Sentenza n. 40 del 1993

CONSULTA ONLINE

 

SENTENZA N. 40

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 58 del d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 (Revisione delle condizioni per il trasporto delle cose sulle ferrovie dello Stato) promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1992 dal Pretore di Lecce nel procedimento civile vertente tra Marini Walter e l'Ente Ferrovie dello Stato ed altra, iscritta al n. 404 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visti l'atto di costituzione di Marini Walter nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 15 dicembre 1992 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

 

uditi gli avvocati Luigi Palese per Marini Walter e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Marini Walter, fioraio, citava in giudizio l'Ente Ferrovie dello Stato esponendo di aver acquistato fiori freschi, spediti tramite ferrovia alla stazione di Lecce, dove il 23 marzo 1987 non ne veniva in possesso, sebbene avesse pagato anticipatamente la somma di o l.019.652.

 

La merce, in fatti, non gli era stata consegnata, perchè - come attestato da un funzionario dell'Ente sulla lettera di vettura - era mancante in magazzino. Il Marini chiedeva quindi al Pretore di Lecce la condanna del vettore alla restituzione della somma versata, al risarcimento del danno per il mancato guadagno, al pagamento delle spese e competenze del giudizio.

 

Si costituiva in giudizio l'Ente Ferrovie dello Stato deducendo che l'azione era improponibile, in quanto il Marini aveva omesso di presentare il reclamo preventivo prescritto dall'art. 58 del d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197, in ordine alle nuove condizioni e tariffe per il trasporto di merci a mezzo delle Ferrovie dello Stato. L'eccezione veniva altresì sollevata dalle Assicurazioni Generali s.p.a, chiamate in giudizio dalle Ferrovie su autorizzazione del magistrato.

 

All'esito del procedimento, il Pretore ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58 del d.P.R. 30 marzo 1961, n.197, nella parte in cui preclude l'azione giudiziaria contro l'Ente Ferrovie dello Stato ove prima non venga presentato reclamo in via amministrativa e l'Amministrazione non provveda nel termine di 90 giorni.

 

Ha osservato il remittente che la norma, pur avendo la finalità di concedere all'Amministrazione uno spatium deliberandi prima di essere convenuta in giudizio, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

 

La situazione di inferiorità del cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione e la sproporzione del termine di novanta giorni inteso ad assicurare alle Ferrovie dello Stato la possibilità di vagliare le doglianze dei privati sarebbero in contrasto insanabile con il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e con il di ritto di agire in giudizio, facendo valere i propri diritti contro gli atti della Pubblica Amministrazione senza esclusione o limitazione di sorta.

 

Del resto, queste stesse considerazioni sarebbero alla base della decisione della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 15 del 18 gennaio 1991, avrebbe dichiarato, per contrasto con gli stessi parametri costituzionali, l'illegittimità dell'art. 20 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, contenente l'approvazione del testo unico delle disposizioni in materia postale, di banco posta e delle telecomunicazioni, nella parte in cui non prevede l'esperibilità dell'azione giudiziaria anche in assenza del preventivo reclamo in via amministrativa.

 

2. É intervenuto Marini Walter, il quale, con una memoria in data 10 giugno 1992, ha concluso per l'accoglimento dell'ordinanza di remissione.

 

Ha osservato la parte privata che la disparità di trattamento fra l'Ente e i privati è del tutto ingiustificata, atteso che nei confronti dei secondi essa non avrebbe dovuto proporre reclamo, nè attendere la scadenza di alcun termine, per far valere le proprie ragioni. Nella materia di trasporto, poi, esisterebbe un cospicuo numero di disposizioni legislative nel cui groviglio il cittadino avrebbe difficoltà di < destreggiarsi>, anche per la mancanza di idonea pubblicità (su stampati o su fogli informativi) da parte dell'Ente.

 

La Corte non dovrebbe far altro, perciò, che ribadire l'orientamento già espresso con le sentenze nn. 15 del 1991 e 93 del 1979.

 

3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto il rigetto della questione perchè manifestamente infondata.

 

Ha osservato l'Avvocatura che la disposizione impugnata - la quale comunque non preclude il diritto dell'utente di agire in giudizio - troverebbe la sua piena giustificazione nelle esigenze tecnico-amministrative del vasto apparato aziendale delle Ferrovie dello Stato. Il reclamo preventivo per metterebbe il controllo, la valutazione e la gestione di < un pericoloso contenzioso>, e porrebbe l'Ente nella condizione di adottare, caso per caso, la soluzione migliore per i rapporti controversi. La norma infatti consentirebbe, con la presentazione di un semplice reclamo amministrativo, e senza alcun impegno economico, di risolvere facilmente le controversie con le Ferrovie. Diversamente, il privato dovrebbe affrontare l'alea e l'impegno economico di un giudizio; e, certo, l'abrogazione della norma comporterebbe, specialmente per le questioni di modesto valore, una minore tutela per i privati.

 

Del resto, la disposizione non costituirebbe peraltro una novità nel nostro ordinamento, come testimonia, ad esempio, il termine di 60 giorni previsto, in favore dell'assicuratore, dall'articolo 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, o quel lo di 90 giorni in favore delle gestioni liquidatorie ministeriali, di cui all'articolo 9 della legge 4 dicembre 1956, n. 1404.

 

Il vantaggio di tali disposizioni sarebbe duplice: da un lato, esse garantirebbero una rapida soddisfazione delle pretese immediatamente accoglibili e, dall'altro, eviterebbero agli enti preposti all'erogazione di servizi di pubblico interesse o alle pubbliche amministrazioni (con benefici degli stessi organi giurisdizionali) carichi di contenzioso inutili e gravosi.

 

La Corte costituzionale avrebbe ritenuto costituzionalmente legittimo l'obbligo del preventivo reclamo amministrativo, con riferimento alle controversie del personale delle aziende di trasporto in concessione (sent. n. 93 del 1979). E su tali linee si sarebbe attestato il legislatore nel formulare l'articolo 5 della legge 11 maggio 1990, n. 108, che sancisce l'improcedibilità della domanda giudiziale non preceduta dalla richiesta di conciliazione.

 

Non sarebbe invece pertinente, secondo l'Avvocatura, il richiamo alla sentenza n. 15 del 1991, con la quale la Corte ha ritenuto illegittimo l'articolo 20 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, che, nella materia dei servizi postali, avrebbe sanzionato con la decadenza dell'azione la mancata proposizione del preventivo reclamo amministrativo. La norma impugnata, invero, non prescriverebbe alcun termine di decadenza, e non sussisterebbe pertanto alcuna compressione del diritto di azione. Il reclamo in sede amministrativa si configurerebbe come condizione di mera procedibilità, e in quanto tale non idonea a ledere i principi costituzionali invocati.

 

Considerato in diritto

 

1. Il Pretore di Lecce sottopone all'esame della Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58 del d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197, in relazione agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, nella parte in cui preclude l'azione giudiziaria contro l'Ente Ferrovie dello Stato ove prima non venga presentato il reclamo in via amministrativa e l'Ente non provveda nel termine di novanta giorni.

 

2. La questione è fondata.

 

L'art. 58 del d.P.R. n. 197 del 1961 subordina il promovimento delle azioni basate < sulle condizioni e tariffe> del trasporto ferroviario delle merci al previo reclamo in via amministrativa seguito da risposta o dall'inutile decorso del termine di novanta giorni. In qualche modo esso riproduce lo schema disegnato dal primo comma dell'art. 443 del codice di procedura civile, con la differenza, però, che < la definizione di queste controversie implica un complesso di accertamenti tecnici per i quali gli enti previdenziali dispongono di un'apposita organizzazione e di personale specializzato, onde appare opportuno, nell'interesse dello stesso assicurato, che la fase giudiziaria sia preceduta da un esame della controversia in sede amministrativa> (sentenza n. 15 del 1991). Mentre in altro tipo di controversie, come quella in esame, la giurisdizione ordinaria si presenta ben più attrezzata e funzionale, dovendosi accertare (analogamente a quanto accade nell'Amministrazione postale) fatti di inadempimento, cioè disservizi, con la conseguente responsabilità per danni. Per < questo tipo di accertamenti il giudice dispone di strumenti e conoscenze adeguati, mentre l'esperienza attesta la scarsa funzionalità, come mezzo di prevenzione delle liti, della condizione di accesso alla giurisdizione prescritta dalla norma impugnata> (sentenza n.15 del 1991).

 

Si tratta, insomma, di una condizione di proponibilità che menoma fortemente il diritto di difesa garantito dall'articolo 24 della Costituzione.

 

3. Ma si tratta anche di un privilegio ingiustificato, come tale lesivo del principio di uguaglianza stabilito con l'art. 3 della Costituzione.

 

Il rapporto che si instaura con il contratto di trasporto ferroviario delle merci è tipicamente privatistico.

 

Con l'entrata in vigore della legge di riforma delle Ferrovie dello Stato (17 maggio 1985, n. 210) e, successivamente, con la delibera del CIPE in data 12 agosto 1992 (adottata sulla base dell'art. 1 del decreto-legge 5 dicembre 1991, n. 386, convertito senza modificazioni nella legge 29 gennaio 1992, n. 35) con la quale l'Ente ferrovie dello Stato è stato trasformato in società per azioni, tale caratteristica si è definitivamente chiarita in seguito alla diversa configurazione del soggetto gestore del servizio pubblico. Le Ferrovie sono infatti passate dall'originario modulo della Pubblica Amministrazione a quello dell'Ente, prima, e della società per azioni, poi, caratterizzato dallo svolgimento di un'attività imprenditoriale in regime di diritto privato.

 

4. L'adeguamento della norma impugnata ai principi costituzionali, secondo quanto ampiamente motivato nella sentenza n. 15 del 1991, non può non seguire il modello già tratteggiato con la sentenza n. 530 del 1989, rimettendo all'interessato la scelta tra il preventivo esperimento del reclamo in via amministrativa (fatta salva, nel contempo, la successiva attivazione dell'impugnativa innanzi al magistrato) oppure l'immediato ricorso all'azione giudiziaria.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 58 del d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 (Revisione delle condizioni per il trasporto delle cose sulle ferrovie dello Stato), nella parte in cui non prevede l'esperibilità dell'azione avanti gli organi della giurisdizione ordinaria anche in mancanza del preventivo reclamo in via amministrativa.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28/01/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Francesco GUIZZI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 10/02/93.