Sentenza n.358 del 1994

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SENTENZA N. 358

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 52, secondo comma, lettera b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) promosso con ordinanza emessa il 14 giugno 1993 dal Tribunale di Lecce, nel procedimento civile vertente tra Carmela Guido, il Monte dei Paschi di Siena, concessionario del servizio di riscossione dei tributi del Comune di Lecce, ed altro, iscritta al n. 177 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 giugno 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

 

1.- Nel corso di un giudizio di opposizione di terzo all'esecuzione esattoriale promosso da Carmela Guido contro il Monte dei Paschi di Siena, concessionario del servizio di riscossione dei tributi del Comune di Lecce, il Tribunale di Lecce, con ordinanza emessa il 14 giugno 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 31, 41 e 47 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 52, secondo comma, lettera b), del d.P.R.29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).

La disposizione denunciata prevede che l'opposizione di terzo non può essere proposta dal coniuge del contribuente o dei coobbligati, per quanto riguarda i mobili pignorati nella casa di abitazione del debitore o del coobbligato, sempre che non si tratti di beni costituiti in dote con atto anteriore alla presentazione della dichiarazione annuale o alla notifica dell'avviso di accertamento dell'imposta.

Nel corso dell'esecuzione esattoriale a carico del coniuge della ricorrente erano stati pignorati nella casa coniugale beni che l'opponente assumeva di sua proprietà, essendole stati donati dalla madre con atto pubblico in data 21 ottobre 1983, anteriore al matrimonio, celebrato il 1° marzo 1984.

Il giudice rimettente ritiene che la questione di legittimità costituzionale sia rilevante, in quanto la disposizione denunciata non consente in questo caso la proponibilità dell'opposizione. Ad avviso del Tribunale la disposizione sarebbe palesemente irragionevole, perchè preclude al coniuge di superare la presunzione di appartenenza al debitore dei beni posti nella casa di abitazione, anche quando essi siano pervenuti all'opponente con atto di donazione anteriore al matrimonio. Questo divieto, ritenuto anacronistico nella sua assolutezza, sopravviverebbe in un contesto legislativo nel quale è stato soppresso l'istituto della dote.

Secondo il giudice rimettente la disposizione denunciata viola l'art. 3 della Costituzione, oltre che per irragionevolezza, anche per disparità di trattamento. Il coniuge proprietario di beni mobili sarebbe ingiustamente discriminato sia rispetto agli altri soggetti che possono far valere il loro diritto di proprietà nel giudizio di opposizione di terzo mediante la produzione di atti diversi da quello di costituzione in dote, sia nei confronti dello stesso coniuge comproprietario di immobile pignorato, che, quando non sia coobbligato, è legittimato a proporre l'opposizione di terzo secondo le regole di diritto comune.

Il contrasto si porrebbe anche con altre disposizioni costituzionali: con l'art. 24, perchè non sarebbe consentita la difesa in giudizio del diritto di proprietà; con l'art. 31, in quanto sarebbe ribaltata l'impostazione di favore verso la formazione della famiglia, intesa come società naturale fondata sul matrimonio, con un incentivo a favore di aggregazioni diverse dalla famiglia legittima, nelle quali il convivente non subisce le limitazioni espresse dalla norma censurata; con gli artt. 41 e 47, perchè verrebbero limitati la scelta del regime patrimoniale della famiglia e l'accesso del risparmio alla proprietà dell'abitazione.

2.- É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione.

L'Avvocatura ricorda che identica questione è stata più volte dichiarata non fondata dalla Corte, con riferimento a vari parametri costituzionali, anche dopo la riforma del diritto di famiglia; osserva inoltre che il richiamo all'istituto della dote, ritenuto anacronistico, non comporta l'illegittimità costituzionale della disposizione denunciata.

L'Avvocatura ritiene la questione non fondata con riferimento a tutti i parametri costituzionali invocati. Il principio di eguaglianza non sarebbe violato perchè il coniuge viene a trovarsi nella stessa situazione degli altri parenti ed affini entro il terzo grado. Con riferimento all'art. 31, sarebbe inevitabile ed irrilevante che la famiglia naturale possa differenziarsi dalla famiglia legittima sotto molteplici profili. Con riferimento agli artt. 24 e 41, l'improponibilità dell'opposizione, limitata ai beni mobili pignorati nella casa di abitazione del debitore, non violerebbe nè il diritto di agire in giudizio nè la libertà di iniziativa economica privata. Il principio costituzionale di tutela del risparmio (art. 47) non sarebbe inoltre leso da una regola diretta a garantire l'adempimento di obbligazioni, a meno che non si voglia ammettere che qualunque adempimento di obblighi ostacola la formazione del risparmio.

Considerato in diritto

 

1.- La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Lecce investe l'art. 52, secondo comma, lettera b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, che, disciplinando l'esecuzione forzata nel contesto delle disposizioni sulla riscossione coattiva delle imposte sul reddito, stabilisce che l'opposizione di terzi, i quali pretendono di avere la proprietà sui beni pignorati, non può essere proposta dal coniuge, per quanto riguarda i mobili posti nella casa di abitazione del debitore, sempre che non si tratti di beni costituiti in dote con atto anteriore alla presentazione della dichiarazione annuale dei redditi o alla notifica dell'avviso di accertamento dell'imposta.

Ad avviso del giudice rimettente questa disciplina legislativa, limitando al solo caso dei beni dotali la proponibilità dell'opposizione al pignoramento esattoriale da parte del coniuge del contribuente, sarebbe manifestamente illogica e priva di ogni raccordo con la riforma del diritto di famiglia (legge 19 maggio 1975, n. 151), che ha soppresso l'istituto della dote e disciplinato diversamente i rapporti patrimoniali tra coniugi. Non vi sarebbe più la possibilità per il coniuge di proteggere i beni che gli appartengono anche quando, come nel caso sottoposto al giudizio del Tribunale di Lecce, siano a lui pervenuti con atto pubblico di donazione, anteriore al matrimonio.

Il dubbio di legittimità costituzionale viene prospettato per contrasto con numerose disposizioni costituzionali:

con l'art. 3, per la manifesta illogicità della disposizione, che consente il pignoramento di beni mobili comunque pervenuti al coniuge del soggetto passivo dell'esecuzione esattoriale, e per la ingiusta discriminazione del coniuge stesso il quale, tra l'altro, se comproprietario di un immobile pignorato, può proporre opposizione a tutela della sua quota;

con l'art. 31, perchè risulterebbero non tutelate le esigenze della famiglia e ribaltata una posizione di favore, che richiede agevolazioni e provvidenze economiche per la formazione della famiglia stessa;

con l'art. 24, per essere esclusa la possibilità di agire in giudizio a tutela del diritto di proprietà;

con l'art. 41, che, garantendo la libertà di iniziativa economica privata, comprenderebbe la scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni tra coniugi e la conseguente regolamentazione dei rapporti e degli interessi patrimoniali; con l'art. 47, in quanto verrebbero aggrediti beni frutto del risparmio proprio o altrui.

2.- La questione di legittimità costituzionale della non proponibilità dell'opposizione all'esecuzione esattoriale da parte del coniuge del debitore per beni mobili pignorati nella casa di abitazione del contribuente è stata più volte esaminata dalla Corte, che ha colto la ragione di questa preclusione, inquadrata nel sistema delle garanzie patrimoniali dell'obbligazione tributaria, nell'esigenza di evitare fraudolente simulazioni per sottrarsi al pagamento delle imposte (sentenze n.42 e n. 93 del 1964, n. 129 del 1968, n. 107 del 1969, ordinanze n.283 del 1984 e n. 123 del 1986; da ultimo, ordinanza n. 374 del 1991).

Tale preclusione è posta nel contesto di uno speciale procedimento di esecuzione, nel quale si manifesta il fondamentale interesse di assicurare la tempestiva riscossione dei crediti tributari, garantendo, tra l'altro, il regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (sentenza n. 87 del 1962).

Si tratta di una normativa risalente nel tempo, tesa ad assicurare speditezza ed incisività alla riscossione coattiva delle imposte dirette da parte dell'esattore. La stessa disciplina era già prevista, con disposizioni simili anche nella formulazione, dai precedenti testi unici delle leggi sulle imposte dirette (art. 207 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645; art. 63 del regio decreto 17 ottobre 1922, n. 1401).

La questione viene ora proposta dal Tribunale di Lecce con l'indicazione di profili e parametri in parte nuovi rispetto a quelli in precedenza esaminati dalla Corte. Viene difatti dedotta l'irragionevolezza della disciplina, che va considerata anche in relazione al valore costituzionale della famiglia, da agevolare nella sua formazione (artt. 3 e 31 della Costituzione). L'illogicità della preclusione, posta dalla norma denunciata, sarebbe palese nel caso del coniuge del contribuente moroso, che non può proporre opposizione neppure quando siano stati pignorati beni di sua proprietà, per i quali possa dimostrare di averli ricevuti in donazione, con atto pubblico anteriore al matrimonio.

3.- La questione è fondata.

Il sistema della riscossione coattiva delle imposte sul reddito privilegia l'interesse alla pronta realizzazione del credito fiscale.

L'espropriazione forzata nei confronti del debitore moroso è curata direttamente dall'esattore; le procedure sono semplificate e ne è assicurata la speditezza; presunzioni in ordine all'appartenenza dei beni suscettibili di pignoramento, restrizioni e preclusioni nel sistema delle opposizioni tendono a prevenire e ad escludere elusioni fraudolente.

La preminenza dell'esigenza di realizzazione del credito fiscale nella riscossione coattiva delle imposte dirette deve tuttavia trovare la sua misura, ed un ragionevole limite, nella rispondenza alle finalità che la giustificano. Queste non consistono nella soddisfazione del credito esattoriale in qualunque modo ciò avvenga, anche mediante l'espropriazione di beni che, con certezza e senza che vi sia il rischio di fraudolente elusioni, non appartengono al contribuente moroso. L'esigenza è piuttosto quella di riscuotere con speditezza le imposte non pagate, procedendo all'espropriazione dei beni mobili che, per il luogo in cui si trovano, si presume siano del debitore, ponendo anche ragionevoli limitazioni alla prova contraria ed all'opposizione di terzi, che affermino di essere proprietari dei beni pignorati. Difatti il terzo che si oppone all'esecuzione mobiliare dell'esattore può dimostrare l'appartenenza del bene solo mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata di data certa, anteriore a quella di consegna del ruolo (art.65 del d.P.R. n. 602 del 1973).

Più che una limitazione ragionevolmente rigorosa, appare una preclusione assoluta quella imposta al coniuge per i beni mobili pignorati nella casa di abitazione del debitore. L'opposizione continua ad essere ammessa solo per i beni dotali, destinati a sostenere gli oneri del matrimonio.

L'improponibilità dell'opposizione per ogni altro bene mobile appartenente al coniuge, quali che siano l'epoca, il titolo e la prova di acquisto, si configura così assoluta da collocare sostanzialmente, per tale pignoramento, il coniuge nella stessa posizione del coobbligato.

Questa preclusione dell'opposizione non si giustifica nella sua assolutezza. Essa difatti eccede la misura della speciale protezione da assicurare alla pronta realizzazione del credito fiscale, come pure l'esigenza di prevenire ed evitare frodi o simulazioni.

Anche in un quadro normativo che, per l'opposizione di terzo, differenzi la posizione del coniuge rispetto a quella di qualsiasi altro soggetto, con un'ampiezza che il legislatore può discrezionalmente determinare, appare palesemente irragionevole, in relazione alle finalità che giustificano la particolare preminenza dell'esecuzione esattoriale mediante limitazioni alle opposizioni, oltre che non coerente con l'esigenza di agevolare la formazione della famiglia, precludere l'opposizione, quando siano stati pignorati mobili posti nella casa di abitazione del debitore, al coniuge che ha ricevuto tali beni prima del matrimonio, tanto più se in vista di questo, per atto pubblico di donazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 52, secondo comma, lettera b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui non prevede che il coniuge del debitore possa proporre opposizione di terzo per i beni mobili ad esso pervenuti per atto pubblico di donazione di data anteriore al matrimonio.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1994.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 Luglio 1994.