regione. Con successiva lettera del 22 febbraio 1994 l'assessorato regionale ha rilevato come l'istituto dell'avvalimento degli uffici periferici dell'amministrazione statale (tra i quali va annoverato anche l'Ufficio del Registro di Roma), previsto dall'art. 8 delle norme di attuazione emanate con il d.P.R. 6 luglio 1965, n. 1074, operi indistintamente per l'esercizio di tutte le funzioni esecutive ed amministrative spettanti in materia alla regione ai sensi dell'art. 20 dello statuto siciliano e, quindi, senza distinzione fra tributi erariali di spettanza della Regione e tributi da questa direttamente deliberati. Con successiva lettera del 10 agosto 1994 il Ministro delle finanze ha definitivamente escluso la possibilità del suddetto avvalimento, riportandosi alle motivazioni espresse nella precedente nota. In punto di diritto, la Regione rileva la violazione degli artt. 36 e 20 dello statuto nonchè degli artt. 2 e 8 delle norme di attuazione emanate con il d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. Sostiene inoltre la Regione ricorrente che le medesime attribuzioni costituzionali sarebbero violate anche in relazione al principio di ragionevolezza, in quanto il richiamato art. 8 delle norme di attuazione mira, mediante l'istituto dell'"avvalimento", ad evitare l'antieconomicità di un doppio sistema di riscossione dei tributi, consentendo l'avvalimento degli uffici periferici dell'amministrazione finanziaria dello Stato ed evitando l'istituzione di una nuova struttura amministrativa propria. In via subordinata, la Regione ricorrente rileva il contrasto delle note impugnate con il principio di leale cooperazione, posta alla base dei rapporti c.d. orizzontali.

2.Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo con un'istanza di rigetto del ricorso. Sostiene in primo luogo la difesa erariale che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto la lettera del 10 agosto 1994 è meramente confermativa della lettera del 24 novembre 1993, relativamente alla quale ultima il ricorso è tardivo. In seconda istanza, il ricorso sarebbe inammissibile perché non denuncia un'invasione da parte dello Stato della sfera di competenza della Regione, quanto lamenta il rifiuto dell'amministrazione statale di esercitare un'attività che fa capo dalla Regione. Circa invece i profili di infondatezza del ricorso, si rileva che la tassa sulle concessioni regionali è un tributo "proprio" delle regioni, alla cui riscossione esse provvedono direttamente, ex art. 4 della legge 14 giugno 1990, n. 158. La stessa legge prevede altresì che le tasse sulle concessioni regionali si applicano agli atti ed ai provvedimenti regionali indicati in apposita tariffa da approvare con d.P.R. avente valore di legge ordinaria: ed infatti la tariffa è stata approvata con d.P.R. 22 giugno 1991, n. 230. La legge regionale n. 24 del 1993 avrebbe diversamente disciplinato due distinte categorie di imposte sulle concessioni: quella di tributo proprio gestito dalla stessa regione, e quella di tributo erariale, accertato e riscosso dallo Stato e quindi devoluto alla Regione, insieme alle altre imposte, a norma dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965. Dato che la Regione Siciliana, con legge regionale n. 35 del 1990, ha istituito un proprio servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate, non si comprende perché per la riscossione di un tributo proprio dovrebbe farsi capo all'Ufficio del Registro di Roma. Né potrebbe invocarsi l'art. 8 del d.P.R. n. 1074 del 1965, dato che esso prevede una disciplina transitoria che si è esaurita con l'entrata in vigore delle disposizioni sopra richiamate.

Considerato in diritto

1.Col presente conflitto di attribuzione, la Regione Siciliana si duole del fatto che il Ministro delle finanze, con nota 10 agosto 1994, pervenuta il 15 settembre 1994, confermando il parere espresso con nota 24 novembre 1993 dal direttore centrale dello stesso ministero, abbia rifiutato l'apertura di un conto corrente postale a cura dell'Ufficio del Registro di Roma per la riscossione delle tasse di concessione governativa proprie della stessa Regione, riordinate con legge regionale 24 agosto 1993, n. 24. Sostiene la ricorrente che in tal modo risulterebbero violati gli artt. 36 e 20 dello statuto siciliano nonchè gli artt. 2 e 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria). Da un lato, infatti, gli artt. 20 e 36 dello statuto attribuiscono alla Regione potestà esecutiva ed amministrativa in tutte le materie in cui la stessa ha competenza legislativa, e potestà legislativa concorrente in ordine alla istituzione di tributi propri nonchè in ordine ai tributi erariali ad essa attribuiti; mentre l'art. 8 delle norme di attuazione consente alla Regione di avvalersi, fino a quando non sarà diversamente disposto, degli uffici periferici dell'Amministrazione statale.

2.Il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce, come primo motivo di inammissibilità, la tardività della proposizione del conflitto, dal momento che la nota ministeriale impugnata (del 10 agosto 1994) si era limitata a confermare la precedente nota del 24 novembre 1993. L'eccezione non è condivisibile. In tema di individuazione dell'atto che determina una invasione di competenza, occorre distinguere le ipotesi di atti (confermativi, esplicativi, esecutivi) meramente consequenziali al precedente fondamentale atto (decisivo ai fini della decorrenza dei termini) rispetto alle ipotesi di atti infraprocedimentali, caratterizzati da una propria autonomia che giustifica una differenziata decorrenza dei termini, da riferirsi rispettivamente a ciascun atto infraprocedimentale. Nella specie, pur non risultando a tutta evidenza la natura dei due menzionati atti ministeriali, sembra doversi riconoscere natura interlocutoria e preparatoria al primo atto, mentre solo il secondo esprime definitivamente la volontà dello Stato in ordine alla richiesta di avvalimento da parte della Regione. Ed invero, nella nota del novembre 1993, fu il direttore centrale del Dipartimento ad esprime re il dissenso sulla richiesta avanzata dalla Regione "per quanto di competenza di questa Direzione centrale"; solo in seguito alle controsservazioni esposte in replica da quest'ultima, il Ministro fece proprio il "parere contrario" espresso dal Direttore centrale, comunicandolo definitivamente alla Regione. Non ha quindi pregio il richiamo al costante orientamento di questa Corte nel dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi per conflitti di attribuzione proposti contro atti meramente consequenziali rispetto ad atti anteriori, non impugna ti, con i quali era già stata esercitata la competenza contestata. Solo in tali ipotesi infatti "si deve correttamente parlare di decadenza dall'esercizio dell'azione azione che, a differenza delle posizioni sostanziali, è pur sempre disponibile -, per il fatto che in siffatta evenienza, attraverso l'impugnazione dell'atto meramente consequenziale, si tenta, in modo surrettizio, di contestare giudizialmente l'atto di cui quello impugnato è mera conseguenza e per il quale è già inutilmente spirato il termine di proponibilità del ricorso" (sentenza n. 525 del 1990). Situazione, che, come si è evidenziato, non ricorre nel caso di specie.

3.Questa Corte ritiene invece fondata la seconda eccezione di inammissibilità sollevata dal Presidente del Consiglio, secondo cui la questione di un preteso obbligo di avvalimento non è materia di conflitto di attribuzione, in quanto il dissenso dello Stato non determina una invasione della sfera di competenza regionale. Senza esaurire in questa sede tutta la problematica in materia, va premesso che la Regione Siciliana ha istituito e disciplinato il proprio servizio di riscossione dei tributi e delle altre entrate (legge regionale 5 settembre 1990, n. 35), e che l'art. 4 della legge 14 giugno 1990, n. 158 (modificando la legge 16 maggio 1970, n. 281) ha stabilito che "all'accertamento, alla liquidazione e alla riscossione delle tasse sulle concessioni regionali provvedono direttamente le regioni". Anche alla luce di queste sopravvenute disposizioni, l'invocato art. 8 delle norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana va inteso come possibilità per la Regione di avvalersi degli uffici periferici dell'amministrazione statale (per motivi di semplificazione e di economicità), sempre che la richiesta di avvalimento sia ritenuta realizzabile dallo Stato e "fino a quando non sarà diversamente disposto". Ne deriva che come deduce il Presidente del Consiglio l'Amministrazione statale, nel dichiarare di non poter consentire l'avvalimento, esercita una attività che non riguarda nè pregiudica la competenza regionale di chiedere di avvalersi degli uffici statali, e che pertanto non integra gli estremi di invasività necessari per il sorgere di un conflitto di attribuzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Siciliana nei confronti dello Stato, in relazione alle note del Ministero delle finanze 10 agosto 1994, n. 3/1373/94 e 24 novembre 1993, n. 3/2138/93.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/10/95.