SENTENZA N. 78
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
Presidente
Prof.
Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Dott.
Francesco GRECO
Prof.
Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo
SPAGNOLI
Prof.
Antonio BALDASSARRE
Prof.
Vincenzo CAIANIELLO
Avv.
Mauro FERRI
Prof.
Luigi MENGONI
Prof.
Enzo CHELI
Dott.
Renato GRANATA
Prof.
Giuliano VASSALLI
Prof.
Francesco GUIZZI
Prof.
Cesare MIRABELLI
Prof.
Fernando SANTOSUOSSO
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 5 marzo 1963, n.
389 (Istituzione della "Mutualità pensioni" a favore delle
casalinghe), promosso con ordinanza emessa il 15 luglio 1992 dal Pretore di
Genova nel procedimento civile vertente tra Parodi Natalina e l'I.N.P.S.,
iscritta al n. 503 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto
l'atto di costituzione dell'I.N.P.S.;
udito
nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1993 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
udito
l'avv. Luigi Cantarini per l'I.N.P.S.
Ritenuto in fatto
l. Nel
corso di un procedimento civile promosso da Natalina Parodi contro l'INPS per
ottenere, previa rivalutazione dei contributi, la ricostituzione della pensione
erogatale ai sensi della legge 5 marzo 1963, n. 389, il Pretore di Genova, con
ordinanza in data 15 luglio 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
38 Cost., questione di legittimità costituzionale
dell'art. 9 della legge citata, "nella parte in cui non prevede un
meccanismo di adeguamento dell'importo nominale dei contributi versati dalle
assicurate".
Ad avviso
del giudice remittente, poichè la "mutualità
pensioni" a favore delle casalinghe, istituita dalla legge n.389 del 1963,
è disciplinata in modo analogo all'assicurazione facoltativa per l'invalidità e
la vecchiaia, sono riferibili all'impugnato art. 9 della legge gli stessi
argomenti con cui questa Corte, con sentenza n. 141 del
1989, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 29, terzo
comma, della legge 4 aprile 1952, n.218, nella parte in cui non prevedeva un
meccanismo di adeguamento al valore reale dell'importo nominale dei contributi
versati successivamente al giorno della sua entrata in vigore. Anche alla
pensione delle casalinghe inerisce un fine previdenziale, in relazione al quale
appare irrazionale la mancata previsione di un congegno di rivalutazione dei
contributi versati, con conseguente inadeguatezza della prestazione alle
esigenze di vita dell'assicurata.
2. Nel
giudizio davanti alla Corte si è costituito l'INPS chiedendo che la questione
sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
L'Istituto
contesta che la questione sollevata dal Pretore di Genova sia assimilabile alla
questione decisa dalla sentenza citata. L'art. 29, terzo comma, della legge n.
218 del 1952 fu ritenuto inficiato di irragionevolezza per la mancata
predisposizione di un sistema di rivalutazione per il futuro, in contraddizione
con la prevista rivalutazione dei contributi versati precedentemente. Simile
contraddizione non si riscontra nella norma impugnata, la quale non prevede
alcuna rivalutazione perchè la legge n. 389 del 1963
attribuisce rilievo alla data del versamento dei contributi solo in relazione
all'età dell'assicurata, ai fini del calcolo del rispettivo valore di rendita.
Ciò si
spiega sul riflesso della peculiare natura, analoga alle assicurazioni private,
della "Mutualità pensioni" per le casalinghe, nell'ambito della quale
l'entità della pensione che sarà corrisposta al compimento di una certa età è
determinato dalla stessa assicurata all'inizio del rapporto, e in funzione di
essa sono calcolati dall'Istituto, sulla base di tariffe fissate da un decreto
ministeriale, i contributi da versare anno per anno.
Le difese
dell'INPS sono state sviluppate in una memoria depositata in prossimità
dell'udienza di discussione.
Considerato in diritto
l. Dal
Pretore di Genova è sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art.
9 della legge 5 marzo 1963, n. 389, sulla "mutualità pensioni" a
favore delle casalinghe, "nella parte in cui non prevede un meccanismo di
adeguamento del- l'importo nominale dei contributi versati dalle
assicurate".
2. Va
preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità opposta dall'INPS sul
riflesso che, essendo prevista dallo stesso art. 9 della legge n. 389 del 1963
la possibilità di variazione delle tariffe approvate dal Ministro del lavoro,
il mancato adeguamento alle variazioni del potere di acquisto della moneta è un
vizio dell'attività amministrativa, come tale non denunciabile davanti alla
Corte costituzionale. Dalla lettera della legge non si arguisce che le tariffe
debbano essere determinate tenendo conto anche della svalutazione monetaria in
relazione al tempo dei versa menti contributivi; anzi un indice contrario
risulta dal divieto in ogni caso di variazioni ad intervalli inferiori al
quinquennio.
3. La
questione è fondata.
Contrariamente
all'opinione del giudice a quo, non si può ravvisare un precedente in termini
nella sentenza
n. 141 del 1989, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art.29,
terzo comma, della legge 4 aprile 1952, n. 218, concernente l'assicurazione
facoltativa per l'invalidità e la vecchiaia, nella parte in cui non prevedeva
un meccanismo di adeguamento dell'importo nominale dei contributi versati dopo
la data di entrata in vigore della legge.
L'irrazionalità
da cui è stato ritenuto inficiato l'art. 29 della legge citata era determinata
da una contraddittorietà intrinseca alla norma, la quale disponeva la
rivalutazione dei contributi versati prima dell'entrata in vigore della legge,
mentre non prevedeva alcun meccanismo di rivalutazione per l'avvenire.
L'art. 9
della legge n. 389 del 1963, invece, esclude ab initio
qualsiasi meccanismo di adeguamento monetario dei contributi versati.
Inoltre
non è ripetibile per la pensione delle casalinghe la valutazione espressa in
quella sentenza, secondo cui "anche l'assicurazione facoltativa è ispirata
a fini di previdenza", cioé rientra nell'ambito
normativo dell'art. 38, secondo comma, Cost.
Tuttavia
tali differenze tra le due forme assicurative non tolgono che la sentenza n. 141 del
1989 possa fornire un utile termine di confronto sotto due profili.
Anzitutto sotto il profilo della struttura tecnica della pensione volontaria
per le casalinghe, che è identica a quella dell'assicurazione facoltativa.
Sotto questo profilo, indipendentemente dall'art. 38 Cost.,
non appare giustificata, in riferimento all'art. 3 Cost.,
la disparità di trattamento in ordine alla rivalutabilità
dei contributi, a seconda che siano stati versati nell'una o nell'altra
gestione assicurativa. Il rilievo dell'INPS, il quale osserva che
l'organizzazione tecnica delle due forme assicurative, imperniata sulla
redditività della contribuzione, le avvicina a quelle private, rafforza il
giudizio di ingiustificatezza della mancata
previsione di un congegno di rivalutazione (sia pure non automatico) dei
contributi versati, data la diffusione nel settore privato delle clausole di
rivalutazione o di indicizzazione del capitale assicurato.
L'irrazionalità
della norma si manifesta anche sotto un profilo più specifico, attinente alla
sfera soggettiva di applicazione della legge n. 389 del 1963. L'art. 2, primo
comma, consente l'iscrizione a questa forma assicurativa, senza limiti di età,
delle persone che risultino già iscritte, alla data di entrata in vigore della
legge, all'assicurazione facoltativa per l'invalidità e la vecchiaia a norma
dell'art. 85, n. 4, del r.d.l. 4 ottobre 1935,
n.1827. Non appare equo che le casalinghe indotte da questa disposizione a
passare alla nuova mutualità pensioni, erroneamente creduta più vantaggiosa,
siano private del beneficio della rivalutazione dei contributi versati, del
quale, grazie alla sentenza n. 141 del
1989, avrebbero fruito se avessero conservato l'iscrizione
all'assicurazione facoltativa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 5 marzo 1963, n. 389
(Istituzione della "Mutualità pensioni" a favore delle casalinghe)
nella parte in cui non prevede un meccanismo di adeguamento dell'importo
nominale dei contributi versati.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 26/02/93.
Francesco
Paolo CASAVOLA, Presidente
Luigi
MENGONI, Redattore
Depositata
in cancelleria il 11/03/93.