Sentenza n. 164 del 1993

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SENTENZA N. 164

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi ventiseiesimo, trentaduesimo e trentatreesimo, del decreto- legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito in legge 28 febbraio 1983, n. 53 (Misure in materia tributaria), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 20 marzo 1992 dalla Corte d'appello di Torino nel procedimento civile vertente tra Sciutto Stelvio ed il Ministero delle Finanze, iscritta al n. 479 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1992;

2) n. 5 ordinanze emesse il 6 giugno 1992 dalla Commissione tributaria di primo grado di Chiavari sui ricorsi proposti da Foderari Alberto e Lanzoni Pierluigi, iscritte ai nn. 531, 532, 533, 534 e 535 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1993 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto in fatto

l. - La Corte di appello di Torino, nel giudizio tra Sciutto Stelvio e il Ministero delle Finanze, avente ad oggetto opposizione al pagamento della tassa automobilistica per l'anno 1984 per un'auto che l'opponente assumeva avere venduta nel 1980, con ordinanza del 20 marzo 1992 (R.O. n.479 del 1992), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma trentaduesimo, del decreto- legge 30 dicembre 1982, n.953, convertito in legge 28 febbraio 1983, n. 53.

A parere della remittente sarebbero violati in via generica l'art. 3 della Costituzione e specificamente l'art.53, primo comma, in quanto, obbligandosi al pagamento della tassa automobilistica coloro che al pubblico registro automobilistico risultano intestatari del veicolo senza possibilità di dare la prova dell'avvenuto trasferimento della proprietà dell'autoveicolo con documenti di data certa, in epoca anteriore all'anno di riferimento della tassa ed in tal modo, collegando l'obbligo del pagamento al solo dato formale della intestazione dell'autoveicolo risultante dal suddetto registro, non si terrebbe conto della capacità contributiva dell'obbligato, il che, invece, è richiesto dal precetto costituzionale posto in riferimento (art. 53 della Costituzione).

2. - L'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta nel giudizio in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha rilevato che è affidata alla diligenza degli interessati la realizzazione della corrispondenza delle risultanze del pubblico registro automobilistico alla situazione reale, per cui non impinge sulla legittimità della previsione normativa il mancato adempimento di tale onere, e che, comunque, non è pertinente il riferimento all'art. 53 della Costituzione. Ha, quindi, concluso per la infondatezza della questione.

3. - La Commissione tributaria di primo grado di Chiavari, in vari giudizi di impugnazione dei ruoli di riscossione di tasse automobilistiche, con ordinanze del 6 giugno 1992 sui ricorsi rispettivamente proposti da Foderaro Alberto (R.O.nn.531 e 532 del 1992), da Lanzoni Pierluigi (R.O. nn. 533, 534, 535 del 1992), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi ventiseiesimo, trentaduesimo, trentatreesimo, della suddetta legge n. 53 del 1983, in riferimento agli artt. 3, 53, primo e secondo comma, della Costituzione in quanto, considerandosi dal legislatore per l'imposizione della tassa automobilistica la proprietà dell'autoveicolo, peraltro non distinta dal possesso, e la sola potenza fiscale dello stesso come criterio determinatore dell'entità della tassa, non si utilizzerebbero indici certi rivelatori di ricchezza e non si terrebbe conto della capacità contributiva degli obbligati.

4. - L'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta nel giudizio in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha eccepito la inammissibilità della questione per difetto di giurisdizione delle Commissioni tributarie perchè la materia è di competenza del giudice ordinario e perchè si chiede in sostanza una sentenza additiva che ponga a fondamento dell'obbligo tributario altri criteri la cui scelta, invece, è rimessa alla discrezionalità del legislatore. Nel merito ha concluso per l'infondatezza della questione in quanto nella fattispecie è irrilevante il difetto di coincidenza tra le risultanze del pubblico registro automobilistico e la situazione reale.

Considerato in diritto

l. - I giudizi possono essere riuniti e decisi con un unico provvedimento in quanto prospettano questioni sostanzialmente identiche.

2. - La Corte è chiamata a verificare se l'art. 5, commi ventiseiesimo, trentaduesimo e trentatreesimo, del decreto- legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito in legge 28 febbraio 1983, n. 53, obbligando al pagamento della tassa automobilistica i soggetti che dal P.R.A. risultino intestatari del veicolo e commisurandone l'entità alla potenza fiscale di questo, violi gli artt. 3 e 53 della Costituzione, in quanto crea situazioni di disuguaglianza a cagione dell'applicazione del tributo senza una sua correlazione all'effettiva capacità contributiva dell'obbligato, stante la possibilità che i dati del detto registro non corrispondano alla reale situazione di proprietà o possesso e l'inidoneità, quale indice rilevatore di ricchezza, del criterio dei cavalli fiscali, non accompagnato da opportuni correttivi, quali la valutazione della vetustà, delle tecniche costruttive, dello stato di manutenzione e simili.

3. - La questione sollevata dalla Commissione tributaria di Chiavari è inammissibile. Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale sia dei giudici di merito che della Cassazione la controversia avente ad oggetto il pagamento di tasse automobilistiche disciplinato dalla norma impugnata configura una controversia tributaria appartenente alla competenza per materia del tribunale e non risulta tra quelle devolute alla competenza delle Commissioni tributarie ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 636 del 1972 e successive modificazioni.

Il difetto di giurisdizione delle Commissioni tributarie è rilevabile ictu oculi.

4. - La questione sollevata dalla Corte di Appello di Torino è infondata per quanto si dirà.

Anzitutto, non è del tutto pertinente il riferimento all'art. 53 della Costituzione.

L'invocato precetto costituzionale di cui si denuncia la violazione non è in diretto rapporto con la natura della tassa di cui trattasi, che colpisce la proprietà o il possesso dell'autoveicolo in sè e non quale indice rivelatore di ricchezza in quanto determina, invece, la capacità contributiva alla quale a sua volta è collegata l'obbligazione di imposta e la relativa prestazione.

4.l. - Inoltre, è del tutto ragionevole il riferimento alle risultanze del pubblico registro automobilistico per agevolare l'accertamento da parte dell'amministrazione delle situazioni di proprietà o di possesso dell'autoveicolo, attesa la normale corrispondenza tra le indicazioni del pubblico registro e l'effettività delle dette situazioni.

É previsto (artt. 2683 e segg.) l'obbligo della trascrizione nel pubblico registro automobilistico degli atti di trasferimento o, comunque, di modificazione della proprietà, di costituzione e di modificazione dell'usufrutto, degli atti di rinuncia, delle transazioni, degli atti di espropriazione e delle sentenze che operano i suddetti mutamenti del soggetto titolare del diritto.

L'art. 59 del codice della strada di cui al d.P.R. n. 359 del 1959, ormai abrogato, disponeva che il proprietario dell'autoveicolo doveva comunicare entro 10 giorni al pubblico registro, tra l'altro, il trasferimento della proprietà dell'autoveicolo, mentre l'ufficio doveva effettuare tempestivamente le relative annotazioni nel registro.

L'art. 94 del nuovo codice stradale di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, obbliga la parte interessata, in caso di trasferimento della proprietà dell'autoveicolo, di costituzione di usufrutto, di stipulazione di locazione con facoltà di acquisto, di richiedere la trascrizione dell'atto al pubblico registro automobilistico entro sessanta giorni dalla data della sottoscrizione dell'atto autenticata o giudizialmente accertata; l'ufficio provvede alla trascrizione del trasferimento o degli altri mutamenti indicati nonchè all'emissione e al rilascio del nuovo certificato di proprietà, al rinnovo e all'aggiornamento della carta di circolazione. É posta a carico degli inadempienti una sanzione amministrativa.

É anche prevista la possibilità di fare annotare nel pubblico registro la perdita della proprietà o del possesso per causa di forza maggiore, per fatto del terzo, per provvedimento dell'autorità nonchè la sospensione del pagamento in caso di affidamento dell'autoveicolo per la vendita ad imprese autorizzate e, comunque, abilitate al commercio di beni della specie.

5. - L'obbligo di diligenza dell'interessato, diretto a far sì che sussista corrispondenza tra le risultanze del registro e la situazione reale, non fa venir meno, però, l'applicabilità dei principi regolatori della materia.

Non è requisito di validità o di efficacia degli atti di trasferimento dell'autoveicolo (il termine è comprensivo di tutti i negozi o atti che importano il mutamento del titolare del suddetto bene).

Così, anche l'annotazione nel pubblico registro ha finalità fiscale; ed è diretta ad agevolare per l'amministrazione l'individuazione dell'obbligato al pagamento della tassa.

Sicchè si deve ritenere che sia la trascrizione che l'annotazione non pongono una presunzione assoluta ma solo una presunzione relativa che può essere vinta dalla prova contraria con documenti di data certa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi ventiseiesimo, trentaduesimo e trentatreesimo, del decreto-legge n. 953 del 1982 (Misure in materia tributaria), convertito in legge n. 53 del 1983, in riferimento agli artt. 3 e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Chiavari, con le ordinanze nn. 531, 532, 533, 534, 535 del 1992.

2) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, trentaduesimo comma, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito in legge 28 febbraio 1983, n. 53, in riferimento all'art.53, primo comma, della Costituzione, sollevata dalla Corte di appello di Torino, con l'ordinanza n. 479 del 1992.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/04/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 15/04/93.