Sentenza n. 78 del 1995

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SENTENZA N. 78

 

ANNO 1995

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

 

-        Prof. Francesco GUIZZI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

-        Avv. Massimo VARI

 

-        Dott. Cesare RUPERTO

 

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, quarto comma, della legge 2 aprile 1980, n. 127 (Soppressione dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza delle ostetriche e nuova disciplina dei trattamenti assistenziali e previdenziali per le ostetriche), nonché degli artt. 4, comma 8, del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, 2 della legge 27 febbraio 1984, n. 18 (Disciplina della proroga dei termini di vigenza delle leggi e proroga di taluni termini di scadenza in 31 dicembre 1983), 6, comma 30, della legge 29 febbraio 1988, n. 48 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), e 7, comma 5, della legge 7 dicembre 1989, n. 389 (Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati), promosso con ordinanza emessa il 13 aprile 1994 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Allegranza Cesarina ed altre e l'ENPAO iscritta al n. 424 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1994.

 

Visto l'atto di costituzione di Alloisio Renata ed altre nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 7 febbraio 1995 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

 

uditi l'avv. Franco Agostini per Alloisio Renata ed altre e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso di un giudizio promosso da Giuseppina Allegranza ed altre contro l'Ente di previdenza ed assistenza delle ostetriche (ENPAO) in liquidazione, al fine di ottenere il trattamento pensionistico di vecchiaia in misura non inferiore a quello minimo erogato ai lavoratori autonomi delle gestioni speciali INPS, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 13 aprile 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, quarto comma, della legge 2 aprile 1980, n. 127, "nella parte in cui non ha previsto alcun meccanismo di adeguamento dei valori monetari relativi ai minimi di pensione di vecchiaia delle ostetriche", quali stabiliti dai commi precedenti dello stesso articolo, nonché degli artt. 4, comma 8, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, 2 del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747, convertito in legge 27 febbraio 1984, n. 18, 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48, 7, comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389, nelle parti in cui, prorogando il termine per lo scioglimento dell'ENPAO di cui all'art. 1 della legge n. 127 del 1980, "parimenti non hanno previsto alcun meccanismo di adeguamento dei valori monetari relativi ai detti minimi".

 

Per intendere la questione, occorre premettere che l'art. 1 della legge n. 127 del 1980 aveva disposto lo scioglimento dell'ENPAO alla scadenza di tre anni decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge medesima (27 aprile 1980). L'art. 4, quarto comma, stabiliva inoltre che "con decorrenza immediatamente successiva alla data di scioglimento dell'ENPAO (27 aprile 1983) i trattamenti mensili di pensione dovranno comunque garantire un trattamento minimo pensionistico pari a quello previsto per i lavoratori autonomi delle gestioni dell'INPS", mentre per la durata del regime transitorio l'art. 5 attribuiva al Ministro del lavoro il potere di aumentare annualmente le pensioni erogate dall'ente in misura percentuale correlata alle variazioni dell'indice del costo della vita.

 

Per ragioni connesse al dissesto finanziario dell'ENPAO, la data dello scioglimento è stata via via prorogata dai decreti citati fino al 30 giugno 1990. L'ente è stato sciolto dalla legge 7 agosto 1990, n. 249, con effetto dal 1x luglio 1990; i trattamenti pensionistici erogati dall'ente, maturati successivamente a tale data, sono stati posti a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali istituita presso l'INPS, e assoggettati alla perequazione automatica con gli stessi criteri in vigore per le gestioni speciali INPS per i lavoratori autonomi.

 

Le citate leggi di proroga del termine previsto per lo scioglimento dell'ENPAO sono gi state impugnate dal medesimo Tribunale, nel corso della stessa causa, con ordinanza del 21 novembre 1991, in quanto impedivano l'adeguamento dei trattamenti pensionistici al trattamento minimo corrisposto dalle gestioni INPS per i lavoratori autonomi. La questione è stata dichiarata inammissibile sul riflesso che il lamentato effetto impeditivo derivava dal combinato disposto di queste leggi con l'art. 4, quarto comma, della legge n. 127 del 1990, non impugnato, che condizionava l'adeguamento al presupposto dello scioglimento dell'ente.

 

Con l'odierna ordinanza di rimessione il Tribunale di Genova solleva nuovamente la questione impugnando anche l'art. 4, in conformità del dictum della Corte, e invocando a sostegno ragioni analoghe a quelle che hanno determinato la sentenza n. 497 del 1988 di questa Corte in tema di rivalutazione dell'indennità di disoccupazione.

 

2. Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono costituite tre ricorrenti, aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza di rimessione e concludendo per una dichiarazione di fondatezza.

 

In particolare le parti private sostengono che, non essendo stata conferita efficacia retroattiva all'abrogazione l'art. 4, quarto comma, della legge del 1980, disposta dall'art. 4 della legge n. 249 del 1990, è possibile interpretare la legge del 1980 nel senso che, fin dalla scadenza del triennio indicato dall'art. 1 come data di decorrenza dello scioglimento dell'ENPAO, era gi sorto in capo alle titolari di pensioni corrisposte dall'ente il diritto a un trattamento minimo di ammontare pari a quello spettante ai lavoratori autonomi delle gestioni INPS.

 

Se questa interpretazione non fosse condivisa, la normativa impugnata dovrebbe ritenersi incostituzionale perché viola i principi, desumibili dagli artt. 3 e 38 Cost., secondo cui i trattamenti pensionistici devono assicurare, in termini reali, mezzi adeguati alle esigenze di vita, e quindi devono essere assistiti della garanzia di un trattamento minimo. Poiché alla scadenza del termine era venuto meno l'effetto dell'art. 5 della legge n. 127 del 1980 e la relativa previsione era stata assorbita da quella dell'ultimo comma dell'art. 4 sul trattamento minimo, le leggi di proroga avrebbero dovuto prevedere la perequazione automatica indipendentemente dallo scioglimento dell'ENPAO.

 

Tali argomenti sono stati ribaditi in una memoria depositata in prossimità dell'udienza di discussione.

 

3. E' intervenuto il presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

 

Inammissibile, in relazione all'adeguamento delle pensioni minime erogate dall'ENPAO alle variazioni degli indici del costo della vita, per il quale provvede non la norma impugnata, ma il successivo art. 5 non impugnato; infondata, in relazione alla perequazione automatica nella misura prevista per le pensioni INPS dei lavoratori autonomi, questo tipo di adeguamento essendo previsto dall'art. 4 sotto la condizione dello scioglimento ENPAO, nel quadro di una riorganizzazione globale della previdenza per le ostetriche.

 

Considerato in diritto

 

1. Il Tribunale di Genova ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, quarto comma, della legge 2 aprile 1980, n. 127, "nella parte in cui non ha previsto alcun meccanismo di adeguamento dei valori monetari relativi ai minimi di pensione di vecchiaia delle ostetriche", quali stabiliti dai commi precedenti dello stesso articolo, nonché degli artt. 4, comma 8, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, 2 del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747, convertito in legge 27 febbraio 1984, n. 18, 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48, 7, comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389, nelle parti in cui, prorogando il termine per lo scioglimento dell'ENPAO di cui all'art. 1 della legge n. 127 del 1980, "parimenti non hanno previsto alcun meccanismo di adeguamento dei valori monetari relativi ai detti minimi".

 

Alla stregua della motivazione dell'ordinanza di rimessione e del confronto con l'ordinanza precedente del 21 novembre 1991, emessa nel corso della medesima causa e che ha dato luogo alla sentenza di questa Corte n. 487 del 1992, la nuova questione, formulata nei termini generici sopra riferiti, va interpretata come diretta a ottenere una sentenza che, per il periodo dal 27 aprile 1983 (data di scadenza del termine triennale previsto dall'art. 1 della legge n. 127 del 1980) al 1° luglio 1990 (data di trasferimento dei trattamenti pensionistici a carico dell'ENPAO alla Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno delle gestioni previdenziali istituita presso l'INPS), riconosca alle ostetriche iscritte all'ENPAO il diritto a un trattamento minimo pensionistico pari a quello corrisposto dalle gestioni previdenziali dell'INPS per i lavoratori autonomi.

 

2. La questione non è fondata.

 

L'art. 4, quarto comma, della legge n. 127 del 1980 (abrogato dall'art. 4 della legge 7 agosto 1990, n. 249) disponeva che il trattamento minimo di pensione delle ostetriche fosse ragguagliato a quello previsto per i lavoratori autonomi delle gestioni INPS "con decorrenza immediatamente successiva alla data di scioglimento dell'ENPAO", da attuarsi entro tre anni dall'entrata in vigore della legge del 1980 (art. 1), ma poi procrastinato fino al 1990 a causa delle crescenti difficolt di soluzione del dissesto finanziario dell'ente. Dal presupposto dello scioglimento dell'ENPAO non si può prescindere, perché l'innalzamento dei trattamenti pensionistici previsti dai primi tre commi dell'art. 4 della legge n. 127 al detto livello minimo non è possibile se non nel quadro di una ristrutturazione globale della previdenza delle ostetriche, che in pari tempo elevi in misura corrispondente i contributi a carico delle assicurate. Le ricorrenti pretendono invece, per il periodo indicato, l'integrazione delle loro pensioni a un minimo pari a quello erogato dalle gestioni speciali per i lavoratori autonomi, pur avendo continuato a versare le contribuzioni previste dal regolamento ENPAO, la cui esiguità (30.000 lire annue fino al 1980, aumentate a 300.000 dall'art. 3 della legge n. 127 del 1980) è la causa principale del sopravvenuto stato di decozione dell'ente.

 

Va rammentato che per le ostetriche, in quanto libere professioniste, dovrebbe valere la regola legislativa di integrale autofinanziamento delle casse di previdenza delle categorie professionali. In deroga a tale regola lo Stato è gi intervenuto una prima volta con un contributo straordinario all'ENPAO di quindici miliardi di lire (art. 8 della legge 15 aprile 1985, n. 140), una seconda volta accollando al Ministero del tesoro i ratei di pensioni maturati fino al 30 giugno 1990 e non pagati dall'ente (art. 3, comma 4, della legge n. 249 del 1990), una terza volta ponendo a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno delle gestioni previdenziali, istituita presso l'INPS e finanziata interamente dallo Stato (art. 37, comma 2, della legge 9 marzo 1989, n. 88), i trattamenti pensionistici maturati successivamente al 30 giugno 1990, determinati nella misura prevista dall'art. 4 della legge del 1980 (peraltro con possibilità di cumulo con le prestazioni di altre forme di previdenza obbligatoria: art. 3, sesto comma), ma soggetti alla perequazione automatica alle variazioni del costo della vita con gli stessi criteri applicati dalle menzionate gestioni speciali dell'INPS (art. 1, comma 2, della legge n. 249 del 1990).

 

Questa soluzione, sostenuta da interventi di finanza straordinaria, delle pendenze del disciolto ENPAO anteriori al 1x luglio 1990 non è censurabile in riferimento all'art. 3 Cost., nè sotto il profilo del principio di eguaglianza, perché, per costante giurisprudenza di questa Corte, i trattamenti pensionistici delle varie categorie professionali non sono tra loro comparabili, nè sotto il profilo del principio di razionalità, perché l'art. 4, quarto comma, della legge del 1980 non ha il significato di una promessa vincolante: è una previsione normativa che le vicende successive hanno dimostrato non attuabile per ragioni organizzative e finanziarie, che ne giustificano l'abrogazione.

 

Nemmeno si può ravvisare un contrasto con l'art. 38, secondo comma, Cost. Il precetto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori si riferisce principalmente all'organizzazione e alla gestione della previdenza obbligatoria, alla quale deve essere garantito un flusso di contributi degli assicurati proporzionato ai bisogni da soddisfare, mentre l'intervento solidaristico della collettività generale va limitato a casi giustificati da particolari condizioni equamente selezionate, e comunque contenuto nei limiti delle disponibilità del bilancio dello Stato.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, quarto comma, della legge 2 aprile 1980, n. 127 (Soppressione dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza delle ostetriche e nuova disciplina dei trattamenti assistenziali e previdenziali per le ostetriche), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1995.

 

Antonio BALDASSARRE, Presidente

 

Luigi MENGONI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 6 marzo 1995.