Sentenza n. 134 del 1995

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SENTENZA N. 134

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata riapprovata il 15 novembre 1994 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: "Norme di perequazione per il personale destinatario della l.r. 23 dicembre 1982, n. 41, concernente l'inquadramento del personale messo a disposizione della Regione ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616" promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 3 dicembre 1994, depositato in cancelleria il 9 dicembre 1994 ed iscritto al n. 86 del registro ricorsi 1994.

Udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli; udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo, per il ricorrente.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 3 dicembre 1994, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale nei confronti della legge della Regione Basilicata approvata dal Consiglio regionale il 21 giugno 1994 e riapprovata, a seguito di rinvio governativo, il 15 novembre 1994, recante "Norme di perequazione per il personale destinatario della l.r. 23 dicembre 1982, n. 41, concernente l'inquadramento del personale messo a disposizione della Regione ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616".

Il ricorrente rileva che la legge impugnata prevede il reinquadramento del personale trasferito alla Regione per effetto del d.P.R. n. 616 del 1977, appartenente ai ruoli tecnici o atipici degli enti di provenienza con mansioni di educatore o di assistente sociale, già inquadrato, con legge regionale 23 dicembre 1982, n. 41, nel quinto livello funzionale e poi reinquadrato, con legge regionale 12 marzo 1984, n. 6, al sesto livello.

Per effetto dell'ulteriore reinquadramento disposto con la legge impugnata detto personale verrebbe ora immesso negli stessi livelli funzionali del personale docente di formazione professionale, di cui alle leggi regionali 10 luglio 1981, n. 18, e 22 febbraio 1980, n. 11, con decorrenza giuridica dalla data di inquadramento nei ruoli regionali ed economica dalla data di entrata in vigore della stessa legge impugnata.

A giudizio del ricorrente tale legge sarebbe lesiva del principio di ragionevolezza e di parità di trattamento, di cui all'art. 3 della Costituzione, nonchè del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione, per il fatto di estendere immotivata mente al personale in questione l'inquadramento in qualifiche superiori già concesso ad altro personale, diverso per professionalità e funzioni.

La stessa legge - sempre a giudizio del ricorrente - sarebbe inoltre lesiva dell'art. 117 della Costituzione per contrasto con i principi fondamentali in materia di pubblico impiego di cui all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed alle disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per il fatto di prevedere un reinquadramento ope legis in livelli superiori prescindendo dai requisiti di professionalità e dal possesso del titolo di studio richiesti per l'accesso a detti livelli e senza tenere conto della disponibilità dei posti in organico.

2.- La Regione non si è costituita nel giudizio.

Considerato in diritto

1.- Forma oggetto del presente giudizio la legge della Regione Basilicata recante "Norme di perequazione per il personale destinatario della l.r. 23 dicembre 1982, n. 41, concernente l'inquadramento del personale messo a disposizione della Regione ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616", approvata dal Consiglio regionale il 21 giugno 1994 e riapprovata, a seguito di rinvio governativo, il 15 novembre 1994.

Ad avviso del ricorrente, la legge impugnata risulterebbe lesiva degli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione per il fatto di prevedere a favore del personale trasferito alla Regione per effetto del d.P.R. n. 616 del 1977, appartenente ai ruoli tecnici o atipici degli enti di provenienza con mansioni di educatore o di assistente sociale - personale già inquadrato, con legge regionale n. 41 del 1982, nel quinto livello funzionale e poi reinquadrato, con legge regionale n. 6 del 1984, nel sesto livello - il reinquadramento negli stessi livelli funzionali attribuiti al personale docente dei corsi di formazione professionale ai sensi dell'art. 21 della legge regionale 10 luglio 1981, n. 18 e dell'art. 7 della legge regionale 22 febbraio 1980, n. 11.

2.- La questione è fondata.

La legge impugnata, intervenendo, a distanza di oltre un decennio, a modificare gli inquadramenti del personale rifluito nel ruolo regionale a seguito del d.P.R. n. 616 del 1977, intende equiparare al personale docente addetto alle attività di formazione professionale la categoria degli educa tori ed assistenti sociali già appartenenti ai ruoli tecnici o atipici degli enti di provenienza. Come rileva il ricorrente, tale categoria di dipendenti risulta, peraltro, caratterizzata da profili professionali che non appaiono comparabili con quelli propri del personale docente della formazione professionale, cui la legge regionale ha affidato "attività di insegnamento teorico (cultura generale, lingua, etc.)", richiedendo allo stesso "in stretta connessione con le caratteristiche dell'insegnamento da impartire, una preparazione di base corrispondente a quella stabilita per analoghi insegnamenti teorici nella scuola media unica o in istituzioni scolastiche di livello superiore"(v. art. 7 l.r. 22 febbraio 1980, n. 11).

L'assimilazione operata dalla legge impugnata si presenta, pertanto, priva di ragionevole giustificazione e lesiva dei principi di cui agli artt. 3 e 97 Cost., dal momento che tende indebitamente ad unificare, dietro un conclamato ma non dimostrato fine perequativo, categorie di personale non equi parabili nelle mansioni e nei profili professionali e che, in ragione della loro diversità, sono state sempre, fin dal loro primo inquadramento nel ruolo regionale, distintamente regolate dalla normativa intervenuta nel settore. Si aggiunga che la legge in esame ha inteso altresì operare un reinquadramento generalizzato ed automatico della categoria in questione ad un livello superiore, prescindendo completamente dalla valutazione delle mansioni concretamente svolte in precedenza dai singoli componenti la stessa categoria. Nella specie l'esigenza di una simile valutazione veniva, invece, a imporsi anche in relazione al fatto che la stessa legge assumeva a proprio oggetto una categoria professionale che, per la sua atipicità, risultava caratterizzata da parametri differenziati di professionalità non riconducibili alle tradizionali carriere amministrative dell'ente di appartenenza (v. sent. n. 21 del 1989). Dal che l'ulteriore violazione dei parametri rappresentati negli artt. 3 e 97 Cost. Resta assorbita la censura prospettata in relazione all'art. 117 Cost..

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata intitolata "Norme di perequazione per il personale destinatario della l. r. 23 dicembre 1982, n. 41, concernente l'inquadramento del personale messo a disposizione della Regione ai sensi del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616", riapprovata dal Consiglio regionale il 15 novembre 1994.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/04/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27/04/95.