Sentenza n. 28 del 1993

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SENTENZA N. 28

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio sull'ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'articolo 2, comma 1, lettera e), punto 4 (i limiti e le modalità di impiego dei farmaci sostitutivi); l'articolo 72, comma 1 (É vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV, previste dall'articolo 14. É altresì vietato qualunque impiego di sostanze stupefacenti o psicotrope non autorizzato secondo le norme del presente testo unico); l'articolo 72, comma 2, limitatamente alle parole: "di cui al comma 1"; l'articolo 73, comma 1, limitatamente alle parole: "e 76"; l'articolo 75, comma 1, limitatamente alle parole: "in dose non superiore a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri indicati al comma 1 dell'art. 78"; l'articolo 75, comma 12, limitatamente alle parole: "rendendolo edotto delle conseguenze cui può andare incontro. Se l'interessato non si presenta innanzi al prefetto, o dichiara di rifiutare il programma ovvero nuovamente lo interrompe senza giustificato motivo, il prefetto ne riferisce al procuratore della Repubblica presso la pretura o al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, trasmettendo gli atti ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'art. 76. Allo stesso modo procede quando siano commessi per la terza volta i fatti di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo."; l'articolo 75, comma 13, limitatamente alle parole: "e nell'art. 76";l'articolo 76; l'articolo 78, comma 1, limitatamente alle lettere b) (le metodiche per quantificare l'assunzione abituale nelle ventiquattro ore) e c) (i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere); l'articolo 80, comma 5 (Le sanzioni previste dall'art. 76 sono aumentate nella misura stabilita dal presente articolo quando ricorrono le circostanze ivi previste, eccettuata quella indicata dal comma 2); l'articolo 120, comma 5 (In ogni caso, salvo quanto previsto al comma 6, e dopo aver informato l'interessato del proprio diritto all'anonimato secondo quanto previsto dai commi 3 e 6, essi debbono inoltrare al predetto servizio una scheda sanitaria contenente le generalità dell'interessato, la professione, il grado di istruzione, i dati anamnestici e diagnostici e i risultati degli accertamenti delle terapie praticate.); l'articolo 121, comma 1 (L'esercente la professione medica che visita o assiste persona che fa uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope deve farne segnalazione al servizio pubblico per le tossicodipendenze competente per territorio.

 

La segnalazione avviene fermo restando l'obbligo dell'anonimato) del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossico-dipendenza", iscritto al n. 46 del Registro Referendum.

 

Vista l'ordinanza del 15 dicembre 1992 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;

 

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1993 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

 

Ritenuto in fatto

 

l.- L'Ufficio centrale per il referendum ha esaminato la richiesta, presentata da undici cittadini elettori il 27 settembre 1991, di referendum popolare sul seguente quesito, riguardante il d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza): "Volete voi, che siano abrogati l'articolo 2, comma 1, lettera e), punto 4 (i limiti e le modalità di impiego dei farmaci sostitutivi); l'articolo 72, comma 1 (É vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV, previste dall'articolo 14. É altresì vietato qualunque impiego di sostanze stupefacenti o psicotrope non autorizzato secondo le norme del presente testo unico); l'articolo 72, comma 2, limitatamente alle parole: "di cui al comma 1"; l'articolo 73, comma 1, limitatamente alle parole: "e 76"; l'articolo 75, comma 1, limitatamente alle parole: "in dose non superiore a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri indicati al comma 1 dell'art.78"; l'articolo 75, comma 12, limitatamente alle parole: "rendendolo edotto delle conseguenze cui può andare incontro.

 

Se l'interessato non si presenta innanzi al prefetto, o dichiara di rifiutare il programma ovvero nuovamente lo interrompe senza giustificato motivo, il prefetto ne riferisce al procuratore della Repubblica presso la pretura o al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, trasmettendo gli atti ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'art. 76. Allo stesso modo procede quando siano commessi per la terza volta i fatti di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo."; l'articolo 75, comma 13, limitatamente alle parole: "e nell'art. 76"; l'articolo 76; l'articolo 78, comma 1, limitatamente alle lettere b) (le metodiche per quantificare l'assunzione abituale nelle ventiquattro ore) e c) (i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere); l'articolo 80, comma 5 (Le sanzioni previste dall'art. 76 sono aumentate nella misura stabilita dal presente articolo quando ricorrono le circostanze ivi previste, eccettuata quella indicata dal comma 2); l'articolo 120, comma 5 (In ogni caso, salvo quanto previsto al comma 6, e dopo aver informato l'interessato del proprio diritto all'anonimato secondo quanto previsto dai commi 3 e 6, essi debbono inoltrare al predetto servizio una scheda sanitaria contenente le generalità dell'interessato, la professione, il grado di istruzione, i dati anamnestici e diagnostici e i risultati degli accertamenti delle terapie praticate.); l'articolo 121, comma 1 (L'esercente la professione medica che visita o assiste persona che fa uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope deve farne segnalazione al servizio pubblico per le tossicodipendenze competente per territorio. La segnalazione avviene fermo re stando l'obbligo dell'anonimato) del D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossico-dipendenza"? 2.- L'Ufficio centrale, con ordinanza del 15 dicembre 1992, ritenuta la tempestività della presentazione della richiesta referendaria e dato atto che le sottoscrizioni raccolte dai promotori avevano superato il numero di cinquecentomila, ha dichiarato la legittimità della richiesta stessa.

 

Ricevuta comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa Corte, ha fissato il giorno 13 gennaio 1993 per la deliberazione in camera di consiglio sull'ammissibilità della richiesta.

 

Considerato in diritto

 

l.- Deve essere esaminata la sussistenza dei requisiti per l'ammissibilità della richiesta del referendum abrogativo in oggetto dichiarata legittima dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 15 dicembre 1992. A tal fine la Corte deve accertare se, riguardo all'oggetto della richiesta stessa, ricorra qualcuno dei limiti espressamente previsti dall'art.75, secondo comma, della Costituzione o comunque impliciti nel sistema e se il quesito presenti struttura e caratteri conformi alla funzione che la Costituzione assegna all'istituto del referendum abrogativo.

 

La richiesta in esame investe varie disposizioni del d.P.R.9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza). Più precisamente, con riferimento al sistema sanzionatorio delineato nel suddetto testo unico, i promotori del referendum chiedono in primo luogo l'abrogazione dell'espressione - contenuta nel primo comma dell'art. 75 - "in dose non superiore a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri indicati al comma 1 dell'articolo 78", espressione che nella vigente legislazione segna il discrimine tra l'assoggettamento a sanzioni amministrative, o, invece, a sanzioni penali di chi detiene sostanze stupefacenti o psicotrope per farne uso personale. In secondo luogo viene proposta l'abrogazione dell'intero art. 76, che stabilisce le misure, di competenza dell'autorità giudiziaria, a carico di colui che rifiuta o interrompe il programma terapeutico e socio-riabilitativo e a carico del recidivante, nonchè le sanzioni penali per colui che viola tali misure. Correlativamente, la richiesta referendaria investe i richiami alle norme suddette contenuti in altre disposizioni del medesimo testo legislativo (e precisamente nell'art. 73, comma 1; nell'art. 75, comma 12 e 13 e nel- l'art. 80, comma 5) e si estende all'art. 78, lettere b) e c), cui l'art. 75 fa rinvio per la determinazione della dose media giornaliera.

 

Il quesito investe altresì l'art. 72 (che, al comma 1, vieta l'uso personale e qualunque impiego non autorizzato di sostanze stupefacenti o psicotrope); l'art. 2, comma 1, lettera e), punto 4 (che prevede il potere del Ministro della sanità di determinare con proprio decreto limiti e modalità di impiego dei farmaci sostitutivi); l'art. 120, comma 5 e l'art. 121, comma 1, riguardanti la segnalazione al servizio pubblico per le tossicodipendenze, da parte dei medici che visitano o assistono persone che fanno uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.

 

2.- Il quesito così proposto dai promotori del referendum soddisfa quelle esigenze di omogeneità, chiarezza e non contraddittorietà che la Corte ha individuato fin dalla sentenza n. 16 del 1978, dichiarando essere "inammissibili le richieste così formulate, che ciascun quesito da sottoporre al corpo elettorale contenga una tale pluralità di domande eterogenee, carenti di una matrice razionalmente unitaria, da non poter venir ricondotto alla logica dell'art. 75 della Costituzione".

 

Risponde certamente a tali requisiti la richiesta di abrogazione delle norme che riguardano, nei modi già descritti, il sistema sanzionatorio.

 

Nè la richiesta di abrogazione della disposizione (art. 72) che vieta l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope si pone in contraddizione con la ratio propria dell'iniziativa referendaria in esame.

 

Da un lato, infatti, quest'ultima è oggettivamente diretta a depenalizzare ma non ad eliminare la illiceità della detenzione per uso personale di tali sostanze, sì che non viene chiesta l'abrogazione delle disposizioni da cui deriva la punibilità di tali comportamenti con sanzioni amministrative. D'altro lato il comportamento sanzionato dagli artt. 73 e 75 del d.P.R. n. 309 del 1990 non è mai il consumo personale di sostanze stupefacenti o psicotrope, ma, per quanto qui interessa, la detenzione ad uso personale (cfr. sentenza n. 333 del 1992, 4.l.). Deve quindi ritenersi che non vi è contraddizione tra il permanere della sanzione, sia pure solo di carattere amministrativo, per la detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope per uso personale, e l'abrogazione del divieto che ha come oggetto l'uso personale di tali sostanze, quale comportamento considerato di per se stesso.

 

Infine, la richiesta di abrogazione delle altre disposizioni menzionate nell'ultimo capoverso del precedente paragrafo, pur non essendo strettamente conseguenziale alla funzione principale della richiesta referendaria, non appare nè contraddittoria nè assolutamente eterogenea rispetto ad essa, essendo volta, nel suo complesso, ad eliminare taluni limiti ed oneri incidenti sull'attività del medico che cura o assiste persone che fanno uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope

3.- La richiesta di referendum abrogativo all'esame della Corte non rientra, altresì, in nessuna delle ipotesi per le quali il secondo comma dell'art. 75 della Costituzione esclude l'ammissibilità del ricorso all'istituto referendario.

 

In particolare, con riferimento all'interpretazione che la giurisprudenza costituzionale ha dato del limite relativo alle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, la richiesta referendaria non ha ad oggetto norme la cui esistenza ed il cui contenuto siano imposti da obblighi assunti dallo Stato italiano per effetto di trattati internazionali che non lascino alcuno spazio per scelte discrezionali riguardanti l'attuazione, sì che l'abrogazione di esse comporti necessariamente una responsabilità dello Stato italiano nei confronti degli altri contraenti per violazione del trattato (cfr. sentenze nn. 16 del 1978, 30 del 1981 e 63 del 1990).

 

A tal proposito, giova osservare, innanzitutto, che la richiesta referendaria in esame è diversa da quella esaminata e dichiarata inammissibile da questa Corte con la sentenza n. 30 del 1981. In quel caso, infatti, il referendum proposto aveva ad oggetto la esclusione, dalle tabelle delle sostanze stupefacenti sottoposte a controllo, delle cosiddette droghe leggere e ciò si poneva in contrasto con accordi internazionali che tale controllo prescrivevano ed in particolare con la Convenzione unica sugli stupefacenti, adottata a New York il 30 marzo 1961 ed il relativo Protocollo di emendamento adottato a Ginevra il 25 marzo 1972, entrambi ratificati e resi esecutivi per effetto della legge 5 giugno 1974, n. 412.

 

La depenalizzazione dell'illecito costituito dalla detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope per uso personale - che è l'effetto perseguito dal la presente iniziativa referendaria - non si pone invece in contrasto nè con la suddetta Convenzione di New York del 1961 (che, con gli artt.33 e 36 si limitava a stabilire che dovesse essere vietata la detenzione non autorizzata di stupefacenti, senza nulla specificare in ordine alla natura delle sanzioni da comminare per le infrazioni), nè con la Convenzione di Vienna del 20 dicembre 1988, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 5 novembre 1990, n.328. É pur vero, infatti, che l'art. 3 di quest'ultima Convenzione stabilisce, al paragrafo 2 che "Fatti salvi i propri principi costituzionali ed i concetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico, ciascuna Parte adotta le misure necessarie per attribuire la natura del reato conformemente alla propria legislazione interna, ... alla detenzione e all'acquisto di stupefacenti e di sostanze psicotrope, alla coltivazione di stupefacenti destinati al consumo personale...". Ma la Convenzione stessa - come è stato ampiamente e concordemente sottolineato nel corso dei lavori parlamentari relativi alla legge che ne ha autorizzato la ratifica - lascia espressamente alla scelta discrezionale degli Stati contraenti la possibilità di prevedere, per i casi in esame, misure diverse dalla sanzione penale. Ed infatti il successivo paragrafo 4, alla lettera c), stabilisce che "nonostante le disposizioni dei capoversi precedenti, in casi adeguati di reati di natura minore le Parti possono in particolare prevedere in luogo di una condanna o di una sanzione penale, misure di educazione, di riadattamento o di reinserimento sociale, nonchè qualora l'autore del reato sia un tossicomane, misure di trattamento terapeutico e di assistenza sanitaria post-ospedaliera". E il successivo punto d) precisa che le misure suddette possono essere previste non solo in aggiunta, ma anche in sostituzione della condanna o della pena. Infine, il paragrafo 11 dello stesso art. 3 espressamente dichiara che "Nessuna disposizione del presente articolo pregiudica il principio secondo il quale la determinazione dei reati che ne sono oggetto ed i mezzi giuridici di difesa relativi sono di esclusiva competenza del diritto interno di ciascuna Parte", nè il principio "in base al quale i predetti reati sono perseguiti e puniti in conformità con detta legislazione".

 

Non vi è dubbio che, in sostanza, la Convenzione prospetti la facoltà per ogni Stato contraente di prevedere misure diverse dalla sanzione penale per ogni infrazione che presenti un carattere di minor gravità (senza di chè, peraltro, la stesso decreto legislativo n. 309 del 1990 sarebbe da considerare in contrasto con la Convenzione). Verrebbero comunque in rilievo, al medesimo effetto, sia la espressa salvaguardia del principio secondo cui la determinazione dei reati ai quali l'art. 3 della Convenzione fa riferimento è di esclusiva competenza del diritto interno di ciascuna Parte (paragrafo 11), sia e soprattutto la salvaguardia dei principi costituzionali e dei concetti fondamentali dell'ordinamento giuridico proprio di ciascuno Stato con traente, espressamente prevista come condizione per l'operatività della clausola di cui al paragrafo 2. A tale riguardo deve essere ricordato il principio - di rilievo costituzionale - per cui il sistema penale deve essere considerato l'extrema ratio di tutela dei beni giuridici (cfr. le sentenze di questa Corte nn. 291 del 1992, 282 del 1990, 487 e 409 del 1989, 364 del 1988 e 189 del 1987). In virtù della salvaguardia disposta dal paragrafo 2, tale principio, in quanto "concetto fondamentale" del nostro ordinamento giuridico interno, sarebbe comunque idoneo a condizionare contenuto ed efficacia della clausola e ad escludere che con essa lo Stato italiano si sia vincolato a configurare come reato la detenzione di stupefacenti per uso personale, senza possibilità di orientarsi verso altre misure, ove ritenute idonee e sufficienti per perseguire le finalità di controllo, di tutela e di recupero collegate al fenomeno in questione.

 

4.- Dopo la pronunzia dell'ordinanza 15 dicembre 1992, con cui l'Ufficio centrale per il referendum ha dichiarato la legittimità della presente richiesta referendaria, è stato emanato il decreto-legge 12 gennaio 1993, n. 3, recante, tra l'altro, modifiche al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti.

 

La circostanza non ha peraltro rilievo nel presente giudizio.

 

Compete infatti all'Ufficio centrale per il referendum - secondo quanto affermato dalla sentenza di questa Corte n. 68 del 1978 - valutare se la nuova disciplina legislativa sia idonea a precludere la consultazione popolare ovvero se la richiesta debba essere trasferita o estesa alle nuove disposizioni.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione di alcune disposizioni del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nei termini indicati in epigrafe, dichiarata legittima con ordinanza 15 dicembre 1992 dell'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/01/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Ugo SPAGNOLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 04/02/93.