Ordinanza n. 411 del 1994

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ORDINANZA N. 411

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica); del combinato disposto degli artt. 6, commi 3, 5, 6 e 7, del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638 e 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n.537 (Interventi correttivi di finanza pubblica); dell'art. 4 del decreto legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego nonchè disposizioni fiscali), convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, e dell'art. 6 del decreto legge 29 marzo 1991, n. 103 (Disposizioni urgenti in materia previdenziale), convertito nella legge 1° giugno 1991, n. 166, promossi con ordinanze emesse il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Ancona, il 26 gennaio 1994 dal Tribunale di Torino, il 20 gennaio 1994 dal Tribunale di Lamezia Terme, il 5 febbraio 1994 dal Pretore di Lecce, il 14 gennaio 1994 dal Pretore di Urbino, il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Ancona, il 21 gennaio 1994 dal Tribunale di Verona, il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n. 4 ordinanze), il 28 gennaio 1994 dal Pretore di Bolzano, il 18 gennaio 1994 dal Tribunale di Pesaro, il 18 gennaio 1994 dal Tribunale di Belluno (n. 6 ordinanze), il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n. 3 ordinanze), il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Ancona, il 26 gennaio 1994 dal Pretore di Brescia (n. 2 ordinanze), il 9 marzo 1994 dal Pretore di Torino, il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n. 7 ordinanze), il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Ancona (n. 2 ordinanze), il 7 febbraio 1994 dal Pretore di Chieti, il 17 marzo 1994 dal Pretore di Prato, il 9 marzo 1994 dal Tribunale di Padova, il 14 gennaio 1994 dal Tribunale di Lecco (n.5 ordinanze), il 28 aprile 1994 dal Pretore di Campobasso, il 16 marzo 1994 dal Tribunale di Genova (n. 5 ordinanze), l'8 febbraio 1994 dal Tribunale di Treviso, il 17 marzo 1994 dal Tribunale di Ravenna, il 15 febbraio 1994 dal Pretore di Palmi e l'1 febbraio 1994 dal Pretore di Bari, rispettivamente iscritte ai nn. 121, 127, 137, 138, 157, 180, 190, 194, 195, 196, 197, 201, 208, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 217, 218, 219, 223, 224, 225, 236, 237, 238, 239, 240, 241, 242, 243, 264, 265, 277, 278, 308, 325, 326, 327, 328, 329, 369, 371, 372, 373, 374, 375, 386, 408, 410 e 444 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 23, 24, 26, 27, 28 e 30, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visti gli atti di costituzione di Rossi Cesira, Mairhofer Maria, Amantini Olga, Santilli Marino, Cavagnini Lucia, Boniotti Angela, Gaspari Domenico, Rovai Gino, Canneva Caterina, Luisi Teresa, e dell'I.N.P.S., nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto che nel corso di cinque analoghi procedimenti di appello promossi dall'INPS avverso le sentenze di primo grado che avevano riconosciuto agli appellati, titolari di pensione diretta integrata al trattamento minimo e di pensione di riversibilità maturata in epoca anteriore al 30 settembre 1983, il diritto alla riliquidazione della seconda pensione con integrazione al minimo nell'importo cristallizzato alla data indicata, il Tribunale di Ancona, con cinque ordinanze del 14 gennaio 1994, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537;

che, ad avviso del giudice remittente, la disposizione impugnata viola: a) gli artt. 3 e 38 Cost. perchè, prevedendo l'immediata riduzione del trattamento pensionistico complessivo dei titolari di più pensioni, li sottopone a un trattamento più sfavorevole di quello previsto dall'art. 6 del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, per i titolari di unica pensione, in contrasto con l'interpretazione del comma 7 del citato art. 6 sancita dalla sentenza n. 418 del 1991 di questa Corte; b) gli artt. 101 e 104 Cost. perchè, in via di interpretazione autentica, attribuisce all'art. 6, commi 5, 6 e 7, del d.l. n.463 del 1983 un significato difforme dall'interpretazione prevalsa nella giurisprudenza ordinaria;

che nel dispositivo delle ordinanze è affermato anche un contrasto con l'art. 77 Cost., senza peraltro alcun riscontro nella motivazione;

che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si sono costituiti alcuni dei ricorrenti chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunciata;

che si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo entrambi che la questione sia dichiarata infondata;

che analoga questione è stata sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38, 101 e 104 Cost.,dal Tribunale di Verona, con ordinanza del 21 gennaio 1994, e dal Tribunale di Genova, con cinque ordinanze in data 16 marzo 1994;

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale introdotto dall'ordinanza del Tribunale di Genova iscritta in R.O. n. 372/1994 si è costituita la parte privata, concludendo per la fondatezza della questione;

che in tutti i giudizi si è costituito l'INPS chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata, ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo una declaratoria di manifesta infondatezza;

che analoga questione è stata sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Urbino con ordinanza del 14 gennaio 1994, dal Tribunale di Pesaro con ordinanza del 18 gennaio 1994, dal Pretore di Prato con ordinanza del 17 marzo 1994, nonchè, in riferimento al solo art. 3 Cost., dal Pretore di Torino con ordinanza del 9 marzo 1994;

che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si sono costituiti alcuni degli assicurati chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata;

che si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

che analoga questione è stata sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Brescia, con ordinanza del 26 gennaio 1994, esclusivamente motivata per relationem alle argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione della Corte di cassazione in data 26 maggio 1992 (R.O. n. 335/1992);

che nel relativo giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituita la parte privata aderendo a tali argomentazioni, pur rilevando l'inusualità del modo di motivazione adottato dal giudice remittente;

che si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo entrambi che la questione sia dichiarata infondata;

che la medesima questione è stata sollevata dal Pretore di Brescia con altra ordinanza, analogamente motivata, del 26 gennaio 1994, nella quale, congiuntamente con l'art. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993, sono impugnati, in riferimento, rispettivamente, all'art. 3 Cost e agli artt. 3 e 38 Cost., l'art. 4 del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438, e l'art. 6 del d.l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito nella legge 1° giugno 1991, n. 166, rinviando integralmente, per le questioni aggiuntive, alla motivazione contenuta nell'ordinanza di rimessione emessa dallo stesso pretore in data 13 maggio 1993 e iscritta in R.O. n. 788/1993;

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituita la parte privata chiedendo una declaratoria di fondatezza;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata;

che la legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993 è messa in dubbio anche dal Tribunale di Belluno con sei ordinanze in data 18 gennaio 1994, in riferimento: a) all'art. 3 Cost., perchè la norma denunciata determina un'ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che hanno già ottenuto, con provvedimento definitivo, il riconoscimento del diritto alla plurima integrabilità al minimo delle pensioni godute in data anteriore al 1° ottobre 1983, con cristallizzazione della pensione di riversibilità, e coloro che, trovandosi nella medesima situazione ed avendo tempestivamente fatto valere la relativa pretesa, si trovano ancora sub iudice; b) agli artt.24 e 113 Cost. perchè la norma denunciata invade la sfera delle funzioni riservate all'autorità giudiziaria con conseguente lesione del diritto di difesa degli interessati; c) agli artt. 136 e 137 Cost. perchè essa vanifica le numerose sentenze costituzionali di accoglimento intervenute in materia;

che nei giudizi davanti alla Corte costituzionale si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

che analoga questione è stata sollevata: a) dai Tribunali di Lecco, con diciannove ordinanze del 14 gennaio 1994, e di Padova, con ordinanza del 9 marzo 1994, dai Pretori di Chieti e di Palmi, con ordinanze del 7 e del 15 febbraio 1994, i quali impugnano il combinato disposto degli artt. 11, comma 22, della legge n. 537 del 1993 e 6, commi 5, 6 e 7, del d.l. n. 463 del 1983, in riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, e 104 Cost.; b) dai Tribunali di Lamezia Terme, Torino, Treviso e Ravenna e dai Pretori di Campobasso e di Bari, con ordinanze, rispettivamente, in data 20 gennaio, 26 gennaio, 8 febbraio, 17 marzo, 28 aprile e 1° febbraio 1994, le quali impugnano il combinato disposto degli artt. 6, comma 7, del d.l. n. 463 del 1983 e 11, comma 22, della legge n.537 del 1993, con riferimento, variamente distribuito, agli artt.3, 38, secondo comma, 101, 102 e 104 Cost.;

che nella maggior parte dei giudizi davanti alla Corte costituzionale si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

che nei giudizi promossi davanti alla Corte costituzionale dalle ordinanze dei Pretori di Chieti e di Bari si sono costituiti gli assicurati, chiedendo che la normativa impugnata sia dichiarata costituzionalmente illegittima;

che il Pretore di Lecce, con ordinanza del 5 febbraio 1994, premesso che "la disposizione in esame, nonostante la sua definizione quale norma di interpretazione autentica, presenta contenuto innovativo rispetto a quella di cui avrebbe dovuto specificare il significato", ha impugnato il combinato disposto degli artt. 11, comma 22, della legge n.537 del 1993 e 6, comma 7, del d.l. n. 463 del 1983, limitatamente alla parte in cui dispone retroattivamente per il periodo 1° ottobre 1983 - 31 dicembre 1993, per contrasto con l'art. 3 Cost. e analoga questione, limitata al profilo della retroattività, è stata sollevata, in relazione anche ai commi 3, 5 e 6 dell'art. 6, dal Pretore di Bolzano con ordinanza del 28 gennaio 1994, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost;

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale promosso dalla seconda ordinanza, si è costituita la parte privata concludendo per la manifesta inammissibilità della questione;

che in entrambi i giudizi si è costituito l'INPS ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

Considerato che i giudizi introdotti dalle 53 ordinanze, avendo per oggetto questioni identiche o analoghe, possono essere riuniti per essere decisi con unico provvedimento;

che la questione di legittimità costituzionale dell'art.11, comma 22, della legge n. 537 del 1993, è già stata decisa da questa Corte, nel senso della parziale fondatezza, con sentenza n. 240 del 1994, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., mentre restano assorbite le censure riferite agli artt. 24, 77, 101, 102, 104, 113, 136 e 137 Cost., anche con riguardo al combinato disposto del citato art. 11, comma 22, e dell'art. 6, commi 3, 5, 6 e 7 del d.l. 12 settembre 1983, n.463;

che le questioni di legittimità costituzionale dell'art.4 del d.l. n. 384 del 1992 e dell'art. 6 del d.l. n. 103 del 1991 sono motivate esclusivamente per relationem, e pertanto devono, per questa ragione, essere dichiarate manifestamente inammissibili, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 173 del 1987; ord. nn.166, 311, 552 del 1987, 234 e 405 del 1991, 28 del 1994).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) - già dichiarato pro parte costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 240 del 1994 - sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 38, 77, 101, 104, 113, 136 e 137 della Costituzione, dai Tribunali di Ancona, Belluno, Pesaro, Verona e Genova e dai Pretori di Urbino, Prato, Brescia e Torino, con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art.6, commi 3, 5, 6 e 7, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638 e del citato art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n.537, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 38, 101, 102 e 104 della Costituzione, dai Tribunali di Lecco, Lamezia Terme, Torino, Treviso, Padova e Ravenna e dai Pretori di Bolzano, Bari, Chieti, Lecce, Palmi e Campobasso, con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l. 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego nonchè disposizioni fiscali), convertito nella legge 14 novembre 1992, n.438, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Brescia con l'ordinanza R.O. n. 225/94 in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del d.l. 29 marzo 1991, n. 103 (Disposizioni urgenti in materia previdenziale), convertito nella legge 1° giugno 1991, n. 166, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Brescia con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/11/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28/11/94.