Ordinanza n. 255 del 1995

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ORDINANZA N.255

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 54, 420 e 484 del codice di procedura penale, promossi con tre ordinanze emesse l'11 novembre 1994 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Cagliari nei procedimenti penali a carico di Cuccu Sandro ed altri, Loddo Aristide ed altra e Parodo Angelo iscritte ai nn. 788, 789 del registro ordinanze 1994 e 6 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 3 e 4, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di intervento del Presidente dei Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

RITENUTO che con tre decreti del 16 giugno 1994, a norma dell'art. 412, comma 1, del codice di procedura penale, il procuratore generale presso la Corte d'appello di Cagliari aveva avocato, per il mancato esercizio dell'azione penale nei termini di legge, le indagini preliminari relative ad altrettanti procedimenti di cui era titolare il procuratore della Repubblica presso il tribunale di quella città; che a seguito del deposito della richiesta di rinvio a giudizio degli indagati nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, e alla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare (ai sensi dell'art. 419, comma 2, del codice di procedura penale), il procuratore generale, con tre distinti provvedimenti del 26 agosto 1994, aveva delegato il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari <a partecipare all'udienza, a richiedere il rinvio a giudizio degli imputati e a sostenere l'accusa nel procedimento di primo grado>, eventualmente a propria volta delegando <un magistrato del suo ufficio>; che all'udienza preliminare, alla presenza del sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, intervenuto in luogo del procuratore generale, assente nonostante la comunicazione di un primo rinvio, il giudice dell'udienza preliminare - contestata la legittimità delle deleghe conferite - ha sollevato per ciascuno dei processi, in relazione agli artt. 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di costituzionalità degli artt. 54, 420 e 484 del codice di procedura penale, <laddove non prevedono un mezzo per porre rimedio alla mancata partecipazione all'udienza di un pubblico ministero legittimato ad processum>; che nella legislazione vigente non esisterebbe un potere del procuratore generale presso la Corte d'appello di delegare un magistrato di altro ufficio di procura a svolgere le funzioni di pubblico ministero nelle indagini preliminari e nei giudizi di primo grado, costituendo eccezioni alla regola le ipotesi di sostituzione previste dagli artt. 570 del codice di rito e 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, in materia di ordinamento giudiziario, come novellato dall'art. 22 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449; che l'indebito esercizio del preteso potere di delega anche in un caso non consentito espressamente dalla legge dovrebbe essere rilevato, ai sensi dell'art. 420 del codice di procedura penale, in sede di verifica della costituzione delle parti, là dove il giudice dell'udienza preliminare - rilevata la presenza di un pubblico ministero privo di legittimazione - non potrebbe proseguire l'attività processuale per il difetto di costituzione della parte pubblica; che una tale difficoltà non sarebbe risolta sia dall'art. 74 del regio decreto n. 12 del 1941, che si limiterebbe a enunciare il principio generale della partecipazione (necessaria) del pubblico ministero alle udienze penali, sia dall'art. 54 del codice di procedura penale, che regolerebbe soltanto i contrasti negativi di tipo "orizzontale" tra pubblici ministeri, mentre nella specie si verserebbe in un caso di contrasto "verticale"; che non potrebbe essere utilizzato altro strumento, quale la declaratoria di nullità dell'udienza preliminare (come richiesto dal pubblico ministero intervenuto), perchè ciò facendo si verificherebbe una regressione del procedimento a quello stadio in cui finirebbe per essere riprodotto l'atto nullo, dal titolare dell'ufficio, convinto della sua regolarità (onde il circolo vizioso); che per l'inesistenza di uno strumento risolutore del contrasto "verticale" tra pubblici ministeri si configurerebbero come costituzionalmente illegittimi gli artt. 54, 420 e 484 del codice di procedura penale, non prevedendo alcun <mezzo per porre rimedio alla mancata partecipazione all'udienza preliminare di un pubblico ministero legittimato ad processum>; che vi sarebbe lesione del diritto di difesa e dell'obbligatorietà dell'azione penale (art. 24, secondo comma, e 112 della Costituzione), con il conseguente rischio di prescrizione del reato; che tale anomalia sarebbe superabile conferendo al giudice dell'udienza preliminare il potere di rilevare, e denunciare, il conflitto di tipo "verticale" alla Corte di cassazione (competente ai sensi dell'art. 32 del codice di procedura pena le), ovvero attribuendo a uno degli uffici contendenti il potere di sollevare il conflitto; che la questione sarebbe rilevante per la parte che investe gli artt. 54 e 420 del codice di procedura penale (che attengono alle fasi sino all'udienza preliminare) e soltanto in <via secondaria ed eventuale> per la parte concernente l'art. 484 relativo alla fase del giudizio; che in tutti e tre i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità e, in subordine, per l'infondatezza della questione; che ad avviso dell'Avvocatura il giudice del Tribunale di Cagliari avrebbe preso in esame una situazione <del tutto patologica>, insuscettibile di apprezzamento in sede di costituzionalità (ordinanza n. 182 del 1992); che ove si seguisse l'impostazione del rimettente si giungerebbe a sospettare di illegittimità costituzionale tutte le disposizioni del codice di rito riguardanti la presenza del pubblico ministero in udienza sulla base dell'eventualità di una sua mancata presenza in essa; che, invece, tali situazioni - ipotesi estreme anche sul piano disciplinare - imporrebbero al giudice il differimento dell'udienza per la mancata presenza del pubblico ministero; che, nel caso di specie, l'avvenuta avocazione ai sensi dell'art. 51, comma 2, del codice di procedura penale, radicherebbe in capo al procuratore generale presso la Corte di appello la competenza già attribuita al procuratore della Repubblica; che la mancata presenza dell'avocante all'udienza preliminare avrebbe dovuto comportare un nuovo differimento e la comunicazione dell'assenza alle autorità competenti sul piano disciplinare; che, in via alternativa, si potrebbe prospettare la soluzione indicata (con riferimento al codice previgente) da una pronuncia della Cassazione, secondo la quale il sostituto procuratore della Repubblica, impropriamente delegato in un processo, dovrebbe proseguire l'attività di accusa nel giudizio senza incorrere in un'ipotesi di nullità, mentre l'irregolarità, commessa in sede di delega, avrebbe rilievo disciplinare.

CONSIDERATO che le questioni sollevate sono identiche e pertanto, previa la loro riunione, vanno trattate congiuntamente; che, a differenza dell'altra disposizione denunciata (l'art. 420), l'impugnativa degli artt. 54 e 484 del codice di procedura penale va dichiarata inammissibile per difetto della rilevanza, non riguardando la fase dell'udienza preliminare nella quale, e per la quale, si controverte; che, pertanto, la questione residua attiene, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, all'art. 420 del codice di rito, in quanto non prevede <un mezzo per porre rimedio alla mancata partecipazione all'udienza di un pubblico ministero legittimato ad processum> (recte: <ad causam>), in base a una delega illegittima conferita al procuratore della Repubblica presso il tribunale dal procuratore generale presso la Corte d'appello a seguito di avocazione ex art. 412, comma 1; che l'assenza reiterata del Procuratore generale all'udienza (e la presenza di un sostituto procuratore della Repubblica, non legittimato) avrebbe determinato una grave situazione processuale non risolvibile con le attuali previsioni del codice di rito; che a differenza della difesa dell'imputato, la quale vede innestarsi una disciplina pubblicistica sull'istituto privatistico della rappresentanza, l'organizzazione degli uffici della pubblica accusa è regolata dalla <legge di ordinamento giudiziario>, di esclusiva competenza statale, nel cui ambito trovano soluzione le questioni che, come quella in esame, devono restare confinate <all'interno di quelle situazioni patologiche> estranee al sistema processuale <e, quindi, insuscettibili di apprezzamento in questa sede> (ordinanza n. 182 del 1992); che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 96, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 54 e 484 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari con le ordinanze in epigrafe; b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 420 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, dal medesimo giudice con le indicate ordinanze.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16/06/95.