Sentenza n. 429 del 1992

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SENTENZA N. 429

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 1992 dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribuna le militare di Padova nel procedimento penale a carico di Strumendo Fernando, iscritta al n. 265 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.21, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso di un procedimento penale a carico di un sottufficiale della Guardia di Finanza, imputato del reato di insubordinazione con ingiuria aggravata (in quanto, in congedo da pochi mesi, aveva offeso un superiore a causa del servi zio prestato), il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale militare di Padova, con ordinanza emessa il 14 febbraio 1992, ha sollevato, in relazione all'art. 103, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice penale militare di pace.

A parere del giudice a quo la norma impugnata, nell'individuare la giurisdizione militare in relazione alle persone, mediante l'applicabilità ad esse della legge penale militare, violerebbe l'art.103, terzo comma, della Costituzione. Infatti sarebbero assoggettati alla giurisdizione del Giudice militare anche i militari in congedo, sia pure allorchè abbiano commesso reati militari, in contrasto con i tassativi limiti imposti dall'invocato parametro costituzionale.

Secondo il Tribunale, la nozione di appartenente alle Forze armate non dovrebbe essere quella -- comprensiva del personale in congedo -- di cui all'art. 292 bis c.p., ma andrebbe viceversa circo scritta esclusivamente ai soggetti in servizio attuale ed attivo.

2. -- É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione, osservando che la qualità di militare comporta limitazioni dell'esercizio di diritti fondamentali ed osservanza di particolari doveri.

Inoltre vi sarebbero particolari reati -- quali, appunto, l'insubordinazione -- che prevedono l'assoggettamento alla normativa penale militare anche di persone diverse dai militari in servizio, entro i due anni dalla cessazione dello stesso (ex art. 238 c.p.m.p.).

Considerato in diritto

1. -- Il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale militare di Padova, con ordinanza del 14 febbraio 1992, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice penale militare di pace per contrasto con l'art.103, terzo comma, della Costituzione.

2. -- La questione è fondata.

La norma impugnata (Appartiene ai tribunali militari la cognizione dei reati militari commessi dalle persone alle quali è applicabile la legge penale militare) fa coincidere giurisdizione e legge penale militare nella massima area di estensione soggettiva che è quella delle persone alle quali è applicabile la legge penale militare.

Il dettato del Costituente (In tempo di pace -- scil. i tribunali militari -- hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate) limita invece quest'area ai soli appartenenti alle Forze armate.

É dunque indispensabile intendere corretta mente la nozione di appartenenza alle Forze arma te accolta nella Carta costituzionale.

La ricostruzione della intenzione del Costituente, in regime di costituzione rigida, è essenziale per misurare la compatibilità tra disposizione di legge e precetto costituzionale.

L'ermeneutica costituzionale non può in alcun caso prescindere dall'ispirazione che presiedette al processo formativo della norma costituzionale assumendo in essa particolare rilievo la essenza storico-politica.

É noto come il Costituente fu inizialmente ispirato dal principio dell'unità della giurisdizione, che implicava l'esercizio della funzione in materia civile e penale per i soli giudici comuni con divieto di istituzione di giudici speciali, salvo l'ingresso di cittadini esperti accanto a magistrati ordinari in sezioni specializzate per determinate materie. Oltre a quelli comuni, erano previsti soltanto i giudici amministrativi e conta bili.

In quel quadro, che portò all'art. 95 del Progetto di Costituzione, i tribunali militari potevano essere istituiti solo in tempo di guerra.

Occorre ricordare che, nella Commissione dei 75, la tendenza a realizzare con rigore l'unità della giurisdizione aveva condotto ad elaborare tra gli schemi di progetto, uno in cui i giudici ordinari erano investiti di competenza in materia civile, penale, amministrativa, militare, del lavoro.

L'esito fu comunque quello di una articolazione combinatoria del principio di unità della giurisdizione con la conservazione delle giurisdizioni contabile e amministrativa. Ma, quanto ai giudici speciali militari, fu fino all'ultimo sostenuto ch'essi si giustificassero solo in tempo di guerra.

In Assemblea, invece, prevalse l'avviso di conservare tribunali militari in tempo di pace con il duplice limite, oggettivo, ch'essi conoscessero soltanto di reati militari, e soggettivo -- quando a commetterli fossero appartenenti alle Forze armate -- nel senso che si trattasse di militari con le stellette, vale a dire in effettivo servi zio attuale alle armi.

3. -- Nasce da allora questione sul significato della nozione di appartenenza alle Forze armate nel testo della Costituzione e in quello del legislatore.

Nel codice penale militare di pace l'appartenenza alle Forze armate ha inizio con l'arruolamento e termina per gli ufficiali dal giorno successivo alla notificazione del provvedimento, che stabilisce la cessazione definitiva degli obblighi di servizio militare e, per gli altri militari, dal momento della consegna ad essi del foglio di congedo assoluto. La nozione di appartenenza è qui funzionale all'assoggettamento alla legge penale militare (art. 8 c.p.m.p.).

Un ulteriore ampliamento di siffatta appartenenza, fino a ricomprendere gli iscritti di leva non ancora arruolati, ai sensi dell'art. 134, secondo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n.237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica), per attribuire all'autorità giudiziaria militare la cognizione dei reati previsti dagli articoli da 157 a 163 del c.p.m.p. quando commessi appunto da iscritti di le va, è stato dichiarato da questa Corte costituzionalmente illegittimo perchè oltrepassa sicuramente il limite soggettivo che l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione, pone alla giurisdizione nei tribunali militari in tempo di pace (sentenza n. 112 del 1986).

Per identica ratio decidendi questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.11 della legge 15 dicembre 1972, n. 772 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza), che sottoponeva alla giurisdizione militare gli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio sostitutivo civile (sentenza n.113 del 1986).

Nel codice penale militare di pace il criterio dell'appartenenza alle Forze armate vale a misurare insieme sia l'applicabilità della legge penale militare sia la giurisdizione dei tribunali militari.

Si tratta cioé di un'operazione logica di identificazione della giurisdizione con la applicabilità della legge penale militare, storicamente comprensibile nella cultura militarista e nel regime politico precedente la Costituzione repubblicana. La portata innovativa del precetto di cui all'art.103, terzo comma, della Costituzione si comprende appieno invece scoprendone il postulato metodico- concettuale consistente nel distinguere e separare giurisdizione e legge penale militare. La giurisdizione ha, in tempo di pace, un ambito di applicabilità minore di quello dell'assoggettamento alla legge penale militare. Il limite soggettivo, infatti, perchè si risponda dinanzi al giudice speciale militare è che si tratti di reati commessi durante il servizio alle armi, mentre per i reati previsti dalla legge penale militare, quando li si commetta da appartenenti alle Forze armate ma non in servi zio alle armi, si risponde dinanzi alla giurisdizione ordinaria.

La nozione di appartenenza alle Forze armate adottata dal Costituente è dunque più ristretta di quella del legislatore, la prima essendo destinata a dare una misura limitata alla giurisdizione speciale militare, l'altra invece ispirata a far coincidere giurisdizione e assoggettamento alla legge penale militare.

La diversità di piani di iurisdictio e lex presente in Costituzione, assente nel codice penale militare di pace, vale inoltre a sottolineare il principio che la giurisdizione normalmente da adire è quella dei giudici ordinari anche nella materia militare.

Questa Corte ha sempre inteso la giurisdizione militare come una giurisdizione eccezionale circoscritta entro limiti rigorosi (v. le sentenze n. 29 del 1958, n. 48 del 1959, n. 81 del 1980, n. 112 e n. 113 del 1986), vale a dire come una deroga alla giurisdizione ordinaria la cui eccezionalità è sottolineata, per giunta, dall'uso dell'avverbio "soltanto" nell'art. 103, terzo comma, della Costituzione, a conferma che la giurisdizione ordinaria è da considerare, per il tempo di pace, come la giurisdizione normale (sentenza n.206 del 1987; cfr. anche sentenza n. 207 del 1987).

Ora, questa relazione logica, di principio e di effetti, tra la regola -- cioé la giurisdizione ordinaria -- e l'eccezione -- cioé quella dei tribunali militari -- non si verificherebbe, se la cognizione dei reati militari commessi da coloro che sono assoggettati alla legge penale militare spettasse esclusivamente ai giudici militari. Essa spetta invece di regola ai giudici ordinari, salvo che non si tratti di reati commessi sotto le armi.

4. -- Alla luce della esposta ratio decidendi, essere cioé in tempo di pace per i reati militari normale la giurisdizione ordinaria, eccezionale quella speciale militare, può ora essere individuata, all'interno delle classificazioni adottate dal codice penale militare di pace, quella appartenenza alle Forze armate che radica la giurisdizione dei tribunali militari in conformità e non contro il precetto dell'art.103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione.

In altri termini, sulle figure e le qualificazioni della legge militare va imposta la volontà del Costituente.

Se il Costituente ha inteso conservare la giurisdizione militare in tempo di pace soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate, nell'accezione ristretta di cittadini che, al momento della commissione del reato, stanno prestando il servizio militare e non in quella dilatata da riferire allo status militis di chi è titolare di obblighi militari, le persone alle quali è applicabile la legge penale militare, assoggettabili alla giurisdizione militare, cui si riferisce l'art. 263 del codice penale militare di pace, non possono essere altre o di più di quelle elencate nell'art. 3 (militari in servizio alle armi) e nell'art. 5 (militari considerati in servizio alle armi) c.p.m.p.

Nella categoria dei militari in servizio alle armi rientrano gli ufficiali dal momento della notificazione del provvedimento di nomina fino al giorno della notificazione del provvedimento, che li colloca fuori del servizio alle armi, gli altri militari, dal momento stabilito per la loro presentazione fino al momento in cui, inviati in congedo, si presentano all'Autorità competente del comune di residenza da essi prescelto o, se sottufficiali di carriera, fino al momento della notificazione del provvedimento che li colloca fuori del servizio alle armi.

Per tutti costoro il rapporto di servizio alle armi è attuale, non potenziale nè pregresso, ha carattere di continuità o di professionalità.

Le figure, invece, di militari considerati in servizio alle armi, partitamente indicate nell'art. 5 c.p.m.p., si caratterizzano per l'assenza dal servizio effettivo ed insieme, però, per la permanenza di un legame organico con la forza in servizio.

Tali sono gli ufficiali in posizione di servizio permanente, che siano collocati in aspettativa o sospesi dall'impiego; i sottufficiali di carriera in aspettativa; i militari in stato di allontanamento illecito, diserzione o mancanza alla chiamata, o assenza arbitraria dal servizio; i militari in congedo che scontano una pena detentiva militare; i militari in congedo in detenzione preventiva in carcere militare per un reato soggetto alla giurisdizione militare. Infine la previsione di cui al punto 6) relativa ad ogni altro militare in congedo, considerato in servizio, a norma di legge o di regolamento, è destinata a perdere in concreto ogni pratica rilevanza, per quanto subito si dirà.

5. -- Per tali figure di militari, che il legislatore qualifica in servizio alle armi o considerati in servizio alle armi, si verifica, allo stato della legislazione, coincidenza con la nozione costituzionale di appartenenti alle Forze armate. Solo per esse vale il principio, enunciato dall'art. 263 c.p.m.p., che l'assoggettamento alla legge penale militare comporta la cognizione dei giudici militari.

Per tutti gli altri militari in congedo illimitato, che la legge, ma non la Costituzione, considera appartenenti alle Forze armate, la cognizione dei reati militari spetta ai giudici comuni e non a quelli militari.

Si ristabilisce così la dovuta obbedienza della legge alla Costituzione.

Il legislatore può continuare ad usare di una più lata nozione di appartenenza sia ai fini dell'applicabilità delle fattispecie di reati militari sia per costruire circostanze aggravanti di reati comuni.

É quanto si riscontra, in questa seconda ipotesi, nell'art. 292 bis, secondo comma, c.p., aggiunto dall'art. 9 della legge 23 marzo 1956, n. 167 (Si considera militare in congedo chi, non essendo in servizio alle armi, non ha cessato di appartenere alle Forze armate dello Stato, ai sensi degli articoli 8 e 9 del codice penale militare di pace).

Ma questa più estesa appartenenza non è coperta, per divieto dell'art.103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione, dalla cognizione dei tribunali militari.

Sicchè sia la fattispecie, di cui all'art. 238 c.p.m.p., che ha dato luogo al giudizio di merito dal quale trae origine il presente incidente di costituzionalità, sia tutte le altre elencate dall'art. 7 c.p.m.p., di reati militari commessi da militari in congedo illimitato, e a fortiori quelle riferite a persone estranee alle Forze armate (artt. 13 e 14 c.p.m.p.) cadono nella competenza della giurisdizione ordinaria.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 263 del codice penale militare di pace, nella parte in cui assoggetta alla giurisdizione militare le persone alle quali è applicabile la legge penale militare, anzichè i soli militari in servizio alle armi o considerati tali dalla legge al momento del commesso reato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/10/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/11/92.