Sentenza n. 269 del 1993

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SENTENZA N. 269

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1-sexies aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 ((Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Integrazioni dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), promosso con ordinanza emessa il 17 settembre 1992 dal pretore di Sondrio - sezione distaccata di Morbegno - nel procedimento penale a carico di Giampaolo Pozzoli, iscritta al n. 49 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 aprile 1993 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto in fatto

l. Con ordinanza del 17 settembre 1992 il pretore di Sondrio - sezione distaccata di Morbegno - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1-sexies aggiunto al d.l.27 giugno 1985, n. 312 dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n.431 il quale punisce ogni violazione delle disposizioni contenute nel medesimo provvedimento con le sanzioni previste dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n.47.

Tale trattamento punitivo rivestirebbe un sicuro carattere di irragionevolezza, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, per due ordini di ragioni.

Anzitutto, il reato previsto dalla norma impugnata sussiste per il solo fatto che siano stati compiuti interventi edilizi senza la previa autorizzazione paesistica. Di conseguenza viene punito con le stesse severe sanzioni anche il fatto che non lede più alcun interesse sostanziale, essendo in seguito intervenuta - come nel caso all'esame del giudice a quo - l'autorizzazione concessa dall'ufficio beni ambientali della regione.

In secondo luogo, l'irragionevolezza risulterebbe comparativamente accentuata dal fatto che, mentre per gli interventi edilizi di cui all'art.20, lettera c), della legge n.47 del 1985 la concessione in sanatoria estingue il reato, ciò non avviene per la violazione dell'art. 1-sexies.

Sarebbe quindi violato l'art. 3 della Costituzione, per irragionevole disparità di trattamento.

2. É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

L'Avvocatura richiama la sentenza di questa Corte n. 67 del 1992, con cui è già stata dichiarata infondata la questione di costituzionalità sollevata con riferimento al trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 1-sexies.

Con riguardo specifico al profilo sollevato dal giudice remittente, l'Avvocatura osserva che la irrilevanza della sanatoria ai fini della punibilità appare adeguatamente giustificata nel contesto del differenziato trattamento urbanistico, in ragione dell'importanza primaria del valore ambientale presidiato dalla norma e della circostanza che nella materia urbanistica la sanatoria interviene in base ad una ricognizione ex post della originaria conformità dell'opera abusivamente realizzata agli strumenti urbanistici vigenti, mentre in materia paesistica difetta un tale parametro.

Considerato in diritto

l. L'art. 1-sexies aggiunto al d.l. 27 giugno 1985, n. 312 dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431 viene impugnato per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevolezza, con riguardo al trattamento punitivo che deriva dal rinvio fatto dalla norma alle sanzioni previste dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Per effetto di tale disciplina, si osserva, viene punito con severe sanzioni anche il fatto che non lede più alcun interesse sostanziale, per essere intervenuta l'autorizzazione paesistica.

In secondo luogo, mentre per le violazioni edilizie di cui all'art. 20, lett. c), della legge n. 47 del 1985 la concessione in sanatoria estingue il reato, ciò non è previsto per la violazione dell'art. 1-sexies.

In relazione ad entrambi i profili considerati la questione va dichiarata infondata.

2. Con riguardo alla censura relativa al sussistere del reato, pur in presenza dell'autorizzazione in sanatoria successivamente concessa, va richiamato quanto si è già statuito con sentenza n.67 del 1992.

La Corte ha infatti affermato che la legge ha introdotto vincoli paesaggistici generalizzati, la cui ratio sta nella valutazione che l'integrità ambientale è un bene unitario, il quale può risultare compromesso anche da interventi minori. "Non può quindi ritenersi irrazionale - statuisce la sentenza - che vengano sottoposte a sanzione penale tutte le modifiche e alterazioni attuate mediante opere non autorizzate, indipendentemente dalla presenza e dalla entità di un danno paesistico concretamente sussistente nel caso specifico. Infatti, come viene affermato dalla giurisprudenza ordinaria di legittimità, il reato previsto dall'art. 1-sexies ha carattere formale e di pericolo, proprio perchè il vincolo posto su certe parti del territorio nazionale ha una funzione prodromica al suo governo".

Tali valutazioni, che hanno indotto alla dichiarazione di infondatezza della questione relativa alla applicabilità delle sanzioni al compimento di qualsiasi opera non autorizzata in area sottoposta a vincolo, giustificano altresì la dichiarazione di infondatezza della questione relativa alla sottoposizione a sanzione penale di opere non autorizzate al tempo dell'esecuzione, pur se successivamente autorizzate in sanatoria.

3. Il pretore di Sondrio trae ulteriore motivo di irragionevolezza della norma impugnata dal raffronto con la disciplina prevista dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n.47, per le violazioni alle norme edilizie.

Rileva infatti che in relazione a queste ultime violazioni la successiva concessione in sanato ria estingue il reato, mentre ciò non è previsto per le opere eseguite in violazione dei vincoli paesaggistici.

Per contro, la diversità di scopi, di presupposti e di oggetto dei due complessi normativi non consente di porre utilmente a raffronto singole previsioni contenute negli stessi.

Tanto più che, come si è già affermato proprio con riferimento all'art.1-sexies (sentenza n. 122 del 1993), l'accentuata severità di trattamento che può risultare dalla norma "trova giustificazione nella entità sociale dei beni protetti e nel carattere generale, immediato e interinale della tutela che la legge ha inteso apprestare, di fronte alla urgente necessità di comprimere comportamenti tali da produrre all'integrità ambientale danni gravi e talvolta irreparabili".

4. La già richiamata sentenza n. 122 del 1993 precisa anche che la statuizione resa sull'art. 1-sexies "si fonda sui poteri attribuiti a questa Corte, cui spetta non già valutare nel merito le scelte fatte dal legislatore per la disciplina della repressione penale, ma considerare le medesime sotto il profilo della ragionevolezza".

Nell'esercizio di questo potere la Corte ha già pronunciato ripetute dichiarazioni di infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate con riguardo all'art. 1- sexies (sentenze nn. 122 del 1993; n. 67 del 1992; ordinanza n.431 del 1991). Essa peraltro non ha mancato di precisare di riconoscere congruità e ragionevolezza alla disciplina anche in relazione al suo palese carattere interinale.

Non può negarsi infatti che l'applicazione della normativa sulla protezione ambientale abbia posto in evidenza alcuni problemi, segnalando in particolare l'opportunità di definire le previsioni sanzionatorie in modo che consentano di discriminare meglio il trattamento punitivo in relazione alla effettiva gravità dei fatti.

É dunque auspicabile che, tenuto conto dell'ormai prolungata vigenza della disciplina, il legislatore provveda ad un adeguato riesame della stessa alla luce delle questioni che via via si sono andate ponendo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.1-sexies aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Integrazioni dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal pretore di Sondrio - sezione distaccata di Morbegno - con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27/05/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Gabriele PESCATORE, Redattore

Depositata in cancelleria il 04/06/93.