Sentenza n.311 del 1994

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SENTENZA N. 311

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 142, quinto comma, e 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), come modificato dalla legge 24 marzo 1989, n. 122, promosso con ordinanza emessa il 21 ottobre 1993 dal Pretore di Tolmezzo nel procedimento civile vertente tra Rossi Stefano ed il Comune di Tarvisio, iscritta al n. 774 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 giugno 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto in fatto

 

1.- Nel corso di un giudizio di opposizione all'ingiunzione di pagamento di una somma, escussa con cartella esattoriale, a titolo di sanzione amministrativa per infrazione a norme del codice della strada del 1959, il pretore di Tolmezzo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 142, quinto comma, e 142 bis del d.P.R.15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), nel testo novellato dalla legge 24 marzo 1989, n. 122, per violazione dell'art. 24 della Costituzione.

Ad avviso del giudice a quo il combinato disposto delle norme impugnate, derogando con una normativa speciale al procedimento "comune" dettato per l'applicazione delle sanzioni amministrative dalla legge n.689 del 1981, eliminerebbe la fase del riesame del fatto e della valutazione circa la sanzione da parte del Prefetto, nell'ipotesi in cui il presunto trasgressore non inoltri un tempestivo ricorso amministrativo allo stesso Prefetto, perchè nel sistema del codice della strada del 1959 come novellato dalla legge n.122 del 1989 (sistema, peraltro, riprodotto anche nel nuovo codice della strada del 1992), non vi è più l'obbligo del rapporto ed il Prefetto non conosce gli atti e non emette alcun provvedimento. Ciò impedirebbe quindi di proporre l'opposizione prevista dall'art.22 della legge n. 689 del 1981, con ingiustificabile discriminazione del trasgressore di norme sulla circolazione stradale, rispetto all'autore di qualsiasi altra violazione amministrativa.

In subordine il giudice della rimessione denuncia, in riferimento allo stesso parametro costituzionale, l'intero art. 142 del codice della strada del 1959, nel testo novellato dalla legge n. 122 del 1989, nella parte in cui non prevede che nel verbale di accertamento della violazione debba essere inserito l'avvertimento, per il trasgressore, circa la facoltà di proporre ricorso al Prefetto nel termine di 60 giorni dall'accertamento o dalla notificazione della violazione stessa, da presentarsi allo stesso ufficio o comando cui appartiene l'organo accertatore nonchè le conseguenze della omessa impugnativa e del mancato pagamento, quali l'esecutività del verbale per una somma pari alla metà del massimo edittale, e, non essendo prevista la trasmissione degli atti al Prefetto, la impossibilità di proporre opposizione dinanzi al Pretore. Ciò anche in relazione al principio espresso nell'art. 3, ultimo comma, della legge 7 agosto 1990, n.241 sulla trasparenza dell'azione amministrativa, nonchè a quanto previsto in tema di decreto ingiuntivo dall'art. 641 c.p.c..

Di entrambe le questioni il giudice a quo ravvisa la rilevanza, perchè, in caso di accoglimento della prima, diverrebbe nulla la cartella esattoriale in quanto "emessa senza titolo esecutivo", e, nel caso di accoglimento della seconda, sarebbe nullo anche lo stesso verbale.

2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, rilevando che il sistema sanzionatorio previsto dal codice della strada, derogatorio rispetto a quello dettato dalla legge n. 689 del 1981, si giustifica per l'esigenza di snellimento delle procedure di contestazione delle infrazioni alle norme sulla circolazione stradale che, per numero, frequenza e diffusione, costituiscono una categoria speciale.

La scelta del legislatore del 1989, reiterata nel nuovo codice del 1992 e non posta in discussione nemmeno nella recente modifica attuata con decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, non appare all'Avvocatura dello Stato censurabile nè sotto il profilo della ragionevolezza nè sotto quello della violazione del diritto di difesa, non sembrando difficoltosa la proposizione del ricorso amministrativo al Prefetto, da inoltrare allo stesso ufficio o organo cui appartiene l'agente accertatore, ed essendo l'ordinanza-ingiunzione prefettizia che decide il ricorso, in forza della completezza della sua motivazione e dell'apprezzamento in essa operato di tutti gli atti e documenti d'ufficio e di parte, l'unico atto suscettibile di venire compiutamente esaminato dall'autorità giudiziaria in sede di opposizione.

La difesa dello Stato conclude, pertanto, per il rigetto delle questioni in quanto infondate.

Considerato in diritto

 

1.- É stata sollevata questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, degli artt.142, quinto comma, e 142 bis del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con d.P.R. 15 giugno 1959 n.393, come modificati dalla legge 24 marzo 1989 n.122.

Si sostiene nell'ordinanza di rinvio che con la legge n. 122 del 1989 cit.(applicabile secondo il rimettente al giudizio a quo, data l'epoca del fatto) si è introdotto, rispetto al regime sanzionatorio comune dettato dalla legge 24 novembre 1981 n. 689, un regime speciale per le infrazioni al codice della strada all'epoca vigente - regime speciale poi trasfuso nel nuovo codice della strada approvato con decreto legislativo n. 285 del 1992 - il quale, non prevedendo che gli atti di accertamento dell'infrazione siano inviati al Prefetto, elimina il riesame di ufficio del fatto e la determinazione della sanzione da parte del predetto organo ed esclude di conseguenza la possibilità della opposizione al Pretore ai sensi dell'art. 22 della legge n.689 del 1981 cit.

1.2.- Altra questione di legittimità di costituzionale, sempre in riferimento all'art.24 della Costituzione, si solleva, da parte del giudice a quo, con riguardo all'art. 142 del codice del la strada cit. per la mancata previsione, in detta disposizione, dell'obbligo della indicazione, nel verbale di accertamento notificato al trasgressore, della facoltà di proporre ricorso al Prefetto entro sessanta giorni dalla notifica del verbale medesimo "e delle conseguenze (esecutività dell'atto per una somma pari alla metà del massimo edittale)", come invece dovrebbe essere previsto in armonia con l'art. 3, ultimo comma, della legge n.241 del 1990 "che disciplina in generale il procedimento amministrativo nell'ottica della trasparenza della attività amministrativa e dell'effettiva tutela del cittadino rispetto agli abusi dell'autorità", nonchè con quanto previsto dall'art. 641 del codice di procedura civile circa l'obbligo di menzionare alla parte, cui viene notificato il decreto ingiuntivo, "il termine per l'opposizione e l'esecutività del provvedimento".

2.1. - Le questioni non sono fondate, nei sensi che verranno di seguito enunciati.

Per quel che riguarda la questione che investe gli artt. 142, quinto comma, e 142 bis del codice della strada emanato nel 1959, come modificati dalla legge n. 122 del 1989, osserva la Corte che in base a tali disposizioni (riprodotte nel nuovo codice della strada del 1992) il riesame della conte stazione da parte dell'autorità prefettizia non è stato eliminato, ma, anzichè avvenire di ufficio come era in precedenza in base alla legge n. 689 del 1981, consegue al ricorso dell'interessato avverso il verbale di accertamento.

Indipendentemente perciò dal rilievo secondo cui dall'art. 24 della Costituzione non deriva l'esigenza del riesame d'ufficio in sede amministrativa della contestazione, la facoltà di proporre ricorso all'autorità amministrativa consente all'interessato di far valere comunque le proprie ragioni e di ottenere quel riesame in questa sede.

Inoltre, per l'aspetto che propriamente investe l'art. 24 della Costituzione, diversamente da quanto sembra ritenersi nell'ordinanza di rinvio, il mancato esercizio della facoltà di ricorrere al Prefetto avverso il verbale di accertamento non preclude all'interessato la possibilità di proporre opposizione al Pretore, secondo l'interpretazione adeguatrice offerta da questa Corte nella sentenza n. 255 del 1994 e che si intende ribadire nel presente giudizio.

2.2.- Per quel che riguarda la seconda questione prospettata nell'ordinanza di rinvio, esattamente il giudice a quo, in vista dell'esercizio del diritto di difesa, richiama l'esigenza del rispetto di quelle regole di trasparenza, poste in via generale dall'art.3, ultimo comma, della legge n. 241 del 1990, che obbligano l'autorità amministrativa a rendere edotti coloro, cui vengano notificati provvedimenti amministrativi, circa il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere. Tale previsione deve ritenersi di carattere generale e quindi integrativa di procedimenti amministrativi disciplinati, come nella specie, da disposizioni anteriori.

Anche questa interpretazione adeguatrice appare idonea a superare il secondo dubbio di costituzionalità sollevato nell'ordinanza di rinvio, mentre non può ritenersi conferente, come tertium comparationis, la disciplina del codice di procedura civile dettata per il decreto ingiuntivo, data l'evidente diversità della situazione oggetto di tale disciplina rispetto al procedimento amministrativo di cui alla norma denunziata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione:

a) la questione di legittimità costituzionale degli artt. 142, quinto comma, e 142 bis del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 (Testo unico delle norme sulla circolazione stradale), come modificati dalla legge 24 marzo 1989 n. 122, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Tolmezzo con l'ordinanza indicata in epigrafe;

b) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 142 del medesimo d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, come modificato dalla legge 24 marzo 1989 n. 122, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Tolmezzo con la stessa ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio1994.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 Luglio 1994.