Ordinanza n. 241 del 1993

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ORDINANZA N. 241

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Dott. Francesco GRECO

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 413, quarto comma, del codice di procedura civile, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 128 (Disciplina della competenza territoriale per le controversie relative ai rapporti di cui al n. 3 dell'art. 409 del codice di procedura civile), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 1° giugno 1992 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Portale Roberto e la s.r.l. Master Pharma, iscritta al n. 677 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1992;

2) ordinanza emessa il 6 ottobre 1992 dal Pretore di Ferrara nel procedimento civile vertente tra le Distillerie Moccia e Apostolico Luigi, iscritta al n. 735 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1993 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che il Pretore di Torino, nel procedimento civile promosso da Portale Roberto contro la Master Pharma s.r.l., avente ad oggetto il pagamento delle sue spettanze per l'attività di informatore medico-scientifico svolta a favore della convenuta, con ordinanza del 1 giugno 1992 (R.O. n. 677 del 1992) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 413, quarto comma, del codice di procedura civile, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 128, nella parte in cui non prevede l'applicazione della norma anche ai rapporti di lavoro con modalità di esecuzione assimilabili a quelle di cui all'art.409, n. 3, del codice di procedura civile (scissione tra l'attività lavorativa e struttura aziendale);

che, a parere del remittente, sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione per la disparità di trattamento che si verificherebbe fra i lavoratori di cui all'art. 409 del codice di procedura civile e gli altri lavoratori subordinati che operano in una determinata zona del tutto svincolati dalle filiali o dipendenze, intese come strutture di riferimento dell'attività lavorativa;

che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha concluso per la manifesta infondatezza, osservando che per i rapporti di c.d. parasubordinazione si è previsto un foro esclusivo, mentre il lavoratore subordinato che svolge la sua attività in aree svincolate da sedi, dipendenze e filiali non perde mai il contatto con la sede dell'impresa ed è alquanto problematica la individuazione di un centro principale di affari o interessi che possa fungere da criterio di collegamento per radicare la competenza territoriale; mentre il datore di lavoro potrebbe scegliere un foro a lui gradito;

che il Pretore di Ferrara, nel procedimento promosso dalla s.r.l. Distillerie Moccia per ottenere la condanna dell'agente di commercio Apostolico Luigi al pagamento di somme dovute in parte per star del credere e in parte per spese di trasporto per merce resa da un cliente, con ordinanza del 6 ottobre 1992 (R.O. n. 735 del 1992), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 413, quarto comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede fori alternativi;

che, a parere del giudice remittente, sarebbero violati:

a) l'art. 3 della Costituzione per la discriminazione che esso creerebbe tra lavoratori parasubordinati e lavoratori subordinati che hanno a disposizione tre fori alternativi nonchè per la evidente irrazionalità della stessa essendosi trascurato il foro ove ha sede il mandante o il destinatario della prestazione;

b) l'art. 24 della Costituzione, essendosi reso più gravoso l'esercizio del diritto di azione dell'imprenditore con notevole aggravio dei costi della difesa;

che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità, essendo riservate alla discrezionalità del legislatore le scelte dei criteri di determinazione della competenza territoriale, o di infondatezza, in quanto sono poste a raffronto situazioni diverse ed essendo la nuova disciplina più favorevole all'imprenditore.

Considerato che i due giudizi possono essere riuniti e decisi con un unico provvedimento in quanto prospettano analoga questione;

che la scelta dei criteri di determinazione della competenza per territorio è riservata alla discrezionalità del legislatore la quale non è sindacabile nel giudizio di legittimità costituzionale se non sia del tutto irragionevole;

che nella specie, correttamente e ragionevolmente, per i soli rapporti di parasubordinazione è stato scelto come foro territoriale esclusivo quello del domicilio dell'agente nell'equo contemperamento degli interessi del lavoratore e dell'imprenditore;

che le decisioni additive, come quelle invocate dai giudici remittenti, sono consentite solo quando la soluzione adeguatrice non deve essere frutto di una valutazione discrezionale ma consegue necessariamente ad una estensione logicamente necessitata ed implicita nella possibilità interpretativa del contesto normativo in cui è inserita la disposizione impugnata;

che, pertanto, la questione sollevata è manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riunisce i giudizi;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 413, quarto comma, del codice di procedura civile, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 128 (Disciplina della competenza territoriale per le controversie relative ai rapporti di cui al n. 3 dell'art. 409 del codice di procedura civile), in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sollevata dai Pretori di Torino e di Ferrara con le ordinanze in epigrafe (nn. 677 e 735 del 1992).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/93.

Francesco GRECO, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 13/05/93.