Sentenza n. 243 del 1994

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SENTENZA N. 243

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, ottavo comma, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) promossi con: 1) ordinanza emessa il 15 novembre 1993 dal Pretore di Genova nel pro cedimento penale a carico di Cocco Ivana, iscritta al n. 41 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1994; 2) ordinanza emessa il 15 novembre 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Genova nel procedimento penale a carico di Cocco Ivana, iscritta al n. 63 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1994.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio dell'11 maggio 1994 il Giudice relatore Renato Granata;

 

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso di due distinti giudizi penali nei confronti di Cocco Ivana, imputata dei reati contravvenzionali di cui agli artt.707 e 708 c.p. il Pretore di Genova - premesso che l'imputata in quanto priva di redditi, nè convivente con altri familiari del cui reddito dovesse tenersi conto (ex art. 3, comma 2, l.n. 217 del 1990), avrebbe potuto essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ma che a ciò ostava il titolo del reato conte statole in quanto l'art. 1, comma 8, l. cit.escludeva la possibilità di ammissione al beneficio nei procedimenti penali concernenti contravvenzioni, salvo che questi siano riuniti a procedimenti concernenti delitti o siano agli stessi connessi ancorchè non riuniti - ha sollevato (con due identiche ordinanze entrambe in data 15 novembre 1993) questione incidentale di costituzionalità di tale disposizione per violazione degli artt. 3 e 24, commi 1 e 2, Cost.

 

Osserva il Pretore rimettente che - essendo il criterio di distinzione tra delitti e contravvenzioni quello formale dettato dall'art. 39 del c.p. - si può avere sul piano sostanziale che talune contravvenzioni siano punite con pene detentive o pecuniarie più elevate di quelle previste per alcuni delitti. Non potendo rinvenirsi la ratio di tale disciplina differenziata nell'intrinseca natura dei reati, risulta conseguentemente irragionevole la previsione normativa di esclusione degli imputati di reati contravvenzionali dal beneficio del gratuito patrocinio a carico dello Stato ed ingiustificata la differenziazione di disciplina tra l'imputato di un delitto e quello di una contravvenzione sicchè è vulnerato il principio di uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.). Discriminazione sussistente anche perchè la persona imputata di una solo contravvenzione non ha diritto, per ciò solo, a tale beneficio del quale invece godrebbe ove si procedesse alla riunione con altri procedimenti riguardanti delitti.

 

D'altra parte - osserva ancora il giudice rimettente - è violato anche l'art. 24 cost., che non ha posto limitazione al diritto di difesa dei non abbienti in ragione della natura del reato contestato, limitazione peraltro sconosciuta alla precedente normativa.

 

2. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo pregiudizialmente che la questione sia dichiarata inammissibile perchè il pretore rimettente non ha accertato la situazione familiare dell'imputata e l'eventuale sua convivenza con familiari percettori di reddito da cumulare, al fine della spettanza del beneficio del gratuito patrocinio.

 

Comunque la questione - secondo l'Avvocatura - è infondata perchè rientra nei poteri discrezionali del legislatore prevedere la difesa a spese dello Stato solo per gli imputati di reati più gravi, ossia nei casi in cui la difesa è più complessa e costosa, come appunto avviene nelle ipotesi di delitti. Peraltro l'ambito del beneficio è condizionato dalla disponibilità finanziaria dello Stato ed il legislatore ha optato per un primo intervento, garantendo la difesa a spese dello Stato nei casi ritenuti più urgenti e più gravi, e riservandosi di prevedere in seguito eventuali ampliamenti del beneficio.

 

Considerato in diritto

 

1. É stata sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 24, commi 1 e 2, Cost. - dell'art. 1, comma 8, legge 30 luglio 1990 n.217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) nella parte in cui esclude la possibilità di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti nei procedimenti penali concernenti contravvenzioni, salvo che questi siano riuniti a procedimenti concernenti delitti o siano agli stessi connessi, ancorchè non riuniti, per sospetta violazione sia del principio di ragionevolezza e di eguaglianza (perchè ingiustificatamente discrimina gli imputati di reati contravvenzionali rispetto agli imputati di delitti anche se talora le sanzioni dell'arresto e dell'ammenda sono più elevate della reclusione o della multa), sia del diritto alla difesa (perchè priva i soggetti non abbienti imputati di reati contravvenzionali della effettiva possibilità di giovarsi della difesa tecnica in giudizio).

 

2. Riuniti i giudizi per identità di oggetto, va pregiudizialmente respinta l'eccezione, sollevata dall'Avvocatura di Stato, di inammissibilità della questione di costituzionalità atteso che il giudice rimettente ha ritenuto in fatto che l'imputata abbia documentato le condizioni di reddito prescritte dalla legge ed a tale affermazione è pervenuto sulla base di un iter argomentativo che, pur se censurato dall'Avvocatura dello Stato sotto il profilo che la condizione di non convivenza con alcun familiare sarebbe dedotta dalla mera irreperibilità dell'imputato, tuttavia - per la natura del tutto fattuale del relativo accertamento - non è comunque sindacabile da questa Corte salvo che per manifesta contraddittorietà od illogicità, che nella specie non sono ravvisabili.

 

3. Nel merito la questione non è fondata.

 

3.1. Non sussiste la violazione dell'art.24, commi 1 e 2, Cost. perchè, non applicandosi il patrocinio a spese dello Stato, opera comunque la generale disciplina del gratuito patrocinio posta dal r.d. 30 dicembre 1923 n.3282, che costituisce una prima, pur se minimale ma costituzionalmente sufficiente, realizzazione del precetto che assicura ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione; precetto che - come già rilevato da questa Corte (sent. n.165 del 1993, n.194 del 1992) - trova legittima attuazione < < con varia gradualità ed intensità secondo scelte discrezionali del legislatore>>, essendoci soltanto < < una linea di tendenza - maggiormente aderente al precetto costituzionale - che privilegia l'anticipazione delle spese afferenti al patrocinio dei non abbienti rispetto alla mera gratuità delle prestazioni ad esso connesse>>.

 

3.2. Se poi dall'an della tutela - che si è detto sussistere - si passa al quomodo, può altresì negarsi la violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), prospettata dal giudice rimettente, perchè non è priva di giustificazione la disciplina differenziata dell'assistenza legale dei non abbienti secondo che il giudizio penale abbia ad oggetto l'imputazione per contravvenzione piuttosto che per delitto.

 

Questa Corte (ord. n.462 del 1987) ha già affermato che < < rientra palesemente nella discrezionalità del legislatore, in relazione al maggior disvalore tradizionalmente assegnato ai delitti rispetto alle contravvenzioni, prevederne o meno l'estinzione per oblazione>>. Con ciò significando che nel sistema penale sussiste pur sempre un'apprezzabile differenza tra delitti e contravvenzioni che è ancorata alla diversa specie della pena irrogabile (art. 39 c.p.) e che comporta comunque, sotto taluni aspetti (quali l'elemento psicologico del reato e la prescrizione), un distinto regime giuridico, non contraddetto dalla circostanza che talora sia in concreto possibile rinvenire contravvenzioni sanzionate più gravemente di delitti.

 

Tale differenza è sufficiente per ritenere giustificata, nel quadro della già segnalata linea di gradualità seguita nell'attuazione del precetto costituzionale di assistenza legale ai non abbienti, la disciplina differenziata censurata, la quale soltanto per i delitti, in quanto reati più gravi, e non anche per le contravvenzioni ha previsto il patrocinio a spese dello Stato, forma - questa - di tutela più intensa rispetto al mero gratuito patrocinio.

 

La peculiarità, poi, costituita dalla eventuale riunione (o connessione) del procedimento penale per contravvenzione con un procedimento concernente delitti rende sufficiente ragione della (eccezionale) estensione anche al primo del beneficio del patrocinio a spese dello Stato in considerazione di un generale favor per l'imputato non abbiente che giustifica in tal caso la prevalenza della disciplina più favorevole.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 8, legge 30 luglio 1990 n.217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, commi 1 e 2, della Costituzione, dal Pretore di Genova, con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 9 giugno 1994.

 

Gabriele PESCATORE, Presidente

 

Renato GRANATA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 16/06/1994.