Ordinanza n. 324 del 1995

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ORDINANZA N. 324

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), promossi con cinque ordinanze emesse il 14 ed il 7 novembre 1994 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il 2 dicembre, il 4 novembre ed il 15 luglio 1994 dal Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, iscritte rispettivamente ai nn. 233, 243, 266, 267 e 268 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 18, 19, 21, prima serie speciale, dell'anno 1995. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 giugno 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

RITENUTO che il T.A.R. del Lazio, con due ordinanze di identico contenuto emesse rispettivamente il 7 ed il 14 novembre 1995, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), per contrasto con gli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113 della Costituzione, in quanto - disponendo l'estinzione dei giudizi pendenti e la compensazione delle spese processuali - sottrae alla valutazione del giudice (interferendo con la sua indipendenza) i profili relativi al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed alle pronunce accessorie, nonchè - escluso il carattere innovativo della legge, promulgata solo a seguito della sentenza n. 243 del 1993 della Corte costituzionale - viola il diritto di difesa e di azione e la naturale precostituzione del giudice; b) dell'art. 3, comma 2, della legge citata, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non esclude dall'obbligo della presentazione della relativa domanda in via amministrativa quei dipendenti cessati dal servizio che abbiano proposto ricorso in sede giurisdizionale al fine di ottenere il computo dell'indennità integrativa speciale nella base di calcolo del trattamento di fine servizio; c) dell'art. 1, comma 1, lettera b) (recte: lettera a)), per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, in ragione della irragionevole discriminazione della previsione di una minore percentuale di computo dell'indennità integrativa speciale tra i dipendenti degli enti pubblici non economici ex lege n. 70 del 1975 e quelli di tutte le altre pubbliche amministrazioni di cui alla successiva lettera b) del citato art. 1, comma 1; d) dell'art. 2, comma 4, della stessa legge, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, per l'illogica sperequazione del regime dei crediti ivi disciplinati rispetto a quelli ordinari, con notevole diminuzione del contenuto di una prestazione economica che deve essere considerata quale retribuzione differita; che il Consiglio di Stato, VI sezione, con ordinanza emessa il 4 novembre 1994, ha sollevato uguali questioni di costituzionalità, in riferimento agli stessi parametri costituzionali, dei già citati artt. 1, comma 1, lettera b) (recte: lettera a)), 2, comma 4, 3, comma 2, e 4 della legge n. 87 del 1994, alla stregua di motivazioni sostanzialmente identiche a quelle svolte in merito dagli altri giudici remittenti, estendendo le censure di incostituzionalità anche all'art. 3, comma 1, della stessa legge, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui limita l'applicazione della normativa ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1994; che il Consiglio di Stato, VI sezione, con altre due ordinanze, emesse rispettivamente il 15 luglio 1994 ed il 2 dicembre 1994, sulla base di considerazioni di uguale tenore rispetto a quelle degli altri giudici a quibus, ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 4 della menzionata legge n. 87 del 1994, per contrasto con gli artt. 3 e 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113 della Costituzione; che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici remittenti siano dichiarate inammissibili ovvero infondate.

CONSIDERATO che i giudizi, complessivamente concernenti la medesima normativa, possono essere riuniti e congiuntamente decisi; che identiche questioni sono state già dichiarate non fondate con la sentenza n. 103 del 1995, nonchè manifestamente infondate con ordinanza n. 207 del 1995, in ragione dell'affermato carattere tendenzialmente satisfattivo - assunto dalla normativa de qua - delle aspettative dei pubblici dipendenti ad un'estensione della base di computo dell'indennità erogata in occasione della cessazione dal servizio, fino a ricomprendervi l'indennità integrativa speciale; che, in particolare, in tali decisioni - con riferimento alla questione di natura pregiudiziale rispetto alle altre, concernente l'asserita illegittimità della dichiarazione d'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese - questa Corte ha sottolineato, sia pure in una prospettiva di gradualità ed in attesa di una complessiva omogeneizzazione dei trattamenti dei lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione, l'adeguatezza e la sufficiente tempestività della risposta data dal legislatore alle suddette aspettative, le quali, a seguito della sentenza n. 243 del 1993, erano ben assurte al rango di diritti, ma non erano ancora immediatamente determinabili; che, quindi, valutato il rapporto tra l'intervento normativo ed il grado di realizzazione che alla pretesa azionata è stato accordato per via legislativa, è stata riconosciuta (e va qui ribadita) la ragionevolezza della norma censurata, come tale non incidente sul diritto di difesa e sull'assetto costituzionale riservato "all'esercizio dell'attività giurisdizionale e alla sua prerogativa, anche nei rapporti col legislatore" (sentenza n. 103 del 1995); che, pertanto, la questione è manifestamente infondata, in quanto i giudici a quibus non offrono argomenti ulteriori o diversi rispetto a quelli a suo tempo esaminati. Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera a), dell'art. 2, comma 4, dell'art. 3, commi 1 e 2, e dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell'indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), sollevate, in riferimento, agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 36, 103 e 113 della Costituzione, dal T.A.R. del Lazio e dal Consiglio di Stato, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 13/07/95.