Sentenza n. 157 del 1995

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SENTENZA N.157

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3, comma 1, del decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377 (Disposizioni urgenti per fronteggiare gl'incendi boschivi sul territorio nazionale) e degli artt. 1 e 2 del decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377, convertito in legge 8 agosto 1994, n. 497 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 giugno 1994, recante disposizioni urgenti per fronteggiare gli incendi boschivi sul territorio nazionale), promossi con ricorsi della Regione Veneto, della Regione Lombardia e della Regione Veneto, notificati il 14 luglio 1994, il 15 luglio 1994 e il 7 settembre 1994, depositati in cancelleria il 20 luglio 1994, il 23 luglio 1994 e il 13 settembre 1994 ed iscritti ai nn. 51, 52 e 67 del registro ricorsi 1994.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto; uditi gli avvocati Guido Viola per la Regione Veneto e Giuseppe F. Ferrari per la Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Plinio Sacchetto per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con un primo ricorso notificato il 14 luglio 1994 (Reg. Ric. 51/94), la Regione Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 del decreto- legge 15 giugno 1994, n. 377, recante "Disposizioni urgenti per fronteggiare gl'incendi boschivi sul territorio nazionale", per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione all'art. 69, terzo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, alla legge 1° marzo 1975, n. 47 (Difesa dei boschi dagl'incendi), alla legge 4 dicembre 1993, n. 491 (Riordino delle competenze regionali in materia agricola e forestale e istituzione del nuovo Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali), al d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 (Regolamento di organizzazione del Ministero delle risorse agricole) ed alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge-quadro sulle aree protette).

Espone la ricorrente che su uno stanziamento complessivo di sessantacinque miliardi di lire, trenta miliardi sono stati destinati al Ministero delle risorse agricole per la gestione dei mezzi aerei e terrestri antincendio, di centri operativi e stazioni forestali, per il potenziamento delle strutture, nonchè per il reclutamento di operatori antincendio volontari da distribuire in relazione alla superficie terrestre, a quella forestale ed a quella percorsa dal fuoco nell'ultimo triennio. Cinque miliardi sono poi destinati all'avvio di un piano di rilevamento degl'incendi da realizzarsi d'intesa tra il predetto Ministero e quello dell'ambiente mediante sistemi aventi requisiti di rapidità e rilocabilità nell'àmbito dei parchi nazionali, delle riserve naturali a rischio ed in altre aree, parimenti a rischio, ad elevato pregio naturalistico ed ambientale. La selezione e la decisione dell'impiego degli operatori è attribuita al Corpo forestale dello Stato, mentre le regioni risulterebbero coinvolte come meri enti di erogazione del finanziamento statale relativo al reclutamento degli operatori stessi.

Tali previsioni si porrebbero in contrasto con le competenze regionali in materia di agricoltura e foreste ed anche con la normativa statale in materia di servizio antincendi nei boschi; il Governo sarebbe intervenuto in un settore già abbondantemente disciplinato sotto il profilo della competenza regionale, come se la motivazione del finanziamento assolvesse dall'obbligo del rispetto del riparto di competenza tra Stato e regioni e dall'osservanza del necessario rapporto di collaborazione.

Secondo la ricorrente, la legge n. 491 del 1993, nel sopprimere il Ministero dell'agricoltura e foreste, nell'àmbito della generale e principale competenza regionale in materia di foreste, avrebbe lasciato allo Stato soltanto attribuzioni speciali, non attuabili senza specifiche modalità di coordinazione con la competenza regionale. La stessa costituzione del Ministero delle risorse agricole si sarebbe attuata con riguardo ad un assetto normativo che vedeva già attribuita alle regioni, ex d.P.R. n. 616 del 1977, la difesa dei boschi dagl'incendi attraverso il trasferimento ad esse delle funzioni di cui alla legge n. 47 del 1975, che già esprimeva a sua volta, una necessità di difesa dagl'incendi articolata su piani regionali ed interregionali (sì che le competenze statali dovevano esercitarsi in collaborazione con le regioni).

Ma esplicita salvezza delle competenze regionali sarebbe altresì contenuta nel regolamento di organizzazione del Ministero delle risorse agricole, che non si occupa peraltro del servizio antincendi.

Le descritte competenze - ex legge n. 47 del 1975, d.P.R. n. 616 del 1977, ed ex art. 1 della legge n. 491 del 1993 - risulterebbero negate dal denunciato decreto-legge, che, seppure concernente in sostanza il finanziamento dei servizi di spegnimento, colliderebbe anche con il principio - cardi ne della cooperazione con le regioni, espressamente investite del compito di costituire servizi boschivi antincendi. In materia lo Stato sarebbe sempre tenuto all'intesa con le regioni stesse, anche se il servizio di difesa aerea dagl'incendi parrebbe evocare un'esigenza unitaria collocandosi sul piano dell'interesse nazionale. L'impugnato decreto-legge, nel rivolgersi al solo Ministero come destinatario della erogazione di trenta miliardi, ne farebbe in realtà il centro d'imputazione di tutte le strutture afferenti i servizi antincendi, nominando le regioni - con intento svalutativo e per allontanarne ogni pretesa attiva - come sede territoriale ovvero come ubicazione dei servizi stessi.

Viceversa, in base all'art. 7, terzo comma, della legge n. 47 del 1975, sia i volontari che l'utilizzazione delle opere sarebbero di competenza regionale, residuando la competenza dello Stato esclusivamente per il servizio aereo e per l'impiego dei vigili del fuoco, di talchè l'aver unitariamente considerato tali profili risulterebbe lesivo della competenza regionale. Quest'ultima parrebbe addirittura eliminata con riguardo al piano di rilevamento degl'incendi delineato dall'art. 1, comma 2, lettera c), in quanto risultante da un'intesa non già con le regioni bensì tra i Ministeri delle risorse agricole e dell'ambiente.

Ma le dedotte violazioni sarebbero anche riscontrabili nella distrazione dall'àmbito riservato alla regione della selezione e dell'impiego degli operatori antincendi e nel collegamento instaurato tra il piano di rilevamento e i parchi, le riserve naturali e le aree di elevato pregio naturalistico e culturale a rischio (materia, quest'ultima, riservata alla regione ex legge n. 394 del 1991).

Con l'impugnato decreto-legge, quindi, oltre ad articolare il testo normativo in modo da comprendere oggetti diversi, delineando una struttura statale che esclude le regioni, si sarebbe operato la compressione delle competenze di queste con il pretesto di una disposizione di finanziamento, tradottasi in un mezzo di stravolgimento ovvero d'illecita intrusione nelle competenze medesime.

2. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto la declaratoria d'infondatezza della questione, qualificata come frutto della tendenza della ricorrente a porre il problema nei più ampi termini della delimitazione di competenza tra Stato e regioni, là dove la soluzione sarebbe individuabile circoscrivendo la norma alla sua ratio.

La gravità e la frequenza degl'incendi boschivi e la diffusione degli stessi sul territorio nazionale - secondo l'Avvocatura generale - richiedono una strategia globale ed un coordinamento unitario degl'interventi, in ragione della loro immediatezza nonchè della limitata disponibilità di uomini e mezzi. Per questa ragione non sarebbe possibile ritenere che l'attribuzione alle regioni di costituire servizi antincendi boschivi integri un trasferimento delle relative funzioni; anzi lo Stato avrebbe sempre considerato le competenze volte allo spegnimento degl'incendi nei boschi, unitamente a quelle relative al Corpo forestale ed a quelle dei vigili del fuoco, sicchè sarebbe giustificata l'erogazione disposta a favore di quest'ultimo, come pure lo stanziamento previsto per il Ministero delle risorse agricole. Anche il reclutamento di operatori antincendio facenti capo al Corpo forestale assumerebbe una funzione strumentale rispetto alle attribuzioni del Corpo stesso per salvaguardare l'efficienza, senza con ciò incidere in senso negativo sulle competenze regionali in materia o sulle possibilità d'intesa.

3. - Con un successivo ricorso (Reg. Ric. 67/94) notificato il 7 settembre 1994, la Regione Veneto ha riproposto integralmente le medesime censure già formulate nei confronti del decreto- legge n. 377 del 1994, avverso la legge di conversione di quest'ultimo 8 agosto 1994, n. 497, specificando che le integrazioni apportate dalla legge non intaccano le disposizioni a suo tempo impugnate, limitandosi a corredarle di mezzi tecnici e finanziari e a precisare la finalizzazione.

4. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ha parimenti riproposto le stesse considerazioni difensive di cui sub 2, sottolineando però l'avvenuto prolungamento del termine (da 30 a 180 giorni) accordato alle regioni per la realizzazione degl'interventi voluti dalle leggi in materia (v. infra sub 6).

5. - Con ricorso (Reg. Ric. 52/94) notificato il 15 luglio 1994, la Regione Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, in relazione all'art. 69, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, ed alla legge n. 491 del 1993, degli artt. 1, comma 2, lettera b), e 3, comma 1, del decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377. Quest'ultima disposizione prevede che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, le regioni che non abbiano ancora realizzato gl'interventi previsti dalle leggi 28 febbraio 1990, n. 38 (di conversione del decreto-legge 28 dicembre 1989, n. 415) e 3 luglio 1991, n. 195 (di conversione del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142), debbano definire gli atti di consegna dei relativi lavori. Trascorso inutilmente detto termine, l'art. 3 prevede la revoca per la parte non utilizzata dei contributi di cui alle predette normative.

A differenza della Regione Veneto, la Lombardia ritiene pienamente legittimo lo stanziamento di cui all'art. 1, in ragione della competenza statale in materia di servizio aereo di spegnimento degl'incendi.

Invece il reclutamento di operatori antincendio - i quali risulterebbero alle dipendenze del Corpo forestale - comporterebbe il ritrasferimento allo Stato delle competenze relative all'organizzazione delle squadre volontarie (già costituite nella regione ricorrente con migliaia di addetti), con la conseguente duplicazione di funzioni e strutture, e con gravi disfunzioni operative.

Di qui il vulnus degli evocati parametri costituzionali, che risulterebbero altresì violati in relazione alla legge n. 491 del 1993, attuativa della volontà referendaria nel senso della soppressione del Ministero dell'agricoltura e foreste, che avrebbe riservato al nuovo Ministero delle risorse agricole, ambientali e forestali soltanto competenze di carattere generalissimo, concernenti i rapporti con l'ordinamento internazionale o comunitario, ovvero la definizione di politiche di indirizzo e coordinamento e l'elaborazione e diffusione di informazioni e dati, fermo restando che tutte le funzioni in materia di agricoltura e foreste sono ora di competenza regionale. Tra queste ultime risulterebbe la prevenzione degl'incendi boschivi senza possibilità di distinguerla dalle altre; dalla legge citata sarebbe pertanto mutuabile un ulteriore rafforzamento del principio autonomistico in tema di agricoltura e foreste.

Con l'art. 3 del decreto-legge n. 415 del 1989, convertito in legge n. 38 del 1990, e con l'art. 6, comma 3, del decreto- legge n. 142 del 1991, convertito in legge n. 195 del 1991, era stata disposta l'erogazione ad alcune regioni - tra cui la ricorrente - di finanziamenti per la realizzazione di opere finalizzate all'avvistamento di incendi boschivi.

Ma la generale prefissione di un termine di 30 giorni, ora introdotta dall'impugnato art. 3, per la consegna dei lavori con la relativa sanzione della perdita di contributi, oltre a violare gli artt. 117 e 118, introducendo un potere sostitutivo dello Stato ed un'automatica revoca-sanzione del finanziamento senza alcuna formalità procedimentale, si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che ha sempre richiesto una puntuale comunicazione, ritenendo insufficiente la mera prefissione di un termine ad integrare l'esigenza di un intervento statale sostitutivo. Sul piano pratico la ricorrente segnala che numerosi decreti ministeriali (da ultimo il d.m. n. 979 del 1993) hanno già impegnato i relativi fondi a favore della regione.

L'elevata complessità delle opere renderebbe evidente l'esiguità del termine e la sostanziale natura di automatico esproprio realizzato dalla norma.

6. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto dichiararsi infondate le proposte questioni, con argomentazioni in parte identiche a quelle riportate sub 2. A tali tesi difensive l'Avvocatura aggiunge che la censurata previsione di cui all'art. 3, è connessa con l'urgenza degl'interventi e si giustifica quindi come azione di stimolo nel quadro unificante dell'intervento dello Stato.

7.1. - Nell'imminenza dell'udienza entrambe le ricorrenti hanno presentato memorie. In particolare, la Regione Veneto ha sottolineato come l'istituzione del Ministero delle risorse agricole abbia rafforzato la competenza regionale in materia d'incendi boschivi, onde il relativo regolamento di organizzazione dovrebbe essere letto con criterio restrittivo di fronte alle competenze stesse. Invece l'impugnato decreto- legge non ripartisce i finanziamenti per regioni, nè affida a queste il reclutamento dei volontari, ma si rapporta alla superficie terrestre percorsa dal fuoco, sottendendo la tesi per cui quest'ultimo, non conoscendo confini, dovrebbe comportare la cancellazione delle attribuzioni regionali.

Inoltre, dietro la presunta generalità ultraregionale dell'interesse da tutelare, sarebbe ravvisabile la manomissione della disciplina dei parchi e delle aree di pregio naturalistico. Infatti, prevedendo un'intesa tra Ministero delle risorse agricole e Ministero dell'ambiente, ed accorpando parchi nazionali ed aree protette, si escluderebbero di fatto le regioni, in contrasto con le attribuzioni loro riconosciute dalla legge-quadro sulle aree protette.

In sostanza intorno alla competenza - sicuramente statale, ma speciale - del servizio aereo, sarebbero state raccolte materie e interessi appartenenti alle regioni, così violando il principio cooperativo. Anche l'urgenza dichiarata nell'intitolazione e nel primo articolo del provvedimento impugnato non sarebbe giustificata, anzitutto perchè non vi sarebbero materie ontologicamente suscettibili di essere trattate in via di urgenza, in secondo luogo perchè i finanziamenti de quibus non sarebbero inediti o imposti da particolari situazioni, ma compatibili con la precedente disciplina (e con la competenza regionale).

7.2. - La Regione Lombardia, premessa l'irrilevanza delle modificazioni apportate in sede di conversione ai fini del trasferimento delle censure dal decreto-legge alla legge, osserva come in nome di un'urgenza determinata proprio dall'amministrazione centrale si cerchi di reintrodurre un'unitarietà di interventi in capo allo Stato, eufemisticamente definita "strategia globale".

Inoltre la ricorrente contesta la ricostruzione del riparto di competenza offerta dall'Avvocatura e sottolinea come l'assunzione di volontari da parte dello Stato rappresenti un fatto creativo di duplicazione, concretizzando una sorta di nazionalizzazione dell'urgenza e di trasformazione della stessa in emergenza.

Conclude la Regione Lombardia ribadendo come il recupero delle somme per effetto del mero decorso di un breve termine, configuri nella sostanza un vero e proprio intervento sostitutivo. Infatti la sottrazione di risorse (al di fuori di ogni garanzia procedurale), altro non starebbe a significare che l'automatico subentro dello Stato nello svolgimento delle stesse attribuzioni cui si riferiscono le risorse avocate.

8. - Anche l'Avvocatura dello Stato ha presentato ulteriore memoria, sostenendo anzitutto che al nuovo Ministero delle risorse agricole spetterebbero in materia funzioni d'indirizzo e coordinamento, sì che nel settore in esame permarrebbe una "circoscritta ma essenziale competenza statale". Il finanziamento di cui all'impugnato decreto-legge risulterebbe giustificato da un preciso interesse nazionale, ed analogamente dovrebbe argomentarsi con riguardo al reclutamento ed all'impiego degli operatori, sì che sarebbe da escludere la lamentata marginalizzazione delle regioni.

Quanto all'impugnativa concernente l'art. 3, si sostiene che il termine (poi prorogato dalla legge di conversione) avrebbe una funzione d'impulso per la realizzazione "di interventi da tempo previsti e finanziati che avrebbero dovuto essere già stati completati e consegnati".

L'Autorità intervenuta conclude richiamandosi alla necessità, in materia, di una strategia globale e di un coordinamento rigorosamente unitario.

Considerato in diritto

1.1. - La Regione Veneto solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 del decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377, per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione all'art. 69, terzo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonchè alle leggi 1° marzo 1975, n. 47, 4 dicembre 1993, n. 491, 6 dicembre 1991, n. 394, ed al d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197.

A parere della ricorrente l'art. 1, comma 2, lettera b), nell'erogare un finanziamento di trenta miliardi in favore del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, individuerebbe tale amministrazione quale centro d'imputazione delle strutture del servizio antincendi, in tal modo relegando la regione al ruolo di mera sede territoriale. Viceversa, per effetto della normativa indicata, quest'ultima sarebbe la sola responsabile della costituzione dei servizi antincendi, dell'utilizzo delle opere e dell'impiego degli operatori volontari, i quali sono invece reclutati ai sensi della norma impugnata, nonchè selezionati ed impiegati dal Corpo forestale dello Stato à termini del successivo art. 2, parimenti impugnato.

È inoltre censurata la previsione di cui alla lettera c), nella parte in cui eroga finanziamenti finalizzati ad un piano di rilevamento degl'incendi, da realizzarsi d'intesa tra il Ministero citato e quello dell'ambiente, senza partecipazione alcuna della regione: piano che prevede installazioni in riserve naturali, parchi ed aree d'interesse naturalistico, oggetto di specifica competenza regionale.

1.2. - Identiche censure vengono rivolte nei confronti delle medesime norme, dopo la conversione dell'impugnato decreto nella legge 8 agosto 1994, n. 497, sulla premessa che le integrazioni e modificazioni apportate da detta legge non intaccherebbero la sostanza delle disposizioni.

1.3. - Anche la Regione Lombardia ha impugnato per violazione degli artt. 117, 118, 3 e 97 della Costituzione, in relazione all'art. 69, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 ed alla legge n. 491 del 1993, l'art. 1, comma 2, lettera b), del decreto-legge n. 377 del 1994, nella parte in cui prevede il reclutamento di volontari, i quali risulterebbero sostanzialmente alle dipendenze del Corpo forestale, con conseguente duplicazione di competenze rispetto alle squadre di operatori volontari già costituite ed operanti nel territorio della ricorrente.

Infine la medesima regione censura l'art. 3 del decreto- legge in esame, là dove prevede che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, le regioni che non abbiano ancora realizzato alcune opere di avvistamento degl'incendi boschivi già individuate da precedenti disposizioni, debbano "definire gli atti di consegna dei lavori", a pena di revoca della parte non utilizzata dei contributi previsti dalle dette normative. La norma è impugnata in quanto realizzerebbe, attraverso la mera prefissione di un termine e al di fuori di qualsiasi procedimento, un intervento sostanzialmente sostitutivo.

2. - Le questioni riguardano temi identici od affini; i relativi ricorsi possono quindi essere riuniti e trattati congiuntamente.

Va premesso tuttavia che le denunce della Regione Lombardia nei confronti del decreto-legge si estendono alle corrispondenti disposizioni della legge di conversione, secondo la costante giurisprudenza in materia di questa Corte (v. sentenze n. 742 del 1988 e n. 151 del 1986, nonchè ordinanza n. 1035 del 1988).

3.1. - Va anzitutto considerato il profilo attinente al finanziamento di trenta miliardi di lire - disposto dall'art. 1, comma 2, lettera b) - in favore del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali con riferimento alla gestione operativa e logistica degli aeromobili antincendio, alla gestione e al potenziamento degli elicotteri in dotazione al Corpo forestale dello Stato, alla gestione dei centri operativi e stazioni forestali di avvistamento, al potenziamento delle strutture, attrezzature, equipaggiamenti e mezzi terrestri.

La questione, proposta dalla sola Regione Veneto, è infondata.

Nella disposizione sono enucleabili due distinti profili d'imputazione della spesa ivi prevista: l'uno attinente alla gestione del servizio aereo e l'altro connesso al potenziamento di strutture e mezzi operanti sul territorio.

3.2. - L'art. 69 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ha trasferito alle regioni le funzioni di cui alla legge 1° marzo 1975, n. 47, recante norme integrative per la difesa dei boschi dagl'incendi. Tale legge fissava alcuni strumenti di programmazione, definiva opere e mezzi per la prevenzione degl'incendi, individuava nel Corpo forestale dello Stato lo strumento attraverso cui il Ministero dell'agricoltura e foreste avrebbe costituito il servizio antincendi boschivo (cfr. art. 5): attività, quest'ultima, specificatamente menzionata come di competenza regionale dal citato art. 69. La stessa norma dell'art. 69 (terzo comma), peraltro, ha riservato allo Stato l'organizzazione e la gestione, d'intesa con le regioni, del servizio aereo di spegnimento degli incendi e dell'impiego dei vigili del fuoco.

Sul piano organizzativo detto servizio si avvale del Centro operativo aereo unificato (COAU), il quale costituisce un'articolazione dell'ufficio emergenze del Dipartimento della protezione civile istituito dal d.P.C.m. 13 febbraio 1990, n. 11. Attraverso tali strutture vengono assicurati i rapporti con il centro operativo aeromobili del Corpo forestale dello Stato e con le Forze armate, volti a garantire la disponibilità degli aeromobili, del personale e del supporto logistico.

Ciò premesso, appare chiaro come l'erogazione di somme per un incremento del numero e il potenziamento dell'efficienza dei mezzi aerei corrisponda a materia di competenza dello Stato, e della quale sarebbe comunque arduo concepire una gestione non centralizzata, sol che si ponga mente alla molteplicità delle autorità impegnate, alla morfologia del territorio, alla dislocazione delle basi, all'utilizzo degli spazi aerei.

Peraltro, come meglio si dirà in seguito, anche tale servizio non può prescindere dalla necessità di un'intesa con le regioni interessate e va inserito in un indispensabile quadro unitario.

3.3. - Quanto al finanziamento di centri operativi ed al potenziamento di strutture e mezzi terrestri, la norma si inserisce in uno schema non nuovo, costituito dall'intervento diretto dello Stato, che si aggiunge a quanto le regioni già hanno predisposto in una materia che, in virtù del richiamato contesto normativo, è stata loro integralmente trasferita (vedasi ad esempio quanto disposto con il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 332, recante disposizioni urgenti per fronteggiare il rischio di incendi nelle aree protette, convertito con modificazioni in legge 29 ottobre 1993, n. 428).

A riguardo va ricordato che questa Corte ha in più occasioni (cfr., da ultimo, sentenze nn. 462 e 36 del 1992) escluso l'illegittimità d'interventi statali attinenti a materie di competenza delle regioni, allorchè essi presentino il carattere della straordinarietà ed i relativi finanziamenti risultino aggiuntivi rispetto ai trasferimenti ordinari. Nella specie è notorio il carattere di eccezionale emergenza assunto recentemente dal devastante fenomeno degl'incendi boschivi, sì da doversi considerare imperativo ed urgente l'interesse a intervenire. Inoltre la successione e, spesso, la concomitanza degli eventi calamitosi postulano l'esigenza di rendere unitario e non dispersivo l'impulso al potenziamento delle strutture (cfr. sentenza n. 418 del 1992), finalizzando la disciplina al superamento dell'emergenza ed al contenimento dei rischi nel limitato arco temporale in cui si sviluppano gl'incendi. L'efficienza dei mezzi è dunque direttamente strumentale all'efficacia della lotta agl'incendi boschivi, ed il concorso dello Stato non è in tale ottica lesivo delle attribuzioni della ricorrente; una migliore dotazione non può che giovare ai singoli piani regionali ed interregionali, volti al contenimento di un fenomeno per sua natura idoneo a valicare àmbiti territoriali definiti.

4. - Entrambe le ricorrenti censurano la previsione - contenuta nell'ultima parte dell'art. 1, comma 2, lettera b) - del reclutamento di operatori antincendio volontari da distribuire in relazione alla superficie terrestre, a quella forestale ed a quella percorsa dal fuoco come media dell'ultimo triennio. La Regione Veneto denuncia altresì l'art. 2, il cui comma 2 si collega a quanto sopra, là dove consente al Corpo forestale dello Stato di provvedere "alla selezione ed all'impiego" degli operatori in parola.

La questione è fondata, nei limiti di cui appresso.

Il già esposto quadro normativo deve essere completato con l'art. 71, lettera g), del d.P.R. n. 616 del 1977, che, nel riservare allo Stato il reclutamento, l'addestramento e l'inquadramento del Corpo forestale, chiarisce che questo è impiegato anche dalle regioni secondo l'art. 11, ultimo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11. Tale ultima norma, nel trasferire alle regioni a statuto ordinario alcuni uffici periferici del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, aveva appunto stabilito l'impiego del Corpo forestale da parte delle regioni stesse. Successivamente sono intervenuti il già citato art. 5 della legge n. 47 del 1975 e l'art. 10 della legge 4 dicembre 1993, n. 491 (istitutiva del nuovo Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali), secondo il quale sino all'emanazione di apposite leggi di riforma continuano ad applicarsi le norme in vigore concernenti il Corpo forestale dello Stato, del quale permane l'utilizzazione funzionale, sulla base di convenzioni, da parte delle regioni.

A riguardo va inoltre ricordato che questa Corte, nel riconoscere al Corpo forestale una sua peculiarità, anche in ragione delle funzioni di polizia forestale (cfr. sentenza n. 142 del 1972), ha sottolineato come l'assetto che scaturisce in materia dal d.P.R. n. 616 del 1977, nel salvaguardare l'unitarietà di struttura del Corpo, rappresenti per le regioni un vincolo nel senso di imporre alle medesime, allorchè intendano avvalersene, il rispetto dell'organizzazione del Corpo stesso. Tuttavia - ha rilevato la Corte - tale sistema non può "adeguatamente funzionare senza efficaci strumenti di cooperazione", per cui, "più che opportuno, è necessario che fra le due parti si stipulino convenzioni o intese in ordine all'impiego del personale" (sentenza n. 772 del 1988). Tali affermazioni debbono essere ribadite con riguardo all'organico, alle strutture ed alle dotazioni del Corpo forestale, ma, quanto al reclutamento ed all'impiego di operatori volontari, esse vanno necessariamente armonizzate, da un lato con la sopravvenuta, integrale devoluzione alle regioni di ogni competenza in materia di servizi antincendi già appartenente all'ex Ministero dell'agricoltura e foreste (attesa la formulazione dell'art. 1 della legge n. 491 del 1993), e dall'altro lato con la nuova disciplina del volontariato ex lege 11 agosto 1991, n. 266.

Ebbene, quest'ultima legge, nel dettare i princìpi cui deve attenersi la legislazione regionale nella disciplina delle modalità per lo svolgimento delle prestazioni (princìpi qualificabili come generali, per la loro attinenza a valori costituzionali: cfr. sentenza n. 75 del 1992), riserva proprio ad essa la definizione dell'utilizzo del volontariato all'interno delle strutture pubbliche e di quelle convenzionate con le regioni. E la legislazione delle regioni interessate, quando non prevedeva già l'utilizzo degli operatori volontari (come la Regione Lombardia, con l'art. 3, primo comma, della legge regionale 20 ottobre 1972, n. 33, e, in relazione specifica ai parchi, attraverso l'art. 10, quinto comma, della legge regionale 27 gennaio 1977, n.9), ha esplicitamente disciplinato la formazione e l'addestramento degli aderenti alle associazioni di volontariato (cfr. art. 3, lettera m), della legge regionale Veneto 24 gennaio 1992, n. 6). Mentre, più in generale, il d.P.R. 21 settembre 1994, n. 613, nel regolare la partecipazione del volontariato alle attività di protezione civile, conferma il radicamento sul territorio delle associazioni di volontariato.

Alla luce di quanto sopra, se può ammettersi che il Corpo forestale provveda alla selezione degli operatori volontari (pur se non destinati ad essere inclusi fra gli ausiliari del corpo stesso) in ragione dell'indispensabile apporto tecnico che deve assistere le valutazioni attitudinali, è viceversa lesiva della descritta competenza in materia di gestione del servizio antincendi la previsione di un impiego di tali operatori non collegato direttamente alla regione interessata. In altri termini, il Corpo forestale è una delle strutture che concorrono alla lotta agl'incendi boschivi secondo i piani regionali (e interregionali); quindi non può essergli demandata una valutazione dell'impiego dei volontari, che è viceversa un'altra componente della complessiva strategia di difesa dagl'incendi e che, sempre attraverso il piano, la regione gestisce e coordina.

L'erogazione di somme per il reclutamento è dunque non illegittima solo a condizione che gli operatori, sia pur selezionati dal Corpo forestale, siano impiegati dalle regioni cui vengono destinati, sì che la loro attività si inserisca nell'insieme delle azioni volte a prevenire e fronteggiare il fuoco senza sovrapposizioni e duplicazioni. Queste ultime, infatti, se sono ancora ammissibili sotto l'aspetto finanziario, non possono essere consentite sul piano operativo, poichè vengono ad incidere su un riparto di competenze che prevede la titolarità della regione nel servizio antincendi.

Deve essere perciò dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, del citato decreto-legge, convertito nella legge n. 497 del 1994, in quanto non riserva il potere d'impiego degli operatori antincendio volontari alla regione cui questi sono stati destinati, nel quadro dei piani regionali ed interregionali antincendio.

5. - L'art. 1, comma 2, lettera c), è denunciato nella parte in cui prevede il finanziamento di cinque miliardi per l'avvio di un piano di rilevamento, da realizzarsi d'intesa tra i Ministeri delle risorse agricole e dell'ambiente, mediante "sistemi con requisiti di rapidità di installazione e di rilocabilità, nell'àmbito dei parchi nazionali, delle riserve naturali a rischio e nelle altre aree ad elevato pregio naturalistico e culturale a rischio".

La Regione Veneto richiama in proposito la legge 6 dicembre 1991, n. 394, rivendicando le proprie competenze in tema di difesa dagl'incendi nelle aree protette e dolendosi sostanzialmente di essere stata totalmente esclusa dall'intesa di cui sopra.

La censura è fondata.

Nonostante la scarsa intelligibilità del dettato normativo, è tuttavia ragionevole ritenere che i "sistemi" in questione comportino comunque un intervento in aree naturali protette, nelle quali, ai sensi del titolo III della legge-quadro 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni esercitano poteri di gestione o vigilanza secondo un riparto di competenze già considerato da questa Corte corrispondente ai principi costituzionali in materia (sentenza n. 366 del 1992).

Ed allora non può non farsi applicazione del principio, sottolineato dall'art. 1, comma 5, della legge predetta, che postula l'attuazione di formule di cooperazione e d'intesa tra Stato e regione nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette. Il che vale ancor più ove si consideri come il "rilevamento" sia attività strumentale a quell'intervento immediato sul territorio che, per fronteggiare l'incendio, la regione è tenuta ad effettuare.

Ne consegue che l'installazione e la rilocazione di qualsiasi dispositivo atto allo scopo predetto, deve passare attraverso un momento di coinvolgimento del soggetto titolare del servizio antincendi. La norma in esame va perciò dichiarata illegittima nella parte in cui non prevede che all'intesa tra i due Ministeri citati partecipino anche le regioni interessate.

6. - Dopo quanto sopra ritenuto, non si può comunque non richiamare all'attenzione del legislatore come il problema della lotta agl'incendi, per la molteplicità di riferimenti normativi, per la pluralità e convergenza di competenze e, soprattutto, per la gravità dell'interesse sotteso, esige un'opera legislativa che riconduca a sistema le svariate attribuzioni oggi esistenti, secondo un disegno organico e coordinato non limitato ad un rapporto evento-intervento, bensì comprensivo di prevenzione, di repressione dei comportamenti colposi e dolosi, di ripristino dei luoghi, di coinvolgimento della collettività, sul modello di quanto realizzato in tema di difesa del suolo attraverso la legge 18 maggio 1989, n. 183.

7. - Distinta censura viene infine mossa dalla Regione Lombardia all'art. 3 del decreto-legge in esame.

Va premesso che con l'art. 30-bis del decreto- legge 28 dicembre 1989, n. 415, convertito con modificazioni in legge 28 febbraio 1990, n. 38, era stato disposto un contributo straordinario per il triennio 1990-1992 in favore di Sardegna, Liguria e Sicilia, al fine della realizzazione di un sistema di monitoraggio elettronico per la prevenzione degl'incendi avente determinate caratteristiche tecniche, da definirsi entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto citato.

Successivamente, con l'art. 6 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito con modificazioni in legge 3 luglio 1991, n. 195, un contributo di 10 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993 veniva iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura e foreste, da utilizzarsi in altre regioni a statuto ordinario, tra cui la Lombardia, d'intesa con le stesse, per i fini e con le modalità di cui al citato art. 30-bis.

Lamenta la Regione Lombardia che l'impugnato art. 3 abbia disposto la revoca dei contributi ed il recupero degli stessi per la parte non utilizzata, nel caso in cui le regioni non abbiano definito gli atti di consegna dei relativi lavori entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

La questione non è fondata.

Va considerato inesatto il presupposto interpretativo da cui muove la ricorrente, che ravvisa nella disposizione un'ipotesi di potere sostitutivo esercitato senza le dovute garanzie procedimentali. Il vero invece è che il termine ha una finalità meramente sollecitatoria nei confronti della regione per stimolare adempimenti già da tempo dovuti, cui il finanziamento era ab origine condizionato, legandosi alla realizzazione di un sistema interconnesso di monitoraggio da programmarsi, come s'è visto, entro trenta giorni dalla ormai remota data di erogazione del finanziamento stesso.

Il termine stabilito nella norma impugnata è stato portato a centottanta giorni dalla legge di conversione e poi prorogato di centottanta giorni dal decreto-legge 16 gennaio 1995, n. 9 ed ancora di altri centottanta giorni dal decreto- legge 17 marzo 1995, n. 79.

Codeste ripetute proroghe, ancor più chiaramente palesano la finalità sollecitatoria del termine, atteso che in entrambi i provvedimenti legislativi citati si dichiara di voler "consentire alle regioni ... di completare le procedure per la consegna dei lavori".

Pertanto, pienamente giustificata deve ritenersi la prevista revoca, quale conseguenza dell'inutile decorso del termine stesso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi - dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera c), del decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377 (Disposizioni urgenti per fronteggiare gl'incendi boschivi sul territorio nazionale), convertito in legge 8 agosto 1994, n. 497, nella parte in cui non estende l'intesa ivi prevista alle regioni interessate alla gestione delle aree naturali protette; - dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge 15 giugno 1994, n. 377, nella parte in cui non riserva il potere d'impiego degli operatori volontari antincendio alla regione cui questi sono stati destinati; - dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, lettera b), e 3, comma 1, del medesimo decreto-legge, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione, dalle Regioni Veneto e Lombardia con i ricorsi di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/05/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/05/95.