Ordinanza n. 354 del 1993

CONSULTA ONLINE

ORDINANZA N. 354

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 2-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 8 agosto 1992, n.359, promossi con ordinanze emesse il 18 febbraio 1993 dal Pretore di Salerno - sezione distaccata di Eboli, il 23 febbraio 1993 dal Pretore di Salerno - sezione distaccata di Mercato S. Severino, il 19 febbraio 1993 dal Pretore di Venezia, il 22 marzo 1993 dal Pretore di Venezia - sezione distaccata di Mestre, il 19 febbraio (n. 2 ordinanze), il 7 e il 1° marzo 1993 dal Pretore di Venezia ed il 3 febbraio 1993 dal Pretore di Genova, rispettivamente iscritte ai nn. 179, 203, 220, 235, 243, 244, 248, 249 e 251 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 18, 19, 21, 22 e 23 dell'anno 1993.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 luglio 1993 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che i Pretori di Salerno, sezioni distaccate di Eboli (con ordinanza emessa il 18 febbraio 1993) e di Mercato San Severino (con ordinanza del 23 febbraio 1993), di Venezia (con tre ordinanze emesse il 19 febbraio 1993 e con successive ordinanze del 1° e del 7 marzo 1993), di Venezia, sezione distaccata di Mestre (con ordinanza del 22 marzo 1993), e di Genova (con ordinanza emessa il 3 febbraio 1993), in altrettanti giudizi di convalida di licenza per finita locazione per scadenze contrattuali successive al 14 agosto 1992, hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 2-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 8 agosto 1992, n. 359;

che la norma denunciata stabilisce, per le locazioni in corso e con scadenza successiva all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la proroga di diritto del contratto per due anni, nel caso in cui "le parti non concordino sulla determinazione del canone";

che le ordinanze di rimessione interpretano questa disposizione nel senso che la proroga opera in modo automatico, se le parti non hanno raggiunto l'accordo sul canone, e che il rifiuto di trattare da parte del proprietario, quali che ne siano le ragioni, è equiparato al mancato accordo;

che alcune ordinanze prospettano l'illegittimità della norma nella sua interezza, altre nella parte in cui non prevede che il locatore possa recedere dal rapporto alla prima scadenza del contratto successiva alla data di entrata in vigore della legge, o nel corso della proroga legale, se ha necessità di disporre dell'immobile per adibirlo ad abitazione propria o, più in generale, per uno dei motivi previsti dagli artt. 29 e 59 della legge 27 luglio 1978, n. 392;

che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, per l'infondatezza delle questioni, osservando in particolare che, in base all'interpretazione congiunta del secondo comma e del secondo comma-bis dell'art. 11 del decreto-legge n. 333 del 1992, si deve riconoscere come rilevante la necessità del locatore, che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui, rispettivamente, agli artt. 29 e 59 della legge n. 392 del 1978.

Considerato che tutti i giudizi, prospettando questioni identiche o connesse, relative alla stessa disposizione legislativa, possono essere riuniti e decisi congiuntamente;

che i giudici rimettenti, dubitando della legittimità costituzionale della proroga delle locazioni, stabilita dall'art.11, comma 2-bis, del decreto-legge n. 333 del 1992, inserito dalla legge di conversione n.359 del 1992, hanno sollevato, senza addurre profili o argomenti nuovi, questioni che sono state già esaminate dalla Corte, che con sentenza n. 323 del 1993 ha ritenuto che la limitazione alla facoltà di godimento del bene determinata dalla proroga biennale delle locazioni non contrasta con i parametri costituzionali indicati nelle ordinanze di rimessione. Difatti la proroga non è fine a se stessa, nè tale da configurare una sostanziale riedizione del regime vincolistico, ma, limitata nel tempo, risponde all'esigenza eccezionale e transitoria di consentire un graduale passaggio ad un nuovo sistema, caratterizzato dal tendenziale superamento del principio della quantificazione legale del corrispettivo per le locazioni abitative;

che la Corte ha inoltre dichiarato infondate analoghe questioni di legittimità costituzionale prospettate con riferimento al rapporto tra proroga di diritto ed esigenza o necessità del locatore di utilizzare direttamente l'immobile, in quanto la disposizione denunciata, correttamente interpretata, consente di ritenere che la proroga può essere impedita quando ricorrano le specifiche e comprovate esigenze del locatore previste dalla legge. Difatti la disposizione è inserita in un contesto che vede esclusa la rinnovazione del contratto, anche se sia stato stipulato un patto in deroga, quando il locatore intenda, con attualità e concretezza, adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere rispettivamente previste dagli artt. 29 e 59 della legge 27 luglio 1978, n.392;

che, pertanto, le questioni ora riproposte devono essere dichiarate manifestatamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 2-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 8 agosto 1992, n. 359, sollevate dai Pretori di Salerno, sezioni distaccate di Eboli e di Mercato San Severino, di Venezia e della sezione distaccata di Mestre, di Genova, in riferimento agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/07/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28/07/93.