Sentenza n. 8 del 1993

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SENTENZA N. 8

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

         Dott. Giuseppe BORZELLINO

 

         Giudici

 

         Dott. Francesco GRECO

 

         Prof. Gabriele PESCATORE

 

         Avv. Ugo SPAGNOLI

 

         Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

         Prof. Antonio BALDASSARRE

 

         Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

         Avv. Mauro FERRI

 

         Prof. Luigi MENGONI

 

         Prof. Enzo CHELI

 

         Dott. Renato GRANATA

 

          Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, 3, primo comma e allegati A, tariffa; parte prima, 31 della tariffa del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell'imposta di bollo) e successive modificazioni e 7 della legge 29 dicembre 1990, n. 405 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato; legge finanziaria 1991) promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1991 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Pratini Augusto e Rienzi Carlo, iscritta al n. 130 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visti l'atto di costituzione di Pratini Augusto, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 3 novembre 1992 il Giudice relatore Renato Granata;

 

uditi l'avv. Roberto Canestrelli per Pratini Augusto e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1 Con ordinanza del 28 novembre 1991 il Pretore di Roma nel corso del procedimento civile pendente tra Pratini Augusto e Rienzi Carlo ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli art.1, primo comma, 2, primo comma, 3, primo comma, e allegato A, tariffa, parte prima, art. 31 della tariffa, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n.642, e successive modificazioni, e dell'art. 7 legge 29 dicembre 1990 n.405 nella parte in cui assoggettano gli atti difensivi nei procedimenti giurisdizionali civili ad imposta di bollo fissa nella misura di lire 10.000 al foglio per contrasto con gli artt. 3, 24 (primo, secondo e terzo comma) e 53 Cost.

 

Il pretore rimettente ritiene che l'imposta di bollo, riscossa nella forma di fogli da impiegare nella difesa scritta del giudizio civile, debba essere proporzionale all'ipotizzato costo totale del processo atteso che i cittadini che accedono alla giustizia devono pagare secondo criteri che rispettino la misura della spesa da ciascuno di essi indotta. Quindi tale imposta dovrebbe essere proporzionale al valore della causa (analogamente al criterio che regola l'imposizione indiretta o sugli affari) oppure al reddito delle parti (secondo il criterio di progressività dell'imposizione diretta). Invece la quantità di fogli utilizzati per la difesa - che attualmente determina l'ammontare dell'imposta dovuta - non costituisce un criterio adeguato non essendo neppure univocamente espressivo del costo del processo potendo ipotizzarsi una difesa scritta assai complessa (e quindi diffusa) in un processo di limitato valore e viceversa una difesa assai semplice (e quindi concisa ) in un processo di elevato valore. Inoltre l'imposta di bollo ha raggiunto una misura eccessiva, con conseguente compressione della possibilità di agire e di difendersi in giudizio in funzione inversa del reddito, compressione non adeguatamente contrastata dalla normativa sul gratuito patrocinio.

 

La questione, secondo il pretore rimettente, è rilevante nel giudizio civile in corso perchè - anche se l'art. 19 d.P.R. n.642 del 1972 cit. dispone che i giudici non possono rifiutarsi di assumere a base dei loro provvedimenti gli atti e i documenti non in regola con le disposizioni sul bollo - la prospettiva di dover comunque poi regolarizzare tale aspetto fiscale condiziona l'esercizio del diritto di difesa nel senso che le parti potrebbero con maggior aggio dimensionare lo sviluppo degli scritti difensivi se, in accoglimento della sollevata questione di costituzionalità, l'imposta di bollo fosse vuoi in assoluto inferiore a quella attualmente dovuta, vuoi proporzionata al costo e al valore del processo.

 

2. Si è costituita la parte privata Pratini chiedendo l'accoglimento della sollevata questione di costituzionalità senza ulteriormente argomentare.

 

3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo pregiudizialmente che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza in quanto ininfluente (come del resto riconosciuto del giudice rimettente) al fine della decisione del giudizio a quo (di cui peraltro non sono indicati oggetto e natura); nè dal giudice rimettente sono allegati elementi di fatto che facciano pensare ad un'effettiva compressione del diritto di difesa dell'attore o del convenuto.

 

Nel merito l'Avvocatura ritiene non fondata la questione sollevata perchè la commisurazione dell'imposta al numero di fogli difensivi risponde al canone di ragionevolezza e di proporzionalità; invece l'auspicata commisurazione dell'imposta di bollo al reddito delle parti è impraticabile posto che le parti sono due, o più, e che non può certo farsi la media dei loro redditi; mentre l'altro ipotizzato parametro (il valore della causa) non è del tutto negletto dal legislatore che prevede che l'imposta di bollo per gli atti compiuti dal giudice e dal cancelliere sia meno elevata in pretura che in tribunale (art. 7, secondo comma, legge n.405 del 1990 cit.).

 

Considerato in diritto

 

1. É stata sollevata - in riferimento agli artt. 3, 24, primo, secondo e terzo comma, e 53 Cost. - questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, e 3, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n.642 (Disciplina dell'imposta di bollo), dell'art. 31 della tariffa, parte prima, Allegato A del cit. d.P.R.26 ottobre 1972 n. 642, e dell'art. 7 legge 29 dicembre 1990 n.405 (legge finanziaria 1991) nella parte in cui assoggettano gli atti difensivi nei procedimenti giurisdizionali civili ad imposta di bollo fissa e nella misura di lire 10.000 al foglio, anzichè in misura proporzionata al valore della causa o alla capacità contributiva delle parti o comunque in misura inferiore a quella suddetta.

 

2. Va premesso che nelle more del giudizio incidentale di costituzionalità la misura dell'imposta di bollo è stata ulteriormente modificata dagli artt. 9 e 10 del decreto legge 11 luglio 1992 n.333, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1992 n.359 (in particolare l'imposta fissa di bollo è stata elevata, a partire dal 14 luglio 1992, a lire 15.000). Ma la sopravvenuta innovazione normativa non preclude, nè in alcun modo influenza, il pregiudiziale esame della eccezione, sollevata dall'Avvocatura di Stato, di inammissibilità della questione di costituzionalità per difetto del requisito della rilevanza.

 

3. L'eccezione è fondata.

 

L'art. 19 del d.P.R. n.642 del 1972 cit., come sostituito dall'art. 16 del d.P.R. 30 dicembre 1982 n.955, prevede che - salve le ipotesi (connotate quindi da carattere di specialità) della cambiale, del vaglia cambiario e dell'assegno bancario, che non hanno la qualità di titolo esecutivo se non risultano regolarmente bollati - il mancato od insufficiente pagamento dell'imposta di bollo non è ostativo alla produzione in giudizio di documenti e di difese scritte. Quindi il cancelliere o il segretario non possono rifiutare l'attestazione dell'avvenuto deposito, ma sono unicamente tenuti a trasmetterli (anche in copia) all'ufficio del registro per la loro regolarizzazione ai sensi del successivo art. 31; e, quel che più rileva, di tali difese e documenti il giudice deve tenere normalmente conto, rimanendo così escluso che il profilo tributario dell'imposta di bollo possa precludere o pregiudicare l'esercizio del diritto, costituzionalmente riconosciuto, di agire in giudizio (art. 24, primo comma, Cost.).

 

Consegue che la misura dell'obbligazione tributaria gravante sulle parti in causa a titolo di imposta di bollo non incide al fine della decisione della controversia devoluta alla cognizione del giudice a quo.

 

4. Neppure essa incide sotto il profilo - indicato nell'ordinanza di rimessione a giustificazione della ritenuta rilevanza della questione di costituzionalità - che il timore della successiva regolarizzazione potrebbe condizionare l'esercizio del diritto di difesa nel senso che le parti sarebbero indotte a depositare documenti ed a svolgere argomentazioni negli atti scritti in numero e con un'ampiezza inferiore ed inadeguata rispetto alle reali esigenze difensive.

 

Non è sufficiente infatti allegare un ipotetico (oltre che indiretto) pregiudizio del diritto di agire in giudizio per ritenere che il giudice non possa definire la controversia senza che sia prima decisa la questione incidentale di legittimità costituzionale; occorre che questa sospetta lesione - non altri menti emendabile, in tesi, se non mediante la dichiarazione di incostituzionalità della norma censurata - sussista nel giudizio a quo, come concreta possibilità e non già come astratta ipotesi . Invece il giudice rimettente non indica il benchè minimo elemento di fatto che possa indurre a ritenere sussistente o probabile od anche meramente (in concreto) possibile la lamentata compressione del diritto di difesa conseguente alla scelta delle parti (o di una parte) di limitare il numero dei documenti prodotti o di contenere l'estensione degli scritti difensivi al fine di evitare di dover corrispondere un eccessivo importo a titolo di imposta di bollo.

 

Non sussiste pertanto la rilevanza della sollevata questione di costituzionalità, che va dichiarata inammissibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, e 3, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n.642 (Disciplina dell'imposta di bollo), dell'art. 31 della tariffa, parte prima, Allegato A dello stesso d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642, e dell'art. 7 legge 29 dicembre 1990 n.405 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato; legge finanziaria 1991), in riferimento agli artt. 3, 24, primo, secondo e terzo comma, e 53 Cost., sollevata dal Pretore di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

 

 Così deciso in Roma nelle sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.

 

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

 

Renato GRANATA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 19/01/93.