Sentenza n. 142 del 1993

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SENTENZA N. 142

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del- l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151 (Provvedimenti urgenti per la finanza pubblica), dell'articolo 9, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 1991) e dell'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 15 settembre 1990, n. 261 (Disposizioni fiscali urgenti in materia di finanza locale, di accertamenti in base ad elementi segnalati dall'anagrafe tributaria e disposizioni per il contenimento del disavanzo del bilancio dello Stato), promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1992 dal Giudice conciliatore di Latina nel procedimento civile vertente tra Carcasole Angelo e la S.p.A. Metano Città, iscritta al n. 739 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visto l'atto di costituzione di Carcasole Angelo nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1993 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

 

udito l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

l. Nel corso di un procedimento civile promosso da Angelo Carcasole contro S.p.a. Metano Città per ottenere la dichiarazione di illegittimità parziale della richiesta di pagamento contenuta nelle bollette relative al periodo giugno- novembre 1991, con condanna della convenuta alla restituzione delle somme corrisposte in eccedenza, il Giudice conciliatore di Latina, con ordinanza dell'11 maggio 1992, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, del d.l. 13 maggio 1991, n. 151, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 202, dell'art. 9, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, e dell'art. 6, comma 1, del d.l. 15 settembre 1990, n. 261, convertito in legge dall'art. 1 della legge 12 novembre 1990, n. 331, nella parte in cui non prevedono che a coloro i quali utilizzano nei mesi invernali il gas metano per il riscaldamento, e che per tale motivo sono assoggettati alla tariffa T2, debba applicarsi il trattamento economico della tariffa T1 nei periodi dell'anno in cui il gas è utilizzato esclusivamente per la cottura dei cibi e la produzione di acqua calda per uso domestico.

 

Premesso che la tariffa T2 comporta un maggior costo di oltre 200 lire a metro cubo, il giudice remittente ritiene che l'applicazione di tale tariffa anche nei detti periodi crea ingiustificata sperequazione di trattamento tra le due categorie di utenti, a parità di utilizzazione del servizio.

 

2. Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito l'attore aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza e aggiungendo che la denunciata duplicità di tariffa non si giustifica neppure per il periodo invernale, considerato che anche il riscaldamento è un consumo di prima necessità.

 

3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

 

Inammissibile, da un lato, perchè la questione non è rilevante per tutte e tre le norme denunciate, oggetto della controversia essendo soltanto il pagamento delle bollette relative al periodo giugno-novembre 1991, dall'altro, perchè gli articoli in questione delle tre leggi richiamate sono stati impugnati limitatamente al comma che stabilisce la misura dell'imposta in via generale per impieghi diversi da quelli delle imprese industriali, mentre l'impugnativa avrebbe semmai dovuto dirigersi contro il comma successivo in quanto, nel derogare a tale misura per la cottura dei cibi e l'acqua calda, non ha previsto anche il caso di cui si controverte.

 

Infondata, perchè il regime tariffario e impositivo non è legato alle concrete modalità di fruizione del servizio, ma al tipo di utenza che è unico e permanente, e non stagionale, non essendo possibile, a causa delle variabili condizioni climatiche, individuare a priori in modo preciso il periodo di utilizzazione del gas circoscritta agli usi domestici diversi dal riscaldamento.

 

Considerato in diritto

 

l. Il Giudice conciliatore di Latina ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt.4, comma 3, del d.l. 13 maggio 1991, n. 151, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 202, 9, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, e 6, comma 1, del d.l. 15 settembre 1990, n. 261, convertito nella legge 12 novembre 1990, n. 331, nella parte in cui non prevedono che agli utenti di gas metano per riscaldamento, e perciò soggetti alla tariffa T2, debba essere applicata la tariffa T1 nei periodi dell'anno in cui il gas è utilizzato esclusivamente per la cottura dei cibi e la produzione di acqua calda.

 

2. L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilità della questione sia perchè essa non può investire tutte le norme impugnate, oggetto della controversia essendo soltanto le fatturazioni emesse nel periodo giugno- novembre 1991, sia per insufficiente e comunque erronea indicazione delle disposizioni che danno luogo all'incidente di costituzionalità, essendo stata omessa l'indicazione delle leggi di conversione dei due decreti legge richiamati e inoltre essendo stata la questione riferita alle disposizioni che stabiliscono in via generale la misura dell'imposta di consumo per impieghi del gas metano diversi da quelli delle imprese industriali e artigianali, anzichè al comma successivo che per le utenze domestiche di cui alla tariffa T2 deroga a tale misura solo per i consumi non superiori a 250 metri cubi annui, assoggettando i consumi superiori al regime d'imposta generale, di cui al comma precedente, senza distinguere i periodi di consumo per riscaldamento individuale da quelli in cui cessa questo tipo di utilizzazione.

 

La prima eccezione esclude la rilevanza della questione soltanto in relazione al d.l. n. 261 del 1990, mentre la seconda è respinta dalla giurisprudenza costante di questa Corte, secondo cui l'indicazione inaccurata o erronea (si tratti di lapsus calami o di vero errore) delle disposizioni di legge impugnate è irrilevante quando i termini della questione risultino tuttavia con sufficiente chiarezza (ord. n. 54 del 1965; sentt. nn. 47 del 1962, 40 del 1983, 212 del 1985).

 

3. Nel merito la questione non è fondata.

 

Come osserva l'Avvocatura dello Stato, il regime tariffario e d'imposta non è legato alle modalità di concreta fruizione del servizio, ma al tipo di utenza e di impianto, che è unico e permanente, non stagionale. Nè potrebbe essere altrimenti, considerato che la variabilità di anno in anno delle condizioni climatiche non consente la predeterminazione, secondo criteri oggettivi di probabilità, dei periodi di consumo del gas anche per riscaldamento, rispetto a quelli in cui questo tipo di consumo non ha luogo.

 

Si tratta perciò di una valutazione discrezionale del legislatore non censurabile sotto il profilo della ragionevolezza, tanto più che essa include, come elemento perequativo dell'unicità della tariffa, una consistente riduzione dell'imposta di consumo fino a 250 metri cubi annui, corrispondenti, secondo calcoli statistici, al consumo medio annuo per usi domestici da parte degli utenti soggetti alla tariffa T2.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 3 (recte 4), del d.l. 13 maggio 1991, n. 151 (Provvedimenti urgenti per la finanza pubblica), convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 202, e 9, comma 1 (recte 2), della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 1991), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Giudice conciliatore di Latina con l'ordinanza in epigrafe;

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1 (recte 2), del d.l. 15 settembre 1990, n. 261 (Disposizioni fiscali urgenti in materia di finanza locale, di accertamenti in base ad elementi segnalati dall'anagrafe tributaria e disposizioni per il contenimento del disavanzo del bilancio dello Stato), convertito nella legge 12 novembre 1990, n. 331, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal nominato Giudice conciliatore con la medesima ordinanza.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/04/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Luigi MENGONI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 06/04/93.