Sentenza n. 456 del 1994

CONSULTA ONLINE

 

 

SENTENZA N. 456

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) e dell'art. 25 del D.M. 11 novembre 1930 (Approvazione di uno schema di polizza a tipo unico per abbonamento al telefono), in quanto recepito dall'art. 2 del citato d.P.R. n. 156, promossi con le seguenti ordinanze:

 

1) ordinanza emessa il 10 marzo 1994 dal Tribunale di Potenza nel procedimento civile vertente tra Collazzo Rosa e la S.I.P., iscritta al n. 344 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1994;

 

2) ordinanza emessa il 10 marzo 1994 dal Tribunale di Potenza nel procedimento civile vertente tra Sole Fortunato e la S.I.P., iscritta al n. 345 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1994;

 

udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di due giudizi promossi nei confronti della S.I.P. - Società concessionaria del servizio telefonico da due utenti, i quali avevano visto il proprio nominativo rispettivamente omesso e trascritto in modo inesatto nell'elenco ufficiale degli abbonati, il Tribunale di Potenza, con due identiche ordinanze emesse il 10 marzo 1994, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) e 25 del D.M. 11 novembre 1930 (Approvazione di uno schema di polizza a tipo unico per abbonamento al telefono) in quanto recepito dall'art. 2 del citato d.P.R. n. 156, nella parte in cui dette norme esonerano la società concessionaria (S.I.P.) dalla responsabilità nelle ipotesi descritte.

 

Il giudice a quo premette: a) che non si controverte, nella specie, delle indennità o dei rimborsi previsti dal codice postale, ma si verte esclusivamente nell'àmbito del risarcimento dei danni, per cui non è applicabile la disposizione che impone il preventivo esperimento del reclamo in via amministrativa, b) che entrambe le vicende sono anteriori al nuovo regolamento di servizio per gli abbonamenti telefonici approvato con D.M. 8 settembre 1988, n. 484.

 

Nel merito il Tribunale remittente osserva che la norma di cui all'art. 6 esonera il concessionario da ogni responsabilità fuori dei casi stabiliti dalla legge, mentre nell'art. 2 si opera un rinvio alle disposizioni regolamentari, una delle quali sarebbe appunto quella contenuta nell'art. 25 del D.M. 11 novembre 1930.

 

Tale sistema determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra concessionario ed utente, così da "alterare la materia sostanzialmente privatistica del rapporto tra gli stessi contraenti". A riguardo viene richiamata la giurisprudenza costituzionale in tema di responsabilità dell'amministrazione postale per la perdita di raccomandate e della S.I.P. per interruzioni del servizio dovute a sua colpa.

 

In tale occasione sono state sottolineate, ricorda il Tribunale, la necessità che i rapporti con gli utenti si conformino ad un regime privatistico e l'anacronismo di un "privilegio del fisco" in favore del servizio pubblico.

 

Secondo questa prospettiva le limitazioni alla responsabilità dovrebbero essere specifiche e giustificate, mentre la deroga in argomento consentirebbe alla S.I.P. di sottrarsi al risarcimento anche ove l'omissione o l'errore circa le indicazioni relative all'abbonato siano ad essa addebitabili. Risulterebbe in tal modo alterato "l'equilibrato componimento degli interessi riferibili alle parti del contratto di utenza."

Considerato in diritto

1. - Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, che prevede l'esclusione o la limitazione della responsabilità dell'amministrazione postale e dei concessionari dei servizi postali, di bancoposta e di telecomunicazioni, nonchè dell'art. 25 del D.M. 11 novembre 1930 (recepito dall'art. 2 del citato d.P.R. n. 156 del 1973), che espressamente esclude la responsabilità della Società concessionaria dei servizi telefonici per omissioni o errori negli elenchi degli abbonati.

 

Il Tribunale remittente si avvale della medesima argomentazione, concernente l'asserita disparità di trattamento tra concessionario ed utente, in entrambe le ordinanze, relative a due distinti procedimenti aventi ad oggetto i casi di due utenti, il cui nominativo era stato rispettivamente omesso e trascritto in modo inesatto nell'elenco ufficiale degli abbonati.

 

I due giudizi, per la stretta analogia della materia, debbono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.

 

2. - Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile la censura della disposizione regolamentare di cui all'art. 25 del D.M. 11 novembre 1930, palesemente non suscettibile, per la sua natura di norma secondaria, di essere sottoposta al controllo diretto di legittimità costituzionale.

 

3. - Tuttavia - come ha già affermato questa Corte in un caso del tutto analogo (sentenza n. 1104 del 1988) - l'inammissibilità della questione proposta nei confronti della disposizione regolamentare non può comportare anche l'inammissibilità, per difetto di rilevanza, delle censure formulate nei confronti dell'art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973. Quest'ultima disposizione, infatti, trova applicazione attraverso le specificazioni espresse dalla normativa regolamentare, i cui contenuti integrano il precetto della norma primaria, in quanto fatti salvi fino all'emanazione del nuovo regolamento postale dall'art. 2 dello stesso d.P.R. n.156 del 1973.

 

Il rapporto che così si determina tra la legge e la fonte secondaria, che ne concretizza un preciso significato, consente lo scrutinio di costituzionalità dell'art. 6, nella parte in cui esclude la responsabilità del concessionario del servizio telefonico per omissione parziale od errori nelle indicazioni relative all'abbonato negli elenchi telefonici.

 

Sotto tale profilo la questione è fondata.

 

É evidente che il totale esonero dalla responsabilità del concessionario per omissioni o errori di numeri, diciture, qualifiche, titoli, indirizzi e quant'altro risulti necessario alla individuazione dell'abbonato e della sua utenza telefonica, non trova una ragionevole giustificazione in esigenze proprie del servizio telefonico, in vista delle quali soltanto va considerata in linea con i princìpi costituzionali la configurabilità di una disciplina speciale nella materia della responsabilità stessa, a fronte di quella prevista in via generale dal codice civile. Disciplina speciale che, d'altronde, viene ad alterare - per la disposta esclusione di un qualunque risarcimento dei danni subiti dall'utente per colpa del concessionario - l'equilibrato componimento degli interessi delle parti del contratto d'utenza (cfr. sentenza n. 1104 del 1988, nonchè sentenze n.132 del 1985 e n. 303 del 1988).

 

Non a caso, del resto, con l'art. 26, comma 3, del successivo regolamento di servizio (approvato con il D.M. 8 settembre 1988, n.484, ma non applicabile nei giudizi a quibus) è stata dettata una disciplina che, seppure entro limiti assai ristretti, prevede la responsabilità della società concessionaria nelle ipotesi in argomento.

 

Nel senso attribuitogli dall'art. 25 del D.M. del 1930, quindi, l'impugnato art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973 va dichiarato illegittimo.

 

4. - La citata norma regolamentare non è invece idonea a fondare un'interpretazione dell'art. 6, tale da escludere la responsabilità in caso di totale omissione di ogni annotazione relativa all'utente.

 

Come ha in più occasioni affermato la giurisprudenza di legittimità, infatti, col riferirsi a numeri, diciture, qualifiche, indirizzi e simili, la disposizione in parola intende considerare solo errori ed omissioni parziali, presupponendo che il diritto all'inserzione nell'elenco, sia pure in modo imperfetto, si sia comunque realizzato ed implicando quindi che il nome non sia stato del tutto omesso. Tesi, questa, confortata anche dal rilievo che, ove avesse inteso comprendere nell'esonero dalla responsabilità il caso dell'omissione totale, il legislatore non avrebbe certo provveduto a specificare tutti i possibili oggetti dell'omissione stessa e degli errori incorsi, ai quali soltanto si correla dunque la lamentata esclusione.

 

La lettura conforme a Costituzione che ne consegue, conduce ad escludere, secondo tale prospettiva, la fondatezza della questione.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui esclude la responsabilità della Società concessionaria del servizio telefonico per le erronee indicazioni nell'elenco degli abbonati, come specificate dall'art. 25 del D.M. 11 novembre 1930 (Approvazione di uno schema di polizza a tipo unico per abbonamento al telefono);

 

2) dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale della medesima norma, sollevata dal Tribunale di Potenza in riferimento all'art. 3 della Costituzione con l'ordinanza n.344 del 1994;

 

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 del D.M. 11 novembre 1930, sollevata dallo stesso Tribunale con le ordinanze di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Cesare RUPERTO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 30/12/94.