Ordinanza n. 204 del 1994

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ORDINANZA N. 204

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA,

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUBERTO,

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 29 giugno 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Massa Carrara nel procedimento penale a carico di Baldini Giorgio, iscritta al n.705 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 13 aprile 1994 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

Ritenuto che nel corso dell'udienza preliminare relativa ad un procedimento penale a carico di persona imputata di omicidio aggravato il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Massa Carrara ha sollevato, con l'ordinanza in epigrafe, questione di legittimità costituzionale dell'art.442, secondo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione;

 

che, all'esito di una disamina di alcune delle pronunce rese da questa Corte in tema di giudizio abbreviato (sentt. nn. 176 del 1991 e 23 del 1992; ordd. nn. 48 e 163 del 1992) e dei conseguenti sviluppi giurisprudenziali di legittimità (in particolare con riguardo alla inapplicabilità di detto rito speciale per i reati punibili con la pena dell'ergastolo), e dato altresì atto del consenso espresso, nel giudizio principale, dal pubblico ministero alla richiesta di giudizio abbreviato formulata dall'imputato, nonostante il mantenimento di una imputazione preclusiva, il giudice rimettente lamenta in primo luogo l'impossibilità di sindacare detta imputazione e perciò, una volta ritenuta erronea la valutazione degli elementi di fatto trasfusi nell'imputazione medesima, di escludere le circostanze aggravanti che ostacolano l'accesso al rito speciale e ai correlativi vantaggi sostanziali;

 

che, per questo primo profilo, l'accennata situazione risulterebbe lesiva sia del principio di eguaglianza, discriminando fra imputati in dipendenza di contestazioni rivelatesi errate e che non consentono - ad avviso dal giudice a quo - neppure la < riparazione> consistente nella riduzione di pena in sede dibattimentale, sia del diritto di difesa, sia infine del principio di precostituzione del giudice naturale, che dovrebbe essere quello per le indagini preliminari;

 

che, svolgendo un diverso profilo della questione, il giudice a quo lamenta inoltre come, nell'ipotesi in cui l'imputazione circostanziata risulti viceversa corretta, non sia possibile per l'imputato fruire della riduzione di pena in sede dibattimentale nonostante il riconoscimento di circostanze attenuanti (< già presenti nella fase dell'udienza preliminare>) idonee a neutralizzare gli effetti dell'aggravante contestata (e preclusiva del rito): una situazione, questa, che sarebbe anch'essa lesiva del parametro costituzionale dell'eguaglianza, se posta a raffronto con la situazione di chi può, invece, giovarsi del rito abbreviato in quanto imputato di un analogo reato, non aggravato (ma neppure attenuato), nonostante che al secondo possa in concreto essere irrogata una pena superiore a quella applicabile al primo;

 

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo una declaratoria di inammissibilità o di non fondatezza della questione.

 

Considerato, quanto al primo profilo, che questa Corte ha già disatteso, con la sentenza n. 305 del 1993, questione analoga e prospettata in riferimento ai medesimi - e ad altri - parametri costituzionali;

 

che nella richiamata decisione si è, in particolare, osservato che la preclusione al sindacato da parte del giudice per le indagini preliminari sull'esattezza dell'imputazione (sub specie della qualificazione giuridica del fatto e delle circostanze del reato) formulata dal pubblico ministero ai fini dell'ammissione al giudizio abbreviato non è in contrasto con alcuno dei parametri costituzionali oggi invocati;

 

che l'ordinanza di rimessione non presenta al riguardo alcun nuovo o diverso argomento, che possa indurre questa Corte, per quanto riguarda il profilo in esame (che rappresenta il petitum centrale dell'ordinanza di rinvio, al di là della esattezza o meno circa l'individuazione delle norme da cui ha origine il problema dedotto), a discostarsi dalle conclusioni già raggiunte; alle quali, piuttosto, può qui aggiungersi l'ulteriore aspetto della contraddizione tra una assoluta libertà di qualificazione del fatto da parte del giudice per l'udienza preliminare-nell'ambito della statuizione sull'accesso al giudizio speciale ed in presenza dei relativi ulteriori presupposti -e la mancanza di uno strumento di controllo idoneo a prevenire l'opposta patologia processuale, consistente in possibili determinazioni erronee da parte di detto giudice: un profilo, questo, che assume maggiore rilievo alla luce della delimitazione < interna> dell'appellabilità della decisione, resa al termine del rito speciale, da parte dell'accusa, e cioé alla (sola) ipotesi di mutamento del titolo del reato rispetto a quello sulla cui base è stato accordato e si è quindi svolto il giudizio abbreviato (art. 443, terzo comma, c.p.p.) e non anche, allo stato della normativa, al richiesto mutamento finalizzato appunto a consentire il rito de quo (giacchè in quest'ultima ipotesi non si verifica variazione del titolo giuridico nell'ambito del giudizio speciale);

 

che, d'altra parte, i dubbi di legittimità costituzionale pro spettati dal rimettente muovono dalla ritenuta < irrecuperabilità> di una preclusione rivelatasi poi erronea, quantomeno sul piano delle conseguenze sulla pena;

 

che, in contrario, già nell'ordinanza n. 163 del 1992- richiamata dal giudice a quo - e poi ulteriormente nella citata sentenza n.305 del 1993, questa Corte ha individuato nel giudizio dibattimentale la sede di < recupero> del vantaggio sostanziale indebitamente precluso all'imputato da una contestazione impropria da parte dell'accusa, per cui perdono rilievo le premesse argomentative di questo profilo della questione riferito alla discriminazione di situazioni omogenee;

 

che, ancora in rapporto al medesimo profilo ma con riguardo anche ad un petitum ulteriore, mirato cioé al riconoscimento del potere di modificazione dell'imputazione non più solo quale nomen iuris del fatto-reato, bensì anche come contestazione di una determinata materialità dei fatti (ciò secondo il riferimento dell'ordinanza di rinvio alla < eventuale erronea valutazione degli elementi di fatto>), deve parallelamente ribadirsi che, prima e al di fuori della cri stallizzazione dell'imputazione ai fini e nei limiti della decisione sull'ammissibilità del rito, ritrova pienezza e anzi doverosità di applicazione il principio della necessaria costante corrispondenza tra l'imputazione e le emergenze processuali (sent. n. 88 del 1994 di questa Corte), per cui le eventuali disarmonie tra questi due elementi troveranno risoluzione nell'ambito della fluidità della contestazione, anche nell'udienza preliminare (sent. n. 88 del 1994 citata), con gli strumenti utilizzabili a tal fine dal giudice;

 

che, quanto al secondo profilo della questione, concernente il (mancato) potere di riconoscimento ed applicazione di circostanze attenuanti, deve essere riaffermata la assoluta eccezionalità di una attribuzione di questo tipo al di fuori del giudizio sul merito della regiudicanda (sent. n. 431 del 1990), e, altresì, la coerenza di una siffatta esclusione avuto riguardo alla configurazione dell'udienza preliminare nel disegno del nuovo processo penale (sentt. nn. 41 del 1993; 381 del 1992; 64 del 1991); non senza sottolineare comunque che la diversificazione tra le ipotesi sostanziali poste a raffronto - un reato aggravato ed un reato non aggravato, rispettivamente -esclude la dedotta lesione del parametro dell'eguaglianza;

 

che, pertanto, sotto ogni profilo la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 25 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Massa Carrara, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1994.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 26/05/1994.