Ordinanza n. 160 del 1994

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ORDINANZA N. 160

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 441, primo comma, 420, primo comma, e 127, sesto comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 gennaio 1992 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Perugia nel procedimento penale a carico di Beduini Albano ed altri, iscritta al n. 792 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.4, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli.

Ritenuto che nel procedimento penale a carico di Beduini Albano ed altri, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Perugia - con ordinanza del 14 gennaio 1992 (R.O. n. 792 del 1993) - ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 441, primo comma, 420, primo comma, e 127, sesto comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui dispongono che il giudizio abbreviato ammesso all'udienza preliminare si svolge senza il pubblico, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione nonchè con gli artt. 2, primo comma, prima parte, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e 6 della legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952);

che secondo il giudice remittente vi è contrasto tra la normativa che regola lo svolgimento del giudizio abbreviato escludendone la pubblicità (il combinato disposto degli artt.441, primo comma, 421, primo comma, e 127, sesto comma, del codice di procedura penale) e l'art. 1, primo comma, prima parte, della legge delega n. 81 del 1987 secondo cui "Il codice di procedura penale deve..... adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale";

che, in particolare, le disposizioni impugnate si porrebbero in contrasto con le regole dettate in tema di pubblicità del processo dalle convenzioni internazionali, violando l'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, secondo cui la sentenza che accerta la fondatezza di un'accusa penale "deve essere resa pubblicamente" ed eventuali deroghe al regime di pubblicità devono essere adottate dal giudice per rispondere a specifiche esigenze (interessi dei minori, ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, potenziale pregiudizio alla giustizia);

che, sempre secondo il giudice a quo, la normativa denunciata violerebbe anche l'art. 76 della Costituzione che fissa i limiti del potere normativo delegato, dettando una disciplina del giudizio abbreviato non adeguata alla normativa di una convenzione internazionale ratificata dall'Italia;

che nel giudizio dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che con la sentenza n. 373 del 1992 questa Corte ha già dichiarato inammissibile identica questione di legittimità costituzionale;

che in tale decisione la Corte - dopo aver ribadito che "la pubblicità del giudizio, specie di quello penale, costituisce un principio essenziale dell'ordinamento democratico, fondato sulla sovranità popolare sulla quale si basa l'amministrazione della giustizia" - ha sottolineato come nella peculiare disciplina dettata per il giudizio abbreviato entrino in gioco interessi diversi che solo il legislatore può valutare comparativamente e bilanciare nell'ambito della sua discrezionalità;

che nella sua ordinanza di rinvio il giudice a quo non ha indicato nuovi profili di incostituzionalità delle norme denunciate nè ha svolto nuove argomentazioni a sostegno delle censure di incostituzionalità prospettate;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale all'esame di questa Corte va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 441, primo comma, 420, primo comma, e 127, sesto comma, del codice di procedura penale nella parte in cui dispongono che il giudizio abbreviato ammesso all'udienza preliminare si svolge senza il pubblico, in riferimento all'art. 76 della Costituzione nonchè agli artt. 2, primo comma, prima parte, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e 6 della legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del protocollo addizionale alla convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), sollevata dal Tribunale di Perugia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/04/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 21/04/94.