Sentenza n. 281 del 1995

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SENTENZA N. 281

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 71 e 72 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 17 gennaio 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nicosia nel procedimento penale a carico di Guiso Salvatore, iscritta al n. 142 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1995. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso dell'udienza preliminare a carico di Guiso Salvatore, imputato del delitto di incendio, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nicosia, a seguito di perizia che aveva concluso nel senso che il Guiso, la cui capacità di intendere e di volere al momento del fatto era risultata grandemente scemata ma non esclusa, risultava ora affetto da demenza arteriosclerotica post-apoplettica che impediva la sua cosciente partecipazione al processo, disponeva la sospensione del procedimento a norma dell'art. 71 del codice di procedura penale. Successivamente, venivano ordinati periodici accertamenti peritali sulla capacità dell'imputato, dall'ultimo dei quali emergeva che la malattia mentale ancora in atto era "insuscettibile di evoluzione benigna" e non richiedeva più "l'espletamento di accertamenti con cadenza semestrale ai fini della sua comprensione clinica ed ai fini della valutazione della sua incidenza ad una cosciente partecipazione da parte dell'imputato al processo". Con ordinanza del 17 gennaio 1995 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nicosia ha allora sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 71 del codice di procedura penale, "nella parte in cui prescrive che il giudice obbligatoriamente disponga la sospensione del procedimento", nonchè, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 72 dello stesso codice, "nella parte in cui prevede che il giudice obbligatoriamente disponga accertamenti peritali sullo stato di mente dell'imputato a ogni successiva scadenza di sei mesi". Relativamente alla prima questione, osserva il giudice a quo che la sospensione del procedimento, così come disciplinata dall'art. 71 del codice di procedura penale si risolve per l'imputato in un impedimento, a tempo indeterminato, all'attuazione del diritto costituzionalmente garantito di ottenere una pronuncia in merito alla sua responsabilità penale e ad essere giudicato in tempi ragionevoli (si cita la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, ratificata dallo Stato italiano con legge 4 agosto 1955, n. 848); per di più in una situazione che, data l'insuscettibilità di miglioramento della malattia, finisce per risolversi in una sospensione sine die. Donde la violazione dell'art. 3 della Costituzione, "in quanto paradossalmente una normativa dettata per una maggiore tutela di determinati soggetti finisce per determinare un'ingiustificata disparità di trattamento tra colui che è in grado di partecipare coscientemente al processo e colui che non lo è". Nei riguardi di quest'ultimo la situazione di stasi processuale non ha modo di essere rimossa, quando, invece, il procedimento potrebbe "proseguire nei confronti del curatore speciale che già rappresenta l'incapace ai fini dell'impulso probatorio, nè si vede quale sia la ragione per cui non dovrebbe rappresentarlo, processualmente, a tutti gli effetti". Risulterebbe vulnerato pure l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, bloccandosi "irrazionalmente" - con la preclusione di ogni difesa per l'interessato ed in mancanza di prefissione di scadenze temporali - il diritto tutelato da tale precetto costituzionale. Sarebbe, infine, compromessa l'osservanza dell'art. 112 della Costituzione, risultando l'obbligo di esercizio dell'azione penale "di fatto neutralizzato da una sospensione del processo che contiene in sè la certezza della sua illimitata durata". In ordine alla seconda questione, il rimettente ravvisa nel sistema dell'art. 72 del codice di procedura penale, nella parte in cui dispone la reiterazione della perizia sullo stato di mente con cadenze semestrali, nel caso di infermità mentali insuscettibili di miglioramento, violazione dell'art. 97 della Costituzione, gravandosi inutilmente l'erario che deve anticipare le spese occorrenti per la perizia.

2. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. Sotto il profilo della violazione del diritto di difesa, rileva l'Avvocatura come tale diritto debba intendersi in funzione dello ius libertatis che risulta, certo, tutelato da una norma che impedisce di pronunciare condanna nei confronti di un soggetto che non sia in grado di difendersi; in relazione all'assunta violazione del principio di eguaglianza, come tale principio non escluda trattamenti differenziati quando diverse siano le situazioni: una differenziazione sicuramente non irrazionale considerate le condizioni di salute dell'imputato ed il suo diritto di difendersi; quanto, infine, al contrasto con l'art. 112 della Costituzione, che l'obbligo di esercizio dell'azione penale non è impedito dalla sospensione del procedimento per la tutela del diritto di difesa. Relativamente alla questione incentrata sull'art. 72 del codice di procedura penale, l'Avvocatura deduce che la norma di legge disciplina l'id quod plerumque accidit e che il disporre la sospensione obbligatoria o facoltativa rientra nella discrezionalità del legislatore insindacabile in sede di legittimità.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Nicosia dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, della legittimità dell'art. 71 del codice di procedura penale, nella parte in cui prescrive che il giudice debba disporre la sospensione del procedimento quando, a seguito degli accerta menti previsti dall'art. 70 dello stesso codice, risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al processo pure quando la malattia da cui è affetto l'interessato è di natura irreversibile. Sospetta d'illegittimità, inoltre, questa volta in riferimento all'art. 97 della Costituzione, l'art. 72 del codice di procedura penale, nella parte in cui prescrive che il giudice sia tenuto a provvedere a scadenze semestrali ad accertamenti sullo stato di mente dell'imputato successivamente alla sospensione del procedimento anche quando risulti che la malattia da cui è affetto l'imputato è irreversibile.

2. - Le questioni sono state sollevate nel corso dell'udienza preliminare a carico di persona che, imputabile al momento del fatto, era successivamente risultata in tale stato di mente da impedire la sua cosciente partecipazione al procedimento. Disposta la sospensione del processo a norma dell'art. 71, comma 1, del codice di procedura penale, erano stati espletati i periodici accertamenti sullo stato mentale dell'imputato, dall'ultimo dei quali era emerso che la malattia, ancora in atto, non era suscettibile di evoluzione tanto che il perito aveva segnalato l'inutilità di richiedere ulteriori verifiche ai fini della valutazione della possibilità che in futuro il prevenuto potesse partecipare coscientemente al processo. Di qui la violazione dei parametri costituzionali invocati: del principio di eguaglianza, per l'ingiustificata disparità di trattamento fra chi è in grado e chi non è in grado di partecipare coscientemente al processo, una disparità ovviabile solo consentendo al curatore speciale, nominato ai sensi dell'art. 71, comma 2, del codice di procedura penale, nei casi in cui l'impossibilità di partecipare coscientemente al processo venga accertata come irreversibile, di rappresentare processualmente l'imputato "a tutti gli effetti"; del diritto di difesa, precludendosi all'imputato la possibilità di essere giudicato; del principio di obbligatorietà dell'azione penale, il cui esercizio resterebbe di fatto compromesso dalla certezza della "illimitata durata del processo". Relativamente poi all'art. 72 del codice di procedura penale, il vulnus arrecato al principio del buon andamento della pubblica amministrazione deriverebbe dall'inevitabile dispendio di mezzi conseguente all'obbligo di espletare periodicamente accertamenti sullo stato di mente dell'imputato anche quando risulti in modo inconfutabile l'impossibilità che egli possa in futuro essere in grado di partecipare coscientemente al processo.

3. - Le questioni non sono fondate. Quanto alla dedotta illegittimità costituzionale dell'art. 71, comma 1, del codice di procedura penale, una delle disposizioni che delineano il trattamento normativo delle anomalie mentali che si manifestano nel corso del procedimento penale, va anzitutto rimarcata l'accentuazione del profilo della tutela della difesa personale perseguita dal codice di procedura penale del 1988, resa evidente, in primo luogo, dal richiedere la norma ora denunciata quale presupposto per la sospensione del processo uno stato mentale che non consente all'imputato di partecipare coscientemente al processo stesso, e non, come era invece nelle previsioni del codice abrogato, lo stato di infermità di mente tale da escludere la capacità di intendere e di volere: ferma restando nel sistema del codice vigente - quale condizione ostativa alla sospensione - la presenza di elementi che debbano portare ad una pronuncia di proscioglimento o di non luogo a procedere. Una previsione, quest'ultima, resa ancor più significativa in forza della dichiarazione di illegittimità dell'art. 70, comma 1, del codice di procedura penale, derivante dalla sentenza n. 340 del 1992 limitatamente alle parole "sopravvenuta al fatto". Ed infatti l'inciso scaturito dalla decisione della Corte preclude la possibilità che una persona inferma di mente al momento del fatto ma la cui infermità non coincida con la totale incapacità di intendere e di volere possa essere sottoposta ad un procedimento penale che può concludersi con una sentenza di condanna nonostante la sua incapacità di partecipare coscientemente al processo. E proprio in conseguenza dell'ampliamento dei presupposti per la sospensione del processo, nel nuovo sistema si prevede che quando vi è ragione di dubitare dello stato mentale dell'imputato il giudice debba disporre, anche d'ufficio, perizia (art. 70); ed è prescritto, altresì (art. 71, comma 1), che solo a seguito degli accertamenti disposti possa essere adottato il provvedimento sospensivo; ulteriori accertamenti devono, poi, essere compiuti a scadenze periodiche al fine di accertare la permanenza dell'infermità mentale (art. 72, comma 1). Va ordinata perciò la revoca della sospensione non appena risulti che lo stato mentale dell'imputato ne consente la cosciente partecipazione al processo oltre che nei casi in cui nei confronti dell'imputato deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere (art. 72, comma 2). Sempre risultando possibile, a tale ultimo riguardo, per il giudice assumere le prove che possano condurre al proscioglimento (art. 70, comma 2, 71, comma 4), nonchè ogni altra prova richiesta dalle parti quando vi è pericolo per il ritardo (art. 70, comma 2), ivi compreso l'incidente probatorio (art. 70, comma 3); e risultando altresì possibile, per il pubblico ministero, compiere gli atti di indagine che non richiedono la cosciente partecipazione dell'indagato (art. 70, comma 3). È inoltre prevista la nomina, con l'ordinanza di sospensione, di un curatore speciale (art. 71, comma 2), al quale è anche attribuito il diritto di richiedere l'assunzione dei mezzi di prova che possano condurre al proscioglimento dell'imputato e ogni altro mezzo di prova quando vi è pericolo nel ritardo, nonchè la facoltà di assistere agli atti disposti sulla persona dell'imputato e a quelli cui l'imputato stesso ha facoltà di assistere (art. 71, comma 4). Ne è conseguito, dunque, un assetto informato alla tutela della libertà di autodeterminazione dell'imputato sia nel corso delle indagini preliminari sia nel corso del vero e proprio processo, favorendosi, al contempo, il compimento delle attività acquisitive in suo favore: in una linea destinata, soprattutto dopo la già ricordata sentenza n. 340 del 1992, a salvaguardare la posizione di chi non è in grado di partecipare coscientemente al processo, col precludere in ogni caso che, perdurando l'infermità, possa essere pronunciata una decisione di condanna, dalla quale scaturirebbe la sicura violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione (v., oltre alla sentenza n. 340 del 1992, la sentenza n. 23 del 1979).

4. - L'individuazione di un sistema così strutturato rende chiara la non fondatezza delle censure rivolte nei confronti dell'art. 71, comma 1, del codice di procedura penale. Quella incentrata sulla violazione del principio di eguaglianza non è fondata perchè non si può equiparare la posizione di chi è in grado di partecipare coscientemente al processo a quella di chi invece non lo è. D'altro canto, l'eventualità prospettata dal giudice a quo di consentire la prosecuzione del processo nei casi di infermità irreversibile autorizzando il curatore speciale a rappresentare l'imputato (oltre a profilarsi di dubbia ammissibilità, non apparendo certo una soluzione costituzionalmente obbligata), si rivela comunque non in grado di garantire l'autodifesa soprattutto nell'ambito di quegli atti che richiedono la diretta partecipazione dell'imputato (si pensi all'interrogatorio e all'esame ed alle conseguenti facoltà esercitabili al riguardo). E neanche è ravvisabile una lesione del diritto di difesa, derivando, anzi, dalla sospensione del processo l'impossibilità che venga pronunciata una decisione di condanna nei confronti di una persona che, non potendo partecipare coscientemente al processo, non è in grado di difendersi. Fra il diritto di essere giudicato (che non esclude che all'esito del giudizio venga pronunciata condanna) e il diritto di autodifendersi deve, infatti, ritenersi prevalente quest'ultimo (cfr., ancora, sentenza n. 23 del 1979). Non appare vulnerato neppure il principio di obbligatorietà dell'azione penale perchè, a parte la possibilità per il pubblico ministero di compiere le indagini nei limiti previsti dall'art. 70, comma 3, del codice di procedura penale, l'esercizio dell'azione penale è solo sospeso a tutela del diritto costituzionalmente tutelato all'autodifesa.

5. - Non fondata è, infine, la questione di legittimità dell'art. 72, comma 1, del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 97, secondo comma, della Costituzione. A parte il rilievo che i periodici accertamenti sullo stato di mente sono funzionali alla ripresa del processo - auspicata dallo stesso giudice a quo anche se ritenuta, nella specie considerata, un evento irrealizzabile - la giurisprudenza di questa Corte è costante nel senso che il principio del buon andamento e della imparzialità dell'amministrazione, alla cui realizzazione detto parametro vincola la disciplina dell'organizzazione dei pubblici uffici, pur potendo riferirsi anche agli organi dell'amministrazione della giustizia (v. sentenze n. 18 del 1989 e n. 86 del 1982), attiene esclusivamente alle leggi concernenti l'ordinamento degli uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo, mentre è del tutto estraneo al tema dell'esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e in relazione ai diversi provvedimenti che costituiscono espressione di tale esercizio (v. sentenza n. 376 del 1993, ordinanza n. 275 del 1994).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, dal Tribunale di Nicosia con l'ordinanza in epigrafe.

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 72, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dal Tribunale di Nicosia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28/06/95.