Sentenza n. 209 del 1995

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SENTENZA N. 209

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509 (Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonchè dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 26 luglio 1988, numero 291), promosso con ordinanza emessa il 17 novembre 1994 dal Pretore di Grosseto nel procedimento civile vertente tra Moni Nica e il Ministero dell'interno iscritta al n. 797 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1995 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del procedimento civile instaurato da Nica Moni contro il Ministero dell'interno per ottenere l'assegno di invalidità civile, il Pretore di Grosseto, con ordinanza del 17 novembre 1994, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509, "nella parte in cui, facendo salvi i diritti acquisiti dai cittadini che abbiano già ottenuto, alla data di cui al comma 1, il riconoscimento dei requisiti sanitari da parte delle competenti commissioni, comporta l'applicazione retroattiva della nuova percentuale di invalidità a domande presentate prima dell'entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'art. 2, comma 1, inoltre scriminando tra domande presentate nello stesso periodo a seconda della maggiore o minore laboriosità delle commissioni mediche". Nella specie, alla ricorrente, che aveva presentato la domanda di assegno in data 26 settembre 1989, il 1° settembre 1992, nella visita della Commissione medica di prima istanza, è stato riconosciuto un grado di invalidità del settanta per cento con decorrenza dalla domanda amministrativa (non essendo indicata nel verbale una diversa decorrenza). Tuttavia, pur non avendo redditi incompatibili e non essendo occupata, la sua domanda è stata respinta in applicazione dell'art. 9 impugnato, essendo la visita medica intervenuta dopo la data di entrata in vigore (12 marzo 1992) del decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, indicata dall'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 509 del 1988 quale dies a quo di efficacia del nuovo requisito minimo di riduzione della capacità lavorativa (74 per cento). Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione impugnata, nel far salvi i diritti acquisiti dai cittadini che abbiano già ottenuto, alla data indicata, <il riconoscimento dei requisiti sanitari da parte delle competenti commissioni>, con conseguente applicabilità della percentuale più severa anche alle domande presentate antecedentemente quando la visita medica intervenga successivamente viola il principio di razionalità-equità di cui all'art. 3 della Costituzione. In primo luogo, essa comporta che, a parità di tempo di presentazione della domanda, l'ottenimento dell'assegno da parte di coloro ai quali sia accertato un grado di invalidità tra il 66,66 e 73,99 per cento della capacità di lavoro, dipende dalla condizione fortuita dalla maggiore o minore prontezza della visita medica, cioè dalla maggiore o minore efficienza della pubblica amministrazione nella varie zone del Paese. In secondo luogo, poichè l'assegno d'invalidità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda, la norma censurata attribuisce efficacia retroattiva alle nuove tabelle.

2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata. Secondo l'interveniente, la questione si incentra sulla valutazione di ragionevolezza - in assoluto e nel raffronto con la legge n. 118 del 1971 - del limite temporale posto dal legislatore per la decorrenza del diritto, tenendo conto che la disposizione denunciata, a differenza degli artt. 12 e 13 della legge n. 118 del 1971, non è norma a regime, ma ha carattere transitorio.

In tema di ragionevolezza delle discipline transitorie la giurisprudenza di questa Corte riconosce al legislatore un'ampia discrezionalità nel regolare il passaggio da una disciplina più favorevole a una meno favorevole, con salvezza dei diritti quesiti.

Considerato in diritto

1. - Il Pretore di Grosseto ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509, "nella parte in cui, facendo salvi i diritti acquisiti dai cittadini che abbiano già ottenuto, alla data di cui al comma 1, il riconoscimento dei requisiti sanitari da parte delle competenti commissioni, comporta l'applicazione retroattiva della nuova percentuale di invalidità a domande presentate prima dell'entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'art. 2, comma 1, inoltre scriminando tra domande presentate nello stesso periodo a seconda della maggiore o minore laboriosità delle commissioni mediche". L'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 509 del 1988, eleva al 74 per cento il minimo di riduzione della capacità lavorativa - precedentemente fissato in due terzi dalla legge 30 marzo 1971, n. 118 - richiesto per il diritto all'assegno di invalidità, rinviando peraltro la decorrenza della nuova regola alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro della sanità, di cui all'art. 2, comma 1, recante la nuova tabella indicativa delle percentuali di invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti. Il comma 2 dispone la salvezza dei "diritti acquisiti dai cittadini che già beneficiano dell'assegno mensile o che abbiano già ottenuto, alla data di cui al comma 1, il riconoscimento dei requisiti sanitari da parte delle competenti commissioni". Il decreto ministeriale, che avrebbe dovuto essere approvato entro due mesi dalla data di entrata in vigore del d.lgs n. 509 del 1988, cioè entro l'11 febbraio 1989, è stato in effetti approvato soltanto in data 5 febbraio 1992 ed è entrato in vigore il 12 marzo 1992, essendo stato pubblicato nel supplemento ordinario n. 47 della Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 1992.

2. - La questione è fondata, ma la violazione del principio di razionalità si prospetta compiutamente sul piano sistematico, non sul piano delle differenze di fatto indicate dal giudice a quo con l'occhio al caso di specie, alla stregua delle quali si dovrebbe distinguere a seconda che la domanda di assegno sia stata o no presentata con largo anticipo rispetto alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale, in guisa da rendere ragionevolmente possibile l'intervento della visita medica prima di tale data. La disparità di trattamento prevista dall'art. 9, comma 2, in funzione dell'anteriorità o posteriorità dell'accertamento medico alla data di cui al comma 1, è irrazionale perchè implica, limitatamente al diritto transitorio, l'attribuzione all'atto di accertamento di rilevanza costitutiva del diritto all'assegno, mentre nella disciplina a regime - come si argomenta dagli artt. 12 e 13 della legge n. 118 del 1971, che fissano la decorrenza della prestazione previdenziale dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda - l'accertamento è meramente dichiarativo della fattispecie del diritto, in relazione all'elemento centrale costituito da uno stato di invalidità non inferiore a una certa misura. Perciò la discriminazione degli assicurati, operata dalla norma transitoria in funzione della data di accertamento dell'invalidità, anzichè in funzione della sola data di presentazione della domanda, si pone in contraddizione col sistema della legge del 1971, al quale il d.lgs. n. 509 del 1988 intende derogare esclusivamente in ordine al requisito della percentuale minima di invalidità. Se la domanda di assegno è stata presentata anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale, la ratio sistematica vuole che sia applicata la regola (più favorevole) dell'art. 13 della legge del 1971 quando una diminuzione della capacità di guadagno in misura non inferiore a due terzi sia riconosciuta esistente all'epoca della domanda o comunque anteriormente al 12 marzo 1992, mentre è irrilevante che l'accertamento sia intervenuto posteriormente a tale data (per un caso che presenta qualche analogia cfr. sent. n. 270 del 1994).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509 (Norme per la revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti, nonchè dei benefici previsti dalla legislazione vigente per le medesime categorie, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 26 luglio 1988, numero 291), nella parte in cui non prevede che restino salvi anche i diritti dei cittadini per i quali il riconoscimento dell'esistenza dei requisiti sanitari all'epoca della domanda, presentata anteriormente alla data di cui al comma 1, sia intervenuto, da parte della competente commissione medica, posteriormente a tale data.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/05/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/05/95.