Sentenza n.454 del 1994

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SENTENZA N. 454

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 10 agosto 1964, n. 719 (Fornitura gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari), promosso con ordinanza emessa il 22 dicembre 1992 dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra Bellia Vito ed altri, n.q. e l'Assessorato dei beni culturali e della pubblica istruzione della Regione siciliana, iscritta al n. 191 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un giudizio civile instaurato da genitori esercenti la patria potestà sui rispettivi figli minori, alunni di una scuola elementare privata, per l'accertamento del loro diritto di credito, nei confronti della pubblica amministrazione, avente per oggetto la prestazione gratuita dei libri di testo, il Tribunale di Catania, con ordinanza del 22 dicembre 1992 (pervenuta alla Corte il 24 marzo 1994), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art.1, primo comma, della legge 10 agosto 1964, n. 719 (Fornitura gratuita di libri di testo agli alunni delle scuole elementari), nella parte in cui non estende l'erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole private, non abilitate a rilasciare titoli di studio riconosciuti dallo Stato .

2.- Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo ricorda che, nonostante che la materia dell'istruzione elementare sia devoluta alla competenza esclusiva della Regione siciliana (art. 14, lett. r, dello Statuto speciale di autonomia), la norma impugnata trova applicazione nella regione fino a quanto non sia in concreto esercitata la competenza legislativa regionale; il che nella specie non è avvenuto.

Nè può ritenersi che l'art. 42 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 - che, nel dare la definizione di "assistenza scolastica", quale materia trasferita alle regioni, espressamente prevede "l'erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari", senza fare alcuna distinzione tra scuole pubbliche e private - abbia implicitamente abrogato la norma impugnata, rendendo così irrilevante l'incidente di costituzionalità, perchè il decreto presidenziale citato si limita a regolare il passaggio delle funzioni dallo Stato alle regioni ordinarie indicando, nel contempo, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentt. n. 223 del 1984 e 216 del 1985), un minimum di funzioni da garantire anche alle regioni a statuto speciale; cosicchè soltanto l'emanazione di leggi regionali nello specifico settore può determinare la cessazione dell'efficacia delle precedenti leggi statali disciplinanti quelle materie divenute di competenza regionale. Diversamente, dovrebbe ritenersi che la legislazione statale (art. 42 d.P.R. n. 616 cit.) abbia arbitrariamente invaso la sfera dell'autonomia della Regione siciliana, la quale, pur se non ha in concreto legiferato, è sempre titolare in via esclusiva delle competenze nella materia.

Da tutto sopra deriverebbe la perdurante applicabilità, nel giudizio a quo, dell'art. 1 della legge n. 719 del 1964; donde la rilevanza della prospettata questione.

3.- Nel merito, il giudice della rimessione ricorda, in via preliminare, che le scuole elementari sono di due tipi: "autorizzate, ovvero a sgravio". Le prime possono essere a frequenza gratuita, ma normalmente richiedono (come nel caso della scuola frequentata dai figli degli attori) il pagamento di una retta e in ogni caso non rilasciano titoli riconosciuti dallo Stato; le seconde sono, per legge, a frequenza gratuita e rilasciano titoli riconosciuti dallo Stato.

Nelle scuole secondarie, invece, la distinzione è più articolata, prevedendosi non solo scuole autorizzate, ma anche scuole legalmente riconosciute e scuole pareggiate, che (entrambe) rilasciano titoli legalmente riconosciuti, ma non sono a frequenza necessariamente gratuita. Ne deriva che nell'ordinamento non sussiste una connessione necessaria tra gratuità e rilascio di titoli riconosciuti, esistendo scuole private secondarie a frequenza onerosa che rilasciano titoli legalmente riconosciuti.

Per le scuole elementari, mentre "non sorge alcun problema" con riguardo a quelle pubbliche o "a quelle private a sgravio", in quanto in esse si ottempera all'obbligo scolastico con la mera frequenza, per le scuole private "semplicemente autorizzate" si possono avere due evenienze: o anno per anno gli alunni si sottopongono da esterni all'esame, che conferisce loro il titolo di studio riconosciuto; ovvero non oltre il compimento del quindicesimo anno di età devono sostenere l'esame di licenza della scuola media.

Ciò premesso, nell'ordinanza si sostiene che l'art. 34 della Costituzione assicura l'obbligatorietà dell'istruzione e il suo effettivo adempimento, sollevando da ogni corrispondente onere i soggetti cui fa carico tale obbligo e prescindendo da ogni considerazione circa il reddito della famiglia.

Si sostiene altresì che l'art. 33 della Costituzione, impedendo il finanziamento pubblico delle scuole private, riguarda la gestione delle scuole intese quali imprese, e non invece gli utenti finali della prestazione e del servizio scolastico.

Inoltre dai menzionati artt. 33 e 34 della Costituzione è desumibile il principio della parità di trattamento tra scuole private e scuole pubbliche con riferimento alle provvidenze scolastiche, sempre prescindendo dal reddito dei beneficiari; e detto principio trova, come si è detto, attuazione anche nell'art. 42 del d.P.R. n. 616 del 1977 cit.

É altresì garantito, dall'art. 3 della Costituzione, il diritto dei genitori di scegliere tra scuola pubblica e scuola privata per l'assolvimento dell'obbligo scolastico. E poichè la scelta di iscrizione alle scuole private è spesso collegata ad esigenze dei genitori e degli alunni scaturenti da carenze riscontrabili nei servizi pubblici e non testimonia necessariamente un sintomo di maggiore capacità economica, non sarebbe giustificabile la discriminazione di quei genitori nel godimento di una prestazione pubblica, qual'è la fornitura dei libri di testo, volta a facilitare l'assolvimento dell'obbligo scolastico.

Così la norma impugnata sarebbe in contrasto con il principio della gratuità dell'istruzione, con quello della libertà di iscrizione presso le scuole private, con quello della parità tra scuole pubbliche e private ed infine con il principio di eguaglianza per il trattamento differenziato che la norma creerebbe del tutto irragionevolmente.

4.- É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l'infondatezza della questione.

In proposito ricorda che l'ordinamento contempla le scuole meramente private, le scuole sussidiate o "a sgravio" (art. 90 T.U. 5 febbraio 1928, n. 577), oltrechè l'ulteriore categoria delle scuole parificate (art. 2 R.D. 20 giugno 1935, n. 1196).

Le scuole sussidiate, pur aperte da privati, sono istituite sulla base di un'autorizzazione del Provveditore agli studi, "dove non esiste alcun'al tra scuola" e "sono mantenute parzialmente con il sussidio dello Stato" (art. 90 del T.U. del 1928 cit.).

Le scuole parificate sono, invece, quelle tenute da enti, corporazioni ed associazioni e sono riconosciute ad ogni effetto legale mediante apposita convenzione di parifica, che stabilisce anche il contributo dello Stato.

La disposizione impugnata, nel delineato quadro ordinamentale, rende evidente l'intento da parte dello Stato di coprire, con proprio contributo finanziario diretto od indiretto, tutta l'area della domanda formativa attinente all'istruzione obbligatoria elementare, in cui le scuole sussidiate e parificate sono abilitate a rilasciare titoli di studio riconosciuti dallo Stato.

Ciò premesso, non sembrano sussistere i paventati contrasti con i parametri costituzionali invocati nell'ordinanza di rimessione.

Ed infatti l'art. 33, quarto comma, della Costituzione, nel prescrivere che agli alunni delle scuole non statali debba essere assicurato un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali, limita il riferimento alle "scuole non statali che chiedono la parità" e la ottengono, poichè solo queste ultime, e non anche le scuole meramente private, devono sottostare agli obblighi propri degli istituti statali, come quelli concernenti i requisiti delle aule, la composizione delle classi, la qualificazione degli insegnanti. É pertanto consequenziale che tali scuole abbiano parità di diritti rispetto alle scuole statali per quanto riguarda il rilascio dei titoli di studio e le provvidenze di carattere economico e che i loro alunni godano di un trattamento equipollente rispetto agli alunni delle scuole statali: così, appunto, in ordine alla provvista dei libri di testo per gli alunni della scuola elementare.

Per quanto, poi, concerne il richiamo all'art. 34, secondo comma, della Costituzione, è di tutta evidenza che il principio della gratuità dell'istruzione inferiore è stabilito con riferimento alla frequenza delle scuole statali e di quelle che abbiano chiesto ed ottenuto la parità, le scuole, cioé, il cui onere di gestione è assunto dallo Stato. Diversamente, gli alunni delle scuole meramente private dovrebbero avere titolo, non soltanto alla provvista gratuita dei libri di testo, come prospettato dal giudice rimettente, ma anche ad essere esentati dal pagamento delle tasse di frequenza; il che è fuori da ogni ragionevolezza.

Non si può, inoltre, non rilevare sempre ad avviso della difesa dello Stato, che gli alunni che frequentano scuole meramente private si trovano in una situazione diversa (rispetto agli alunni delle scuole statali e di quelle private "paritarie") per libera scelta di coloro che li rappresentano, e che appunto tale situazione diversa, che oltretutto è indice di una maggiore capacità economica, giustifica il differente trattamento stabilito dalla norma impugnata in ordine alla provvista gratuita dei libri.

Quanto, poi, al principio del pari trattamento tra le diverse scuole, invocato nell'ordinanza di rimessione, si osserva che, se è vero che non è finora intervenuta una legge organica che disciplini l'istituto della parità, fissando diritti ed obblighi delle scuole che se ne avvalgano, è peraltro incontestato che, in mancanza di essa, le regole della parità sono quelle che attualmente definiscono gli istituti della sussidiarietà e della parifica per le scuole elementari e gli istituti del pareggiamento e del riconoscimento legale per la scuola secondaria, e che soltanto nell'ambito di applicazione dei suddetti istituti possono emergere realtà giuridicamente rilevabili, cui sia possibile riferire anche altri interventi pubblici che, come quelli dell'assistenza scolastica, integrano l'intervento statale.

Considerato in diritto

1.- É stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 10 agosto 1964 n. 719 (poi trasfuso, con qualche modifica, nell'art.156, 1° comma, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297) che, nel prevedere la fornitura gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari, l'ha limitata agli allievi delle scuole statali e di quelle autorizzate a rilasciare titoli di studio riconosciuti dallo Stato.

Secondo l'ordinanza di rimessione l'esclusione degli alunni delle scuole non abilitate a rilasciare detti titoli violerebbe gli artt. 3, 33 e 34 della Costituzione, perchè gli esclusi verrebbero ingiustamente discriminati nel godimento di una prestazione pubblica (art. 3 Cost.), volta a facilitare l'assolvimento dell'obbligo scolastico, senza essere legata a condizioni di reddito e diretta a sollevare da ogni onere i soggetti cui fa carico tale obbligo, tenendo conto del principio di parità di trattamento tra scuole pubbliche e scuole private, anche con riferimento alle provvidenze scolastiche, e garantendo così il diritto di scelta alternativa fra dette scuole (artt. 33 e 34 Cost.).

2.- Preliminarmente è utile precisare che la disciplina oggetto della legge statale impugnata rientra in una materia, quale quella dell'assistenza scolastica, trasferita alle regioni e perciò contemplata dall'art. 42 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 che espressamente vi ricomprende "l'erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari". Una disciplina dunque che, essendo destinata a cessare con l'emanazione delle leggi regionali, come già avvenuto in molte regioni, continua ad essere vigente sia nelle regioni ordinarie che nelle regioni a statuto speciale (sent. n. 214 del 1985) - come nel caso di quella siciliana, cui si riferisce il giudizio a quo e che è titolare nella materia di competenza legislativa esclusiva (art. 14, lett. r, dello Statuto speciale di autonomia) - fino a quando esse non abbiano provveduto con proprie leggi.

3.- Va ancora preliminarmente ricordato che la Corte ebbe già ad occuparsi di provvidenze scolastiche, del tipo di quella invocata nell'ordinanza di rimessione, nonchè di adempimento dell'obbligo scolastico nelle diverse strutture poste a disposizione degli utenti.

Ma nessuna delle decisioni che furono adottate può essere utilmente invocata per la soluzione della presente questione di legittimità costituzionale, perchè o si trattava della diversa questione della omessa estensione della fornitura gratuita dei libri di testo agli alunni della scuola media (sent. n. 7 del 1967), e in quella occasione si precisò che non poteva ritenersi violato il principio di eguaglianza, da considerarsi "unicamente in relazione al significato, al contenuto ed ai limiti della norma sulla gratuità [art. 34, secondo comma, Cost.] della istruzione"; o si trattava del tra sporto gratuito degli alunni, assicurato da una legge della regione Sicilia soltanto per consentire loro di frequentare le scuole elementari statali o autorizzate al rilascio dei titoli legali, ovverosia di una provvidenza per sua natura collegata alla scuola più che riferita al singolo alunno (sent. n. 36 del 1982); o si trattava delle sanzioni previste per gli inadempienti all'obbligo scolastico, rispetto alle quali diveniva rilevante il rapporto tra obbligatorietà e gratuità dell'istruzione (sent. n. 106 del 1968) ovvero si giustificava il trattamento differenziato previsto per gli alunni ciechi, destinati ad apposite scuole speciali, rispetto agli alunni vedenti (sent. n. 125 del 1975).

In tutti questi casi le questioni vennero proposte in riferimento a parametri o profili diversi da quello che sarà esaminato in prosieguo, attenendo, per come prospettate, a situazioni riguardanti le diverse scuole e non invece, come si vedrà di seguito, i singoli alunni delle medesime.

4.- La questione, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, è fondata.

La fornitura dei libri di testo delle scuole elementari, come risulta testualmente dalla disposizione impugnata, è una provvidenza destinata direttamente agli alunni e quindi, come osserva il giudice rimettente, è considerata dal legislatore ordinario strettamente connessa all'assolvimento dell'obbligo scolastico, senza peraltro alcun riferimento alla capacità economica dello studente.

Tale obbligo, secondo la legislazione vigente all'epoca dell'ordinanza di rinvio, era legalmente assolto, relativamente all'istruzione elementare, non solo "frequentando le scuole elementari classificate, non classificate, o sussidiate" (art. 172 del r.d. 5 febbraio 1928 n. 177, testo unico dell'istruzione elementare) ovvero, in base alla legislazione sopravvenuta, "frequentando le scuole ... statali e le scuole non statali abilitate al rilascio di titoli di studio riconosciuti dallo Stato" (ora art. 111, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile n.297, recante il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), ma anche, osservate certe condizioni, mediante l'istruzione privata o paterna (art. 174 del testo unico n. 177 del 1928 cit. ed ora art. 111, comma 2, del testo unico n. 297 del 1994 cit.).

Nel caso di iscrizione nelle scuole pubbliche, o in quelle private ad esse equiparate, era richiesta, al fine del proscioglimento dall'obbligo, la frequenza della scuola fino al quattordicesimo anno. Per coloro che, invece, non seguivano tale forma di istruzione erano stabiliti particolari adempimenti. A tal fine l'art. 174 cit. del testo unico n. 177 del 1928 prescriveva che chi intendesse assolvere all'obbligo scolastico, avvalendosi di questo secondo tipo di istruzione - che comprende anche l'iscrizione a scuole private non abilitate al rilascio del titolo legale, ma autorizzate ed egualmente "destinate a fanciulli in età dell'obbligo scolastico" (art. 237 del T.U. cit.), con insegnanti forniti di titolo e programmi ed orari di massima conformi a quelli delle scuole pubbliche - doveva darne comunicazione all'autorità competente all'inizio dell'anno scolastico e, se vi provvedesse direttamente, fornire la documentazione della propria capacità tecnica ed economica. L'alunno, istruito privatamente, doveva poi, al quattordicesimo anno di età, sostenere l'esame di licenza media e, solo se dopo quattro sessioni non fosse riuscito ad ottenere la licenza, era prosciolto dall'obbligo.

Parimenti, con qualche modifica, è ora previsto dalla normativa sopravvenuta all'ordinanza di rinvio che i genitori, che intendono provvedere privatamente o direttamente all'obbligo scolastico, devono dimostrare di averne la capacità tecnica ed economica e darne comunicazione ogni anno alla competente autorità (art. 111, comma 2, del nuovo testo unico del 1994) e che adempie al detto obbligo l'alunno che consegue il diploma di licenza di scuola media ovvero che, al compimento del quindicesimo anno di età, dimostra di aver osservato per almeno otto anni le norme sull'obbligo scolastico.

5.- Da quanto precede risulta, dunque, che l'obbligo scolastico può essere adempiuto in modi diversi dalla frequenza delle scuole pubbliche o di quelle private abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. É perciò ingiustificatamente discriminatoria l'esclusione, di chi l'assolva in uno dei modi diversi da tale tipo di frequenza, da una provvidenza destinata non alle scuole bensì direttamente agli alunni e quindi in connessione con l'obbligo scolastico, il cui adempimento, come si è visto, non è necessariamente legato alla frequenza solo delle scuole pubbliche o di quelle autorizzate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale.

Il fatto che si sia in presenza di una prestazione pubblica avente come destinatari diretti gli alunni, e non le scuole, impedisce anche di giustificare, come ritiene invece l'Avvocatura dello Stato, la denunciata esclusione sulla base del terzo comma dell'art. 33 della Costituzione che, nel sancire il diritto degli enti e dei privati di istituire scuole e istituti di educazione, esclude oneri per lo Stato.

Una volta che il legislatore ordinario, coerentemente con i principi propri dell'assistenza scolastica, ha previsto di destinare la fornitura gratuita dei libri di testo direttamente agli alunni - sempre che, ovviamente, il testo prescelto rientrasse, all'epoca, tra quelli approvati dal ministero della pubblica istruzione ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 ottobre 1947 n. 1497, ovvero non ne sia ora vietata l'adozione ai sensi dell'art. 155 del testo unico del 1994 e nei limiti del prezzo di copertina stabiliti dall'art. 153 del medesimo testo unico - il comprendervi anche quelli che frequentino scuole meramente private non equivale alla assunzione di un onere da parte dello Stato in favore di dette scuole.

Nè, come suggerito ancora dall' Avvocatura generale dello Stato, la giustificazione del differente trattamento potrebbe rinvenirsi nella diversità della situazione degli alunni delle scuole statali e di quelle private "paritarie", rispetto a quella degli alunni delle scuole meramente private, nell'assunto che, come si sostiene, quest'ultima situazione "oltretutto è indice di una maggiore capacità economica". Che questo profilo sia irrilevante nella specie, deriva dalla considerazione che la disposizione impugnata prescinde, allo stato, da ogni riferimento alla capacità economica dei destinatari della provvidenza. Di conseguenza, anche a voler ammettere, in via di pura ipotesi, che l'iscrizione presso scuole meramente private, diverse da quelle - altrettanto private ed anch'esse onerose per gli utenti - abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale (agli alunni delle quali la disposizione impugnata pur riconosce, come agli alunni di quelle pubbliche, il diritto alla prestazione) costituisca di per sè indice di maggiore capacità economica, questa non potrebbe giustificare la diversità di trattamento, perchè tale condizione non è presa in considerazione dalla legge.

6.- Restano assorbite le questioni sollevate in riferimento agli artt. 33 e 34 della Costituzione.

7.- La dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n.87, all'art. 156, comma 1, del testo unico del 1994 n. 297, nel quale è stato trasfuso, con lievi modifiche, il contenuto della disposizione impugnata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 10 agosto 1964 n. 719 (Fornitura gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari), nella parte in cui esclude dalla fornitura gratuita dei libri di testo gli alunni delle scuole elementari che adempiono all'obbligo scolastico in modo diverso dalla frequenza presso scuole statali o abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale.

Visto l'art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 156, comma 1, del d.P.R. 16 aprile 1994 n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), nella parte in cui esclude dalla fornitura gratuita dei libri di testo gli alunni delle scuole elementari che adempiono all'obbligo scolastico in modo diverso dalla frequenza presso scuole statali o abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 30/12/94.

 

 

 

 

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