Sentenza n.305 del 1994

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SENTENZA N. 305

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Gabriele PESCATORE Presidente

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 561, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1992 dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Imperia nel procedimento penale a carico di Abbo Dino ed altro, iscritta al n. 740 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 maggio 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto in fatto

 

1.- Nell'udienza fissata per il giudizio abbreviato - richiesto dagli imputati contestualmente al deposito di documenti, e consentito dal pubblico ministero con opposizione, peraltro, a detto deposito - il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Imperia, essendo stata reiterata l'opposizione del pubblico ministero al deposito dei documenti, ha sollevato, con ordinanza del 9 dicembre 1992 (pervenuta alla Corte il 26 novembre 1993), questione di legittimità costituzionale dell'art. 561 del codice di procedura penale, in riferimento al principio di eguaglianza ed all'esercizio del diritto di difesa.

2.- Il rimettente osserva che le argomentazioni addotte dall'accusa nell'opporsi al deposito di documenti appaiono conformi al disposto normativo: da un lato l'art. 561 del codice di procedura penale, mentre richiama (al comma 1) l'art. 420, non fa altrettanto per l'art. 421 dello stesso codice, il che rivelerebbe l'intenzione di differenziare la disciplina del giudizio abbreviato pretorile rispetto a quella relativa allo stesso giudizio dinanzi al tribunale, quanto a materiale utilizzabile per la discussione; dall'altro, la norma impugnata stabilisce (al comma 2) che le parti formulano ed illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo depositato a norma dell'art. 554, comma 4, del codice, atti tra i quali non possono farsi rientrare i documenti che le parti stesse abbiano depositato successivamente all'emissione del decreto di citazione a giudizio.

Nel giudizio abbreviato pretorile, pertanto, non risulterebbe esercitabile la facoltà di produrre documenti prevista dall'art. 421, comma 3, del codice di procedura penale, mentre non esiste questa preclusione nel giudizio abbreviato dinanzi al tribunale, nel quale l'imputato può essere ammesso a produrre documenti fino all'inizio della discussione, atteso il combinato disposto dell'art. 441 e del richiamato art. 421.

Questa situazione non concretizza - prosegue il giudice a quo - una semplice disarmonia tra due discipline che regolano il medesimo rito dinanzi a giudici diversi, ma integra una discriminazione irragionevole tra persone che si trovano nella stessa situazione sostanziale; discriminazione che, incidendo sulla possibilità di avvalersi di un fondamentale mezzo difensivo, non può essere giustificata, neppure in base all'esigenza di particolare speditezza che impronta il processo pretorile, posto che, al contrario, questa esigenza trarrebbe giovamento dalla possibilità di produrre i documenti sino all'inizio della discussione.

3.- É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nell'atto di intervento l'Avvocatura erariale deduce in primo luogo l'inammissibilità della questione, per non essere stati indicati i parametri costituzionali che determinerebbero l'incostituzionalità della norma.

Ipotizzando, ad ogni modo, che il contrasto con la Costituzione sia riferito all'art. 24, "come sembrerebbe potersi desumere dal testo dell'ordinanza di rimessione nella quale ci si duole della lesione dei diritti della difesa", l'Avvocatura osserva che le particolarità del procedimento davanti al pretore giustificano la diversità di disciplina rispetto a quello davanti al tribunale; che l'affermata inapplicabilità della disposizione sulla produzione di documenti è postulata semplicemente sulla base di una interpretazione ed è contrastata dall'ampio contenuto della norma che rende applicabili al processo pretorile, in quanto compatibili, le disposizioni relative al procedimento davanti al tribunale (art. 549 c.p.p.); che, infine, non v'è lesione del diritto di difesa, non escludendo l'art. 24 della Costituzione che certe modalità di esercizio dell'attività difensiva delle parti siano regolate in funzione delle caratteristiche del rito, come sarebbe nel caso de quo. Sulla scorta di tali argomenti l'interveniente conclude per la non fondatezza della questione.

Considerato in diritto

 

1.- Il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Imperia dubita della legittimità costituzionale dell'art. 561, commi 1 e2, del codice di procedura penale, che disciplina lo svolgimento dell'udienza per il giudizio abbreviato nel processo pretorile, nella parte in cui - per il rinvio (comma 1) all'art. 420 e non anche all'art.421 del codice di procedura penale e per la specificazione (comma 2) dell'utilizzabilità degli atti contenuti nel fascicolo depositato unitamente al decreto di citazione a giudizio ex art. 554, comma 4, del medesimo codice - non consente di esercitare la facoltà di produrre documenti nell'ambito dell'udienza e sino all'inizio della discussione, diversamente da quanto è previsto per il giudizio abbreviato dinanzi al (giudice per le indagini preliminari presso il) tribunale, nel quale detta facoltà è esercitabile in virtù del disposto dell'art. 421, comma 3, ultima parte, del codice di procedura penale; così determinandosi una disparità di trattamento tra posizioni sostanziali analoghe che non è giustificata, neppure in funzione delle esigenze di speditezza del procedimento pretorile.

2.- Deve essere preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità dell'Avvocatura generale dello Stato, formulata sotto il profilo della mancata indicazione nell'ordinanza di rimessione dei parametri costituzionali in riferimento ai quali la questione è stata sollevata.

In realtà, l'ordinanza di rimessione non solo menziona in modo esplicito, sia pure in motivazione, l'articolo 3 della Costituzione, ma, come la stessa Avvocatura generale riconosce, dal suo intero contesto fa risultare in modo chiaro il riferimento anche all'art.24, in quanto essa denuncia che l'imputato "non può avvalersi di un importante, spesso decisivo mezzo difensivo". Ciò è sufficiente, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentt. nn. 115 del 1993 e 313 del 1990) a ritenere integrato il dispositivo dell'ordinanza predetta, con l'indicazione sia dell'art.3 della Costituzione, menzionato nella motivazione, ma anche dell'art.24, menzionato in modo implicito.

3.- Nel merito, la questione non è fondata nei sensi che verranno di seguito precisati.

L'art. 561 del codice di procedura penale, nel disciplinare l'udienza per il giudizio abbreviato pretorile, stabilisce che essa "si svolge in camera di consiglio a norma dell'art. 420".

Il secondo comma dello stesso art. 561 detta alcune regole particolari da osservarsi nella stessa udienza prevedendo, fra l'altro, che le parti "illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo depositato a norma dell'art. 554, comma 4".

Il giudice a quo, muovendo dall'interpretazione letterale del primo comma dell'art. 561 citato, il quale fa rinvio soltanto all'art. 420 del codice, compreso nelle disposizioni che disciplinano l'udienza preliminare che si svolge dinanzi al tribunale, ritiene che, a causa del mancato rinvio all'art. 421, nel giudizio abbreviato pretorile non sarebbe consentito alle parti di produrre documenti successivamente all'emissione del decreto di citazione a giudizio, come invece previsto per il giudizio abbreviato dinanzi al tribunale. La disciplina del giudizio pretorile sarebbe perciò di ostacolo all'imputato di potersi avvalere "di un importante, spesso decisivo mezzo di difesa, com'è la prova documentale" con evidente disparità di trattamento degli imputati giudicabili dal pretore rispetto a quelli giudicabili dal tribunale.

Osserva la Corte che l'asserita limitazione del diritto di difesa, di cui in sostanza si duole il rimettente, si palesa insussistente se si muove da una diversa interpretazione della norma impugnata, resa possibile dal suo inquadramento nel sistema.

Come la giurisprudenza costituzionale ha già avuto modo di osservare, le norme che regolano il giudizio abbreviato dinanzi al tribunale "hanno portata generale e sono presupposte anche nell'ambito del giudizio dinanzi al pretore, la cui disciplina fa ad esse integrale rinvio quanto alla struttura e agli effetti sostanziali dell'istituto, limitandosi a regolare taluni moduli procedimentali imposti dalle peculiarità del rito pretorile" (ord

. n. 101 del 1994

 

).

 

La disciplina dettata dagli artt. 438 e seguenti del codice di procedura penale, dunque, costituisce il paradigma di questo rito speciale, per cui è ad essa che si deve far capo in via generale quando manchi una espressa previsione contraria o, come nel caso che il giudizio si svolga dinanzi al pretore, quando quella disciplina generale non risulti incompatibile con le caratteristiche proprie della disciplina processuale che riguarda quest'ultimo giudice.

Orbene, se nel giudizio abbreviato, come regolato dalla disciplina generale, è possibile per le parti la produzione di documenti da valutarsi dal giudice nell'udienza preliminare, tale facoltà difensiva non trova nessuna ragione di incompatibilità con le peculiarità proprie del giudizio pretorile e deve perciò ritenersi esercitabile anche in questo.

In particolare, non può ritenersi di ostacolo all'esercizio dell'accennata facoltà anche nel giudizio abbreviato pretorile la circostanza, implicitamente valorizzata dal rimettente, per cui essa è contemplata all'interno delle norme che regolano l'udienza preliminare, mentre detta udienza non è prevista per il processo dinanzi al pretore. Il richiamo che la disciplina di questo giudizio effettua all'art.421 - e tramite esso altresì all'art. 419, comma 2 - fa assumere alla previsione richiamata, una volta inserita nell'ambito del rito differenziato, un rilievo autonomo ed indipendente dalla collocazione originaria, coerente con la connotazione di giudizio sul merito dell'imputazione, soggetto alle medesime regole, indipendentemente dall'organo giudicante dinanzi al quale esso si svolge.

Attenendosi a questa interpretazione adeguatrice, diversa da quella da cui muove il giudice a quo, viene meno il fondamento della lamentata incostituzionalità perchè risultano assicurate all'imputato, nel giudizio abbreviato che si svolge dinanzi al pretore, tutte le facoltà difensive proprie di questo rito speciale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art.561, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 (recte, agli artt. 3 e 24) della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Imperia, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/07/94.

Gabriele PESCATORE, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 Luglio 1994.