Sentenza n. 417 del 1994

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SENTENZA N. 417

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 2, 3, 4, 6, 13, 15, 16, 17 e 27, della legge 24.12.1993, n.560, recante "Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica", promossi con ricorsi delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, notificati il 29 gennaio 1994, depositati in cancelleria il 3 febbraio successivo ed iscritti ai nn. 9 e 10 del registro ricorsi 1994 e nei conflitti di attribuzione sorti a seguito della nota dell'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni - Ente Poste Italiane prot. DCPA/1/4/1390 del 7.2.1994 e delle successive note della Direzione Compartimentale dello stesso Ente prot. TN.IV/4 Der/1386 e 1387 del 4.3.1994 ed elenchi allegati, concernenti l'alienazione di alloggi di proprietà dell'Ente, nonchè, per quanto possa occorrere, in relazione al "piano regionale" predisposto dalla Direzione Centrale Patrimonio delle Poste Italiane, promossi con ricorsi delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, notificati il 15 ed il 28 aprile 1994, depositati in cancelleria il 21 aprile ed il 2 maggio successivi ed iscritti ai nn. 10 e 13 del registro conflitti 1994.

 

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica dell'8 novembre 1994 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

 

uditi gli avvocati Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di Trento e Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di Bolzano e l'avv. dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con ricorsi notificati il 29 gennaio 1994 le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno promosso, in riferimento agli artt. 8, n. 10, 16, primo comma, 68 e 107 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n.670) e delle relative norme di attuazione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 2, 3, 4, 6, 13, 15, 16, 17 e 27, della legge 24 dicembre 1993, n. 560. La normativa impugnata è ritenuta invasiva della competenza legislativa primaria e delle funzioni amministrative assegnate alle ricorrenti dalle leggi costituzionali invocate: "a) in primo luogo, perchè pretende di disciplinare l'alienazione di tutti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica esistenti sul territorio nazionale (quale che sia l'ente di appartenenza o l'ente che abbia concorso al loro finanziamento), compresi, quindi, quelli sottoposti alla competenza delle province autonome e omette di fare salva tale competenza; b) in secondo luogo, perchè assoggetta al regime da essa stabilito anche gli alloggi di servizio in senso lato, omettendo di precisare che sono esclusi dal suo campo di applicazione (in quanto soggetti alla competenza provinciale) gli alloggi ubicati nel territorio delle province, pur se non ancora trasferiti o consegnati alle province stesse".

 

Ad avviso della ricorrente, l'art. 1, comma 3, della legge n. 560 del 1993 - che esclude dal proprio ambito normativo "gli alloggi di servizio oggetto di concessione amministrativa in connessione con particolari funzioni attribuite a pubblici dipendenti" - con questa nuova definizione degli alloggi di servizio, mutuata dall'abrogato art. 28 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, interpreta restrittivamente la riserva di competenza statale prevista dall'art. 8, primo comma, lett. b) del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, limitandola agli alloggi di servizio in senso stretto, concessi in uso a dipendenti pubblici in specifica considerazione delle loro funzioni ovvero, come suole dirsi nel linguaggio curiale, intuitu ministerii. Se ne argomenta che rientrano nella categoria degli alloggi di edilizia residenziale pubblica anche gli alloggi di servizio in senso ampio, ai quali le norme della legge n. 560 del 1993 sono dichiarate applicabili dall'art.1, comma 2, e in particolare gli alloggi di proprietà dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni costruiti o acquistati ai sensi dell'art. 1, n. 3, del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, e destinati alla generalità dei dipendenti. Tali immobili, quando siano ubicati nel territorio delle due province, sarebbero perciò soggetti alla loro competenza, comprendente anche il potere di disciplinare modi e criteri dell'alienazione. Nè importa che la proprietà degli alloggi non sia stata ancora formalmente trasferita alle province ai sensi degli artt. 8, secondo comma, e 10 del citato d.P.R. n. 115.

 

2. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

Ad avviso dell'Avvocatura, il combinato disposto delle norme statutarie invocate dalla controparte "ha trasferito alle Province solamente gli edifici destinati ad alloggi economici e popolari e non anche quelli appartenenti alla categoria degli alloggi di edilizia residenziale", sicchè la competenza rivendicata dalle province a legiferare in ordine all'alienazione di questi ultimi non è giustificata, come vuole la sentenza n. 260 del 1990 di questa Corte, da un rapporto di strumentalità logica rispetto all'attuazione di disposizioni dello statuto speciale.

 

3. Successivamente alla notifica dei due ricorsi suddetti, l'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni - Ente Poste Italiane, con note in data, rispettivamente, 7 febbraio e 4 marzo 1994, in ottemperanza al disposto dell'art. 1, comma 4, della legge n. 560 del 1993, ha comunicato prima alla Regione Trentino-Alto Adige, poi direttamente alle due Province gli elenchi degli alloggi di proprietà dell'Ente individuati per la vendita nei rispettivi territori.

 

Questi atti sono stati impugnati dalle Province di Trento e di Bolzano con separati ricorsi per regolamento di competenza, notificati rispettivamente in data 13 e 28 aprile 1994, con istanza di sospensione dell'esecuzione degli atti medesimi ai sensi dell'art. 40 della legge n. 87 del 1953.

 

I ricorsi sono motivati in termini analoghi a quelli svolti a sostegno delle precedenti impugnative in via principale della legge n. 560. Anticipando la replica a una prevedibile eccezione di inammissibilità da parte dell'Avvocatura dello Stato, le ricorrenti precisano che il sollevato conflitto di attribuzioni non mira a ottenere surrettiziamente il risultato di una vindicatio rei. Esse non intendono "sollevare, in questa sede, alcuna contestazione in ordine alla titolarità degli alloggi da alienare, nè lamentare il mancato trasferimento degli stessi", ma soltanto "rivendicare la propria competenza legislativa e le proprie attribuzioni amministrative in relazione all'alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ubicati nel loro territorio".

 

4. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione di competenza sia dichiarata inammissibile o infondata con reiezione dei ricorsi in ogni loro parte.

 

In punto di ammissibilità, l'interveniente oppone due eccezioni, l'una relativa alla natura dell'atto impugnato, ritenuto insuscettibile, in quanto privo di forma e di contenuto provvedimentale, di formare oggetto di impugnativa, e tanto meno di giustificare la domanda di sospensione; l'altra, già ricordata, attinente al petitum, sul riflesso che, con l'invocare l'art. 8, lett. b) del d.P.R. n. 115 del 1973, attuativo dell'art. 68 dello statuto speciale, il ricorso si qualificherebbe in sostanza come vindicatio rei.

 

Nel merito, a integrazione degli argomenti già esposti nella memoria depositata nei procedimenti promossi dai ricorsi in via principale, l'Avvocatura richiama: la sentenza n. 287 del 1985 di questa Corte, che ha ritenuto inclusi nella riserva di competenza statale anche gli alloggi di servizio in senso lato, cioè gli alloggi di proprietà dello Stato o di enti pubblici destinati ad uso abitativo dei loro dipendenti condizionatamente alla prestazione in loco di un determinato servizio; la sentenza n. 217 del 1988, secondo la quale le competenze legislative delle province autonome (o delle regioni) incontrano in ogni caso precisi limiti costituzionali posti a presidio di imprescindibili esigenze unitarie individuabili su scala nazionale; la sentenza n.12192 del 1991 della Corte di cassazione a sezioni unite, che ha respinto la pretesa di comprendere nell'elenco tassativo dei diritti immobiliari trasferiti alle province autonome ai sensi dell'art. 8 del d.P.R. n. 115 tutti indistintamente gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

 

5. A questi argomenti hanno replicato le ricorrenti con una memoria depositata in prossimità dell'udienza di discussione.

 

Quanto all'eccezione di inammissibilità fondata sul difetto di natura provvedimentale dell'atto impugnato, si obietta che la lettera inviata alle Province dall'Ente Poste Italiane ha valore di proposta ai sensi dell'art. 1, comma 4, della legge n. 560, in essa espressamente richiamato, e tanto basta per qualificarla come atto idoneo a invadere la sfera delle competenze provinciali. Nel merito si sostiene che la sentenza n. 287 del 1985 non rappresenta univocamente la giurisprudenza di questa Corte, essendo difforme dall'orientamento espresso poco prima dalla sentenza n. 215 del medesimo anno; che la sentenza n. 217 del 1988 è inconferente perchè, pur ammesso che la ratio della normativa impugnata sia collegata con la direttiva dell'art. 47, secondo comma, Cost., ben può la finalità di favorire l'accesso popolare alla proprietà dell'abitazione essere perseguita anche dalla legislazione provinciale; che infine non è pertinente nemmeno la sentenza n. 12192 del 1991 della Corte di cassazione, essendo la competenza legislativa e amministrativa rivendicata dalle ricorrenti indipendente dalla questione circa la proprietà degli alloggi di cui si discute.

 

6. Entrambe le parti in causa chiedono la riunione dei ricorsi in un unico giudizio.

 

Considerato in diritto

 

1. Con separati ricorsi le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno sollevato, in riferimento agli artt. 8, n.10, 16, primo comma, 68 e 107 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione (artt. 8 del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, e 24 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381), questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 2, 3, 4, 6, 13, 15, 16, 17 e 27, della legge 24 dicembre 1993, n.560, recante norme per l'alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nella parte in cui non fa salve la competenza legislativa primaria e le relative potestà amministrative spettanti alle ricorrenti in materia di edilizia comunque sovvenzionata da finanziamenti a carattere pubblico, e in particolare non riserva tale competenza e tali potestà in ordine all'alienazione degli alloggi di servizio in senso lato situati nel loro territorio.

 

Con successivi ricorsi le medesime Province hanno impugnato per regolamento di competenza - con istanza di sospensione ai sensi dell'art. 40 della legge n. 87 del 1953 - le note in data 7 febbraio e 4 marzo 1994 con cui, a norma dell'art. 1, comma 4, della legge n.560 del 1993, l'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni - Ente Poste Italiane ha comunicato alla Regione Trentino-Alto Adige e alle due Province autonome l'elenco degli immobili, ubicati nel rispettivo territorio, che l'Ente intende porre in vendita.

 

Nell'udienza di discussione le ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare all'istanza di sospensione.

 

2. I giudizi instaurati dai quattro ricorsi, avendo per oggetto questioni identiche o analoghe, vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

 

3. L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilità dei ricorsi per conflitto di attribuzioni sul duplice rilievo, da un lato, che gli atti impugnati non hanno nè forma nè contenuto provvedimentale, dall'altro, che la pretesa fatta valere dalle ricorrenti è in sostanza una vindicatio rei tendente al riconoscimento del diritto di proprietà sui beni immobili di cui si controverte.

 

Tali eccezioni non possono essere accolte. Alla prima si è replicato giustamente che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, possono formare oggetto di conflitto di attribuzioni anche atti che, pur non avendo natura di provvedimento, sono idonei a dare impulso a procedimenti produttivi di effetti invasivi della sfera di competenza delle regioni o delle province autonome. L'altra eccezione confonde due momenti distinti, l'uno relativo alla competenza ad emanare norme regolatrici dell'alienazione degli alloggi di servizio situati nel territorio delle due province, l'altro relativo alla legittimazione a stipulare i contratti di vendita secondo le norme poste dalla fonte competente. Le ricorrenti hanno dichiarato ripetutamente di voler limitare in questa sede le loro pretese al primo punto.

 

4. Le questioni sollevate in via principale sono inammissibili in relazione all'art. 1, commi 13, 15, 16, 17 e 27, della legge n. 560 del 1993: i commi 13, 15, 16 e 17 non si riferiscono agli alloggi di cui al comma 2, mentre il comma 27 si limita a far salvo il diritto dell'assegnatario alla cessione della proprietà, maturato alla data di entrata in vigore della legge in conformità delle leggi vigenti a tale data, tutte estranee all'oggetto dell'impugnativa.

 

5. Per il resto i ricorsi proposti non sono fondati, e conseguentemente devono essere respinti anche i ricorsi per conflitto di attribuzioni.

 

La legge impugnata è un elemento della manovra economica diretta a ridurre il deficit della finanza pubblica mediante risparmi di spesa e reperimento di nuove entrate. Essa regola la dismissione, mediante vendita a prezzi vicini a quelli di mercato, di una parte rilevante del patrimonio edilizio pubblico, costituita dagli alloggi di edilizia residenziale e dagli alloggi di servizio diversi da quelli esclusi dall'art.1, comma 3. Si tratta di un provvedimento straordinario e transitorio, limitato agli alloggi esistenti alla data di entrata in vigore della legge, dei quali viene consentita l'alienazione in deroga al regime ordinario, connotato - salvo eccezioni molto limitate - dal divieto di cessione in proprietà (art. 27 legge 8 agosto 1977, n. 513). Il carattere di straordinarietà si desume specificamente sia dal comma 4 relativo ai piani di cessione, per i quali sono fissati un termine di sessanta giorni e una misura rapportata in percentuale al patrimonio abitativo esistente, sia dai commi 5 e 14, i quali vincolano almeno l'80 per cento del ricavato della vendita degli alloggi di cui al comma 1 al finanziamento (parziale) di pro grammi di sviluppo del settore, lasciando intendere che i nuovi alloggi saranno soggetti al regime ordinario.

 

L'eccezionalità del provvedimento non consente di attingere alle disposizioni della legge n. 560 argomenti per l'interpretazione del regime ordinario. In particolare, nel comma 3 - che esclude dall'ambito normativo della legge "gli alloggi di servizio oggetto di concessione amministrativa in connessione con particolari funzioni attribuite a pubblici dipendenti", ossia gli alloggi assegnati intuitu ministerii, detti alloggi di servizio in senso stretto - non si può ravvisare una sorta di interpretazione autentica in senso restrittivo del concetto di alloggio di servizio, alla cui stregua dovrebbe poi essere ridefinita la riserva di competenza statale prevista dall'art. 8 del d.P.R.n. 115 del 1973 (attuativo dell'art. 68 dello statuto speciale) in ordine al trasferimento alle province autonome degli edifici destinati ad alloggi economici e popolari di proprietà dello Stato.

 

A una simile lettura si oppone insuperabilmente la lettera dei commi precedenti. Già l'inclusione nella definizione dettata dal comma 1 degli alloggi di cui alla legge n. 52 del 1976 (destinati al personale civile e militare della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri e di altri corpi speciali dello Stato), sicuramente estranei al concetto di edilizia residenziale pubblica, rivela che scopo della norma non è quello di ridisegnare questa categoria ai fini della disciplina giuridica generale. Quanto agli alloggi di cui all'impugnato comma 2, ai quali pure si estende il regime straordinario di alienabilità, che essi non siano una submateria dell'edilizia residenziale pubblica, ma costituiscano una categoria distinta, è indicato anzitutto dall'avverbio "altresì" e poi dalla clausola di non applicabilità dei commi 5, 13 e 14, in quanto specificamente concernenti gli alloggi di cui al comma 1.

 

Rispetto all'abrogato art. 28, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n.412, da cui deriva, l'art. 1, comma 3, della legge del 1993 ha chiarito che la frase "sono esclusi gli alloggi di servizio" non si riferisce, come sostengono le province ricorrenti, al concetto di edilizia residenziale pubblica per dire che da esso sono esclusi soltanto gli alloggi di servizio in senso stretto, bensì alle "norme della presente legge" per dire che esse non sono applicabili a questi alloggi, in ordine ai quali rimane fermo il divieto di cessione in proprietà. Dal comma 3 non si può correttamente argomentare a contrario se non ciò che è già espressa mente disposto dal comma 2 e, in relazione agli alloggi di cui alla legge n. 52 del 1976, dal comma 1, cioé che è consentita la vendita anche degli alloggi di servizio diversi da quelli in senso stretto.

 

6. Ciò premesso, la Corte non ha ragione di discostarsi dalla sua giurisprudenza, rappresentata dalla sentenza n. 287 del 1985, condivisa dalla Corte di cassazione e dal Consiglio di Stato, secondo cui il concetto di alloggio di servizio, che definisce la riserva di competenza statale più volte rammentata, comprende anche gli immobili, di proprietà dello Stato o di enti pubblici, destinati ad uso abitativo dei propri dipendenti, la cui assegnazione sia comunque condizionata dalla prestazione di un servizio determinato presso gli uffici del luogo in cui si trova l'immobile (c.d. alloggi di servizio in senso ampio).

 

Tali immobili, non meno degli alloggi di servizio in senso stretto, si differenziano dalla destinazione propria dell'edilizia residenziale pubblica. Questa ha essenzialmente ed esclusivamente "finalità sociali" (cfr. sent. n. 347 del 1993), che la qualificano come servizio pubblico deputato alla "provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie meno abbienti" (sentenze nn. 155 e 217 del 1988). Gli alloggi di servizio, invece, hanno primariamente una finalità organizzativa del buon andamento della pubblica amministrazione, facilitando ai suoi dipendenti, e così favorendone la mobilità, il reperimento nella sede del loro ufficio di appartamenti decorosi con canone di affitto proporzionato allo stipendio. Solo indirettamente e non necessariamente essi contribuiscono alla finalità sociale generale di favorire l'accesso all'abitazione dei cittadini meno abbienti.

 

La detta finalità organizzativa integra la materia degli alloggi di servizio nel trattamento normativo del pubblico impiego statale o parastatale, e quindi esige che l'assegnazione degli alloggi, in affitto o eccezionalmente in proprietà, sia regolata da condizioni uniformi su tutto il territorio nazionale, in guisa di evitare disparità di trattamento. Sotto questo profilo, che coinvolge il principio di razionalità, l'interpretazione, qui confermata, della riserva di competenza statale nella materia de qua trova conforto nel criterio statuito dalla sentenza n. 217 del 1988, per cui le competenze legislative provinciali (o regionali) incontrano in ogni caso precisi limiti costituzionali posti a presidio di imprescindibili esigenze unitarie riconoscibili su scala nazionale.

 

7. Restano assorbite le censure relative all'art. 1, commi 4 e 6, della legge impugnata.

 

8. L'infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in via principale comporta l'infondatezza dei connessi ricorsi per regolamento di competenza.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 2, 3, 4 e 6, della legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), sollevata dalle Province autonome di Trento e di Bolzano con i ricorsi in epigrafe;

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 13, 15, 16, 17 e 27, della citata legge n. 560 del 1993, sollevata dalle nominate Province autonome con i medesimi ricorsi;

 

dichiara che spetta allo Stato, e per esso all'Amministrazione delle poste e telecomunicazioni - Ente Poste Italiane, di disporre in ordine all'alienazione degli alloggi elencati negli atti impugnati con i ricorsi per conflitto di attribuzioni indicati in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/11/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Luigi MENGONI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 07/12/94.